Informazioni che faticano a trovare spazio

Chicca Roveri: dietro l’inchiesta su Mauro o un concentrato di cretini oppure un tentativo continuo di depistare

Seconda parte della testimonianza di Chicca Roveri nel corso della mattinata, fino all’interruzione (il processo riprende alle 15,15). Chicca ha toccato molti punti, Cardella, Saman, l’avviso per Calabresi, le minacce per le trasmissioni:

Cardella. Mauro Rostagno e Francesco Cardella si sono conosciuti a Milano ai tempi del Macondo 2 riaperto da una componente saniasi. Doveva essere il 1979. Si cominciano a frequentare, diventano amici e Cardella vuole pubblicare in Italia le lezioni di questo maestro indiano e chiede a Mauro se vuole lavorare insieme a lui., Poi partono insieme per l’India in pieno periodo saniasi (Poona vicino Bombay).

Come avviene la rottura con Cardella?

Dall’87 l’attività principale di Mauro è la televisione, fa i gruppi meditativi in comunità. Cardella abita a Milano alla comunità di via Plinio, Rostagno a Trapani. C’è meno frequentazione ma non vedo meno affetto. Il primo motivo di diatriba è erroneamente attribuito