Informazioni che faticano a trovare spazio

Per Mauro Rostagno, una serata a San Lorenzo (Roma)

Breve resoconto della serata dedicata a Mauro Rostagno per iniziativa di Libera e dell’associazione culturale lalottacontinua venerdì 25 marzo a San Lorenzo, Roma, in un piccolo locale “Il baffo della Gioconda” in cui erano stipate oltre sessanta persone, compresi parenti di vittime come il fratello di Roberto Antiochia.

Dopo due brevi filmati, quello con l’intervista di Raitre a Maddalena Rostagno e un rapido ricordo di Mauro, introdotti da Serena Laudisa che ha spiegato il senso dell’iniziativa e Mattia Ciampicacigli di Libera, ho cercato di fare il punto sul processo ricordando che dopo anni di depistaggi e montature oggi si svolge quasi in extremis questo dibattimento, grazie all’intuizione di un buon poliziotto come Nanai Ferlito che poco tempo fa al suo capo della Squadra Mobile di Trapani (Linares) ha chiesto se si fosse mai fatta la perizia balistica sul fucile scoppiato durante l’agguato omicida del 26 settembre 1988. Ecco come è nato il rinvio a giudizio a cui da anni peraltro lavorava il Procuratore aggiunto Antonio Ingroia che ora col pm Gaetano Paci ha istruito il processo iniziato il 2 febbraio a Trapani nell’aula Falcone.

La perizia eseguita infatti inchioda al suo ruolo di feroce killer Vito Mazzara, il mafioso che sul suo conto vantava già l’omicidio efferato della guardia penitenziaria Giuseppe Montalto ucciso alla vigilia del Natale ’95 davanti a moglie e figli. Quel fucile sovraccaricato esploso nel corso dell’agguato è il suo, suo quel modo di striare attraverso vari fucili le cartucce, sua insomma la firma del delitto eseguito in contrada Lenzi.

L’altro accusato, nella veste di organizzatore dell’agguato, è l’imprenditore Vincenzo Virga, già di Forza Italia e in confidenza con Marcello Dell’Utri a cui lo lega una vicenda giudiziaria. E’ lui, come ha riferito il pentito di mafia Vincenti Sinacori a ricevere il mandato di liquidare “quello con la barba” dal capomafia don Ciccio Messina Denaro.

Eppure non era difficile pensare alla mafia già allora, 23 anni fa, in quei giorni del delitto lo dissero in tanti da monsignor Adragna che tenne l’omelia funebre, a Marco Boato che parlò al funerale, a Rino Germanà che guidava allora la Squadra Mobile a Trapani  e che ora deponendo al processo ha rivelato: “Non era solo la mia convinzione, ma di tutta la squadra…”.

E invece i carabinieri, che ora nel processo in corso stanno dando mostra del modo per così dire assurdo con cui hanno svolto le loro indagini, imboccarono la via dei dissensi interni alla comunità Saman, arrivando poi col procuratore Gianfranco Garafolo a fargli dire al momento dell’arresto di Chicca Roveri: “La mafia è stata gratuitamente incolpata”.

Eppure 12 giorni prima di Mauro la mafia aveva ucciso il giudice Alberto Giacomelli. Ma come hanno rivelato ora in aula l’allora maggiore Montanti oggi generale ai carabinieri non importava granché quel che Mauro Rostagno diceva contro la mafia alla tv Rtc. Aveva un seguito tra gli ascoltatori? I carabinieri non si sono occupati minimamente di quello che diceva Rostagno in tv: sulla calata a Trapani dei Rendo, Costanzo, Geraci, sugli affari per l’aeroporto, sulla raffineria d’eroina ad Alcamo forse la più grande d’Europa, sui Messina Denaro e l’omicidio del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari, sulla loggia della P2 Iside, sui traffici di rifiuti, sui traffici d’armi.

I carabinieri hanno spiegato di aver avviato le intercettazioni solo un anno dopo l’omicidio, di non aver sequestrato nessuna videocassetta a Rtc, si sono perfin o meravigliati che nell’agguato fosse stata usata anche una pistola,  e così via.

Certo, bisogna tornare a quel 1988. Da quattro anni, con l’arresto di Vito Ciancimino scattato nel 1984, era in corso una mutazione nella mafia dei colletti. In quegli anni vengono lanciati i nuovi uomini politici Totò Cuffaro e Francesco Saverio Romano a Palermo. I galloni Cuffaro se li sarebbe guadagnati presto: chi non ricorda la sua invettiva contro la trasmissione a reti per così dire unificate tra Samarcanda e Maurizio Costanzo Show in memoria di Libero Grassi, quando Cuffaro attaccò duramemente  Santoro e Costanzo impegnati nell’evento?

