Informazioni che faticano a trovare spazio

Tor Crescenza, ma che bel castello marcondidirondello…

Si va per via Due Ponti, una traversa della Flaminia poco prima del Centro Euclide (sì quello indicato per gli incontri sessuali di Bertolaso prodotti dalla ditta Anemone). Poco distante c’è questa tenuta del Castello di Tor Crescenza. Andando oltre verso la Cassia si arriva anche in via Gradoli, già nota per gli incontri invece di Marrazzo.  Ma torniamo al Castello, sede di altri festicciole  Berlusconiane, stavolta con la parlamentare Pdl Maria Rosaria Rossi…

Il castello di Tor Crescenza appartiene a Donna Sofia Borghese Ferrari Sardagna di Neuburg e Hohenstein, figlia del Principe Scipione Borghese e discendente di Papa Paolo V. In pratica con sfoggio di armature, tappeti e cristallerie si usa per feste varie (matrimoni di Totti e Briatore). Da un po’ di tempo è usato da Berlusconi. Indovinare un po’ come? Se lo chiede a quanto pare la Procura di Roma. Ne danno notizia oggi sul Il Corriere della Sera e Il Giornale. Scrivono che il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati avrebbe deciso di trasmettere ai colleghi della capitale la parte del fascicolo che riguarda gli incontri a Palazzo Grazioli e al castello di Tor Crescenza: i pm milanesi però negano di aver avuto un qualsiasi tipo di contatto con quelli di Roma. Alcuni riferimenti al giro romano però sono emersi da molte intercettazioni, sopratutto nelle conversazioni tra le ragazze, con le milanesi invidiose delle romane, ma altri elementi sono stati raccolti dai magistrati e riguardano i riscontri sulle presenze a queste serate e soprattutto i preparativi. Il nome della parlamentare Pdl Maria Rosaria Rossi era già apparso nelle intercettazioni con il direttore del Tg4 Emilio Fede, riguardo ad una serata ad Arcore

L’intercettazione tra Fede e la Rossi

Il 24 agosto scorso Maria Rosaria Rossi (sotto nella foto) parla con Emilio Fede che le annuncia il suo arrivo a Villa San Martino. Rossi: vieni, vieni. Chi c’è? Niente poche persone…
Fede: ecco no perché c’ho due mie amiche.
Rossi: ah che palle che sei, due amiche, quindi bunga bunga, due de mattina, io ve saluto eh?!
Fede: no tesoro, posso non portarle, eh?! Chi c’è?
Rossi: ma scherzo, ma stai scherzando? No, c’è una delle gemelline… Manuela, e un’altra, sono tre persone, aspetta però, dimmi quanti sei tu e altre due? Siete tre?
Fede: sì
Rossi: allora avverto la cucina dai, non c’è Roberta se era quello che mi chiedevi.
Fede: no Roberta lo so, è lì.
Rossi: va be’ allora mi devo vestire da femmina pure stasera?
Fede: stai bene anche com’eri ieri sera…
Rossi: grazie come sei gentile… vabbè mi vado a vesti’ da femmina allora, va…

Del giro romano parlano comunque nell’inchiesta milanese  Barbara Faggioli e Nicole Minetti, che il 23 gennaio dello scorso anno vengono intercettate: “Due o tre volte vedeva Cinzia, Valeria e la Raffa”, dice al telefono la Minetti alla Faggioli; la “Raffa” è Raffaella Fico e, dice il Giornale, sarebbe lei insieme alla deputata Maria Rosaria Rossi, parlamentare del PdL, tra le più attenzionate nell’indagine insieme al solito Lele Mora e a Sabrina Began. Quanto al castello di Tor Crescenza, ne parlano Barbara Guerra e Miriam Loddo, intercettate a settembre mentre parlano del litigio.

Anche a Roma, secondo gli inquirenti, ci sarebbe poi un filone immobiliare, con appartamenti ceduti a prezzi di favore alle ragazze del premier. E dovrebbe essere rispolverata anche l’indagine pugliese, quella che portò ai racconti di Patrizia D’Addario. Il collegamento sarebbe ancora una volta Gianpaolo Tarantini, che ai pm baresi confermò di aver portato ragazze al premier. Gianpi parlò di una trentina di ragazze, retribuite e rimborsate. Tra queste anche Ioana Visan e Barbara Guerra. Quell’indagine si chiuse nel nulla. Questa rischia di andare avanti ancora per un bel po’

Come spiega qui sotto l’articolo di Filippo Ceccarelli uscito lo scorso agosto su Repubblica “ma che bel castello, marcondino marcondirondello…”.

Nel castello inaccessibile di Tor Crescenza
l’estate più dura del Berlusconi assediato

Dopo le feste di Villa Certosa, agosto nel maniero ora della principessa Borghese. Il luogo dove dimenticare i guai di Roma. È stata la location di nozze di vip come Totti e Briatore. Qui Silvio si ritrova a cena con le sue giovani deputate

di FILIPPO CECCARELLI

Siccome Palazzo Grazioli non bastava; e siccome per varie ragioni, hanno esaurito la loro spinta propulsiva la reggia di Arcore e le mirabilia della Certosa; né evidentemente pare all’altezza dell’evento stagionale da consacrare villa Correnti, sul lago, e forse nemmeno, tra le zanzare della Brianza, sembra adeguata l’ultimo acquisto, villa Gernetto, quella dedicata alla futura università del pensiero liberale, cioè il suo; siccome tutte queste dimore non vanno più o comunque sanno un po’ di minestra mediatica riscaldata, come è e come non è, il presidente Berlusconi ha pensato di ambientare la sua rimarchevole estate in un vero castello, a Tor Crescenza.

