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Processo Podlech, la sentenza sul “Fiscal” che fece scomparire Omar Venturelli attesa entro aprile

Ancora una udienza dibattimentale e poi il processo Podlech si avvierà alle richieste della Procura e alle arringhe dei difensori. Due le udienze fissate questa mattina alla fine della sessione odierna: il 29 marzo (per la conclusione dibattimentale) e il 5 aprile (per la requisitoria del Procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e l’arringa del primo dei due avvocati della famiglia Venturelli, Giancarlo Maniga). La I Corte di Assise di Roma conta di emettere la sentenza contro l’ex “fiscal” Alfonso Podlech, accusato di aver fatto scomparire il detenuto Omar Venturelli, entro la fine del mese di aprile.

L’udienza di oggi è stata dedicata al cosiddetto controesame di una delle vittime della dittatura cilena, il mapuche Mario Carril Hueneman (nella foto). Il controesame, cioè le domande della difesa di Podlech rappresentata dall’avvocato Caricaterra, è stata una concessione fatta all’accusato: Carril Hueneman era stato già ascoltato come testimone nel momento in cui Podlech aveva optato per un cambio di difesa ingaggiando l’avvocato Caricaterra, il quale ha chiesto di sentire di nuovo il teste al quale quel giorno non aveva potuto fare le sue domande. La richiesta è stata accolta dalla Corte e il mapuche è stato convocato in Cile il 7 marzo per partire da Temuco, 800 km a sud di Santiago, il giorno successivo. Come se non bastasse il povero mapuche è stato munito di un  biglietto di ritorno per domani 11. E come se non bastasse per il 15 è già stato convocato a Temuco in Procura per rispondere di un’oscura accusa di falsificazione di documenti.

Carril che all’epoca del golpe aveva solo 18 anni e nella udienza in cui aveva testimoniato ha riferito di come si veniva torturati nella caserma Tucapel: nudo, con un coltellaccio chiamato corbo messo sotto i testicoli (ora ti castriamo…) e poi la picana elettrica. E lì un giorno mentre si divincolava gli è caduto per un momento il cappuccio e ha visto Alfonso Podlech in abiti civili che stava raccogliendo alla macchina da scrivere un verbale.

Oggi dunque il povero Carril che non usa il castigliano come lingua madre anche se lo conosce  è stato sottoposto a una lunga quanto inutile puntualizzazione su ciò che aveva visto e subito (uno o due i civili in borghese visti? Portato subito in carcere oppure no?) con lo scopo di ridurne l’attendibilità. Diciamo subito che il tentativo è rimasto tale, le contraddizioni sollevate nel racconto del sequestrato Carril sono ininfluenti anche perché sono passati trent’anni e in ogni caso Carril si è trovato a vivere allora giorni terribili da torturato, condizione che non garantisce certo il lusso della lucidità estrema. Ma questo è quello che sa fare la difesa di quel piccolo e mediocre personaggio non riconciliato che è l’avvocato Alfonso Podlech trasformatosi nel ’73 da legale dei terratenientes in procuratore militare e aguzzino.

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