A Trapani Rostagno aveva scoperto molto di quella provincia estrema in cui avevano trovato rifugio i latitanti Riina, Brusca, Agate. Il suo fiuto lo aveva già in passato fatto puntare su un insospettabile come Vito Guarrasi, quando ancora la borghesia palermitana lo omaggiava e nella sua villa si presentava spesso Enrico Cuccia. Il suo fiuto nell’88 l’aveva spinto a mettere a nudo molte trame che facevano capo a Trapani dove – sappiamo oggi – un personaggio come Mariano Agate riceveva la visita di Licio Gelli.

Eppure tutto questo ai carabinieri non interessava minimamente. Perché? Un mese prima di morire denunciando quell’avviso di garanzia ricevuto per il delitto Calabresi Mauro Rostagno aveva tra l’altro ricordato, en passant, il fatto che nei primi anni’70 a Trento era stata proprio Lotta Continua a  denunciare il colonnello dei carabinieri Santoro che insieme al commissario Molino metteva bombe da attribuire poi a Lotta Continua. Probabilmente questo richiamo non era piaciuto ai carabinieri di Trapani, città in cui si aggirava allora Licio Gelli reduce dalla visite che a  Milano faceva ad altri carabinieri.

Certo, puntare su quella che con grande frettolosità era stata prontamente ribattezzata Clitennestra da qualche giornalista e sull’Orestiade di Trapani era stata una bella soluzione.

Di quel periodo restano anche le oscene insinuazioni su Lotta Continua, che serpeggiarono qua e là e che ancor oggi galvanizzano la sfrontatezza di chi nutre vecchi rancori mai sopiti.

Eppure le parole pronunciate da Rostagno sulla questione Calabresi sono chiarissime: Rostagno non vedeva l’ora di essere sentito, voleva capire come fosse nata questa accusa, rivendicava il suo onore e quello di Lotta Continua, escludeva dal suo orizzonte politico e da quello dell’organizzazione in cui aveva militato anni prima l’omicidio.

Abbiamo ripubblicato quei comunicati e quelle affermazioni a Rtc, ma evidentemente c’è chi non le considera affatto. Meglio allora inventare di sana pianta suggestivi quanto inesistenti dialoghi come quello attribuito a Renato Curcio con Mariano Agate, in carcere. Il boss mafioso avrebbe detto dell’omicidio Rostagno: “Non è cosa nostra, cosa vostra è”. Peccato che nel verbale in cui il procuratore Garofalo chiede a Curcio di Agate, Curcio risponda: “Mai incontrato Agate, non lo conosco”. Ciononostante c’è chi continua a scriverlo.

Tutto questo per dire che nel processo in corso nella lontana Trapani si è tornati invece  finalmente ad occuparsi di mafia, quella mafia su cui si erano concentrate le rivelazioni di molti pentiti come Vincenzo Sinacori (il delitto fu ordinato da don Ciccio Messina Denaro a Virga nell’oleificio di Castelvetrano: togliete di mezzo quello con la barba) a Giovanni Brusca (Riina  mi disse: siamo stati noi), Marino Mannoia, Angelo Siino.

E dunque eccolo questo processo, poco seguito dai media nazionali, che pure è così rilevante per capire che cosa sia successo alla fine degli anni ’80 in Sicilia e non solo. E intanto come seguirlo, nei prossimi mesi fino alla sentenza che dovrebbe arrivare entro fine anno? C’è la pagina Facebook “Processo per l’omicidio di Mauro Rostagno”, che conta al momento oltre 1300 aderenti, su cui compaiono i resoconti delle udienze e tutti i materiali utili. Poi ci sono iniziative pubbliche come questa di Libera e quella che più avanti si cercherà di promuovere in giugno sempre a Roma. Infine c’è il sostegno variegato di tante persone mobilitate perché si faccia giustizia, dai  giovani di “Ciao Mauro” che con le loro 10 mila firme raccolte hanno chiesto l’apertura di questo processo, alle scuole premiate nel nome di Rostagno a Calatafimi poco tempo fa (il Fermi di Ragusa, il Bufalino di Trapani, l’Ipsia di Mazara del Vallo), agli autori del fumetto su Rostagno, a Salvatore Modica che realizza i video del processo, al giornalista Rino Giacalone che ricava dalle udienze del processo i resoconti pubblici, alla ventina di  persone (in maggioranza donne) che hanno inviato finora contributi per il sostegno dei viaggi di Maddalena Rostagno e di sua madre Chicca da Torino a Trapani e viceversa…

Poi è intervenuto a lungo Rino Giacalone, grande esperto di  cose siciliane (scriverà lui, spero, su quel che ha detto). E alla fine dopo Norma Ferrara di Liberainformazione le brevi conclusioni di Ferdinando Marcello Secchi referente di Libera a Roma. Un manifesto di Giuseppe Lo Bocchiaro è stato fatto per l’occasione ed è quello che vedete nelle foto alle spalle di chi ha preso la parola.

Paolo Brogi

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