Qui viene a dormire, qui riceve e qui si dedica allo svago para e meta-istituzionale, lasciandosi allestire feste con le graziose sue onorevolesse, scaglionate secondo misteriosi codici: dietro quelle mura finalmente al riparo dagli sguardi indiscreti che tanti guai gli hanno procurato. Allegro, sembra, e forse pure appagato da un inconfessabile sogno baronale. Irrequieta famiglia patrizia, i Crescenzi innalzarono nei secoli oscuri una torre, non lontano dalla via Flaminia, e attorno al maschio nel XV secolo prese vita il maniero, oggi di proprietà della principessa Borghese. Che opportunamente infiocchettato lo affitta agli sposi vip, alla produzione di film, alle case di moda, alle agenzie che organizzano eventi commerciali e al presidente del Consiglio.

Qui Berlusconi cerca anche di dimenticare ciò che da qualche tempo ha preso a girargli al contrario: la rottura con Fini, la diffidenza di Napolitano, la crisi economica, l’immondizia di Palermo, i guai della Fiat, lo sdegno di Casini, l’imprevedibilità della Lega, gli impicci famigliari, il rebus del successore di Scajola, i sommovimenti della Campania, la freddezza di Washington, il tiro al piccione su Verdini, il centro storico dell’Aquila, i sondaggi in discesa, l’attivismo borderline di Dell’Utri, il fatto che è ingrassato, infine, che tra qualche settimana compie 74 anni e che Tremonti, come gli ha riferito qualche solerte cortigiano, già da un pezzo lo chiama “il nonnetto”.

Oh, che bel castello, marcondirondirondello. Però sempre i luoghi del potere corrispondono a dei simboli. E se pure, oltre alla ricaduta giornalistica che gli procura, c’è da credere che Berlusconi lo apprezzi per l’incanto da scenografia medievale, le armature, i candelabri, i centrotavola di foglie intrecciate, e il roseto, il giardino d’inverno, la sala d’oro con il dovuto lettone, le fontane con i giochi d’acqua, ecco, ben al di là del colpo d’occhio e dell’oleografia il castello è anche una potente metafora di separazione e di inaccessibilità. Per non dire che è il luogo designato di ogni possibile assedio; e per non farsi mancare nulla pure il fulcro, la calamita, la destinazione del più straniante enigma.

“La strada non portava al colle del castello, ma solo nelle vicinanze; poi pareva svoltare intenzionalmente, e se non si allontanava dal castello neppure gli si avvicinava…”. Ora, non si può pretendere che Il Cavaliere sia al corrente dell’interpretazione che vuole “Il Castello” di Kafka una sorta di allegoria del degrado democratico, l’emblema di un comando che vive di miraggi, tremori, apparenze formali e sostanziale schiavitù dei sudditi del villaggio.

Per tornare a Tor Certosa, non si sa se il seguente avviso ci sia sempre stato o se qualcuno l’abbia apposto di recente sul limitare della strada che, dalle parti di un campo di golf, si avvicina alla dimora: “Non avvicinarsi – dice – non entrare, area difesa da cani addestrati”. Là dove il particolare della muta ringhiosa, ben lungi ormai dall’attitudine tutta berlusconiana per la cortesia, i gazebi, i predellini e i bagni di folla, irredimibilmente piomba il tutto in una dimensione aspra e selvatica, certo regressiva e non a caso tale da manifestarsi tra bastioni e merli dietro cui il grande assediato non ha solo da guardarsi dai paparazzi, ma anche da un numero crescente di nemici.

La “suggestiva location”, come la presentano diversi depliant on line, ha ospitato negli ultimi anni i più fastosi ricevimenti della neo aristocrazia della visibilità. Lanciato alle nozze del regista Giulio Base e della regina delle pierre Tiziana Rocca, la moda del castello che piace tanto al Berlusca ha messo il turbo con i ricevimenti (“da centomila euro” si nota ghiottamente nei siti di gossip) di Totti e Ilary e poi di Briatore e della Gregoraci.

Ma poiché sotto il dominio delle rappresentazioni non di rado succede che queste ultime finiscono per assumere il valore di un presagio, sia pure light, converrà segnalare che qui sono state anche girate alcune scene del pregevole film dei Vanzina, “2061. Un anno eccezionale”. Vi si narra, per l’appunto, di un’Italia precipitata in un cupo medioevo di stati e staterelli, Sultanato delle Due Sicilie, Repubblica Longobarda, redivivo Stato della Chiesa, una zona al centro in mano agli epigoni del comunismo. Le avventure di ladri, cannibali, acrobati, cortigiane. Sembra ieri, sembra oggi, sembra domani e sempre. Si legge comunque sul “Dizionario dei proverbi” del Lapucci (Le Monnier, 2006): “Castello spesso combattuto, alla fine s’arrende”.

(02 agosto 2010)

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