NYC: quattro clochard, Twitter e un cellulare. Come cambia la vita
martedì, 1 Marzo, 2011Quattro clochard di New York, Twitter e un cellulare. Un interessante reportage di Federico Guerrini su stampa.it:
FEDERICO GUERRINI Possono bastare un telefonino e un account Twitter a cambiare la percezione di un fenomeno drammatico come quello dei senza tetto? Forse no, ma la combinazione di quattro cellulari e dell’utilizzo dei social media sta senza dubbio cambiando la vita di quattro homeless coinvolti nel progetto “Underheard in New York”.
Per un mese, grazie all’iniziativa di quattro giovani stagisti di un’agenzia di comunicazione di New York, Danny, Derrick, Albert e Carlos, stanno avendo a disposizione un credito illimitato per inviare messaggi di testo tramite il sito di microblogging e raccontare giorno per giorno la loro vita, la loro ricerca di un lavoro e di un pasto caldo e di un posto dove dormire la notte. Ognuno di loro, da quando il progetto è partito, un paio di settimane fa, ha attirato l’attenzione di migliaia di persone che sono diventati suoi follower su Twitter e spesso hanno fornito sostegno morale e aiuti non soltanto di tipo economico.
La gioia più grande è stata quella di Danny, al secolo Daniel Morales, un cinquantottenne di origine portoricana, che ha ritrovato la figlia, di cui da anni aveva perso le tracce, dopo che era andata a vivere con la madre in California. È bastato postare un messaggio con il numero e la foto della ragazza per originare una sequenza di avvenimenti che ha portato i due a re incontrarsi dopo pochi giorni.
Danny ha lavorato per anni come guardia giurata, prima di essere ferito in servizio, causandoli gravi problemi fisici. “La gente spesso non si rende conto che cercare sopravvivere senza una qualche entrata, non è una scelta, a volte non ce la fai fisicamente”. Come i suoi compagni di sventura, oltre che delle circostanze, capisce di essere vittime degli stereotipi. “Il maggiore e il più diffuso – dice Carlos – è che i senza tetto siano pigri, quando in realtà cercano ogni giorno di cambiare la loro situazione”, senza contare che la semplice sopravvivenza in certe condizioni richiede uno sforzo erculeo.
Carlos cresciuto a Queens e ha lavorato per 26 anni come assistente paralegale, prima di essere ferito in un incidente d’auto a causa di un guidatore ubriaco. Perso il lavoro e l’appartamento, ha deciso di non rivelare la sua condizione di “barbone” alla famiglia perché, afferma, “devo rimettermi in piedi da solo”. Sta cercando di avviare un’attività di riscossione di crediti.
E le storie di Derrick, ex assistente alla reception di un ospedale, e Albert, ex saldatore, a cui problemi alla vista non consentono di riprendere il mestiere, sono molto simili. Il processo di pauperizzazione della classe media, in America e non solo, è in atto da anni e neri (Albert e Derrick) e ispanici (Carlos e Daniel) sono i primi a farne le spese, assieme a un crescente numero di bianchi.
Il numero di persone che dormono per le strade e nei tunnel della metropolitana della Grande Mela, è aumentato fra il 2009 e il 2010 del 34 %, le cifre ufficiali parlano di 3111 vagabondi, che si aggiungono ai 38.000 ospitati nei ricoveri per senza tetto. Ma il cittadino medio non se ne accorge. Oppure guarda è passa oltre. Da qui l’idea di usare i social media come megafono.
“In un periodo in cui la comunicazione è tutt’intorno a noi – spiegano Rosemary, Willy e Robert, gli ideatori, a cui l’agenzia BHH ha dato carta bianca e 1.000 dollari di fondi per realizzare il loro progetto di internship – abbiamo ritenuto che fosse necessario dar voce a coloro che ne avevano più bisogno”.
Pur nella sua originalità, Underheard in New York si inserisce nella scia di altri progetti simili, come la InvisiblePeople Tv dell’ex homeless Mark Horvat, che di recente ha creato anche un sito Web, “We are visible”, per insegnare agli emarginati come usare i social network per recuperare un minimo di visibilità e di autostima. Per combattere la povertà e stimolare la solidarietà di chi immune, una Ong americana ha lanciato perfino un videogioco, “Spent”, in cui bisogna tirare avanti per un mese con un lavoro sottopagato avendo a disposizione un budget di soli mille dollari virtuali.
Per scoprire quasi subito che far quadrare i conti è davvero dura, e guardare forse con meno distacco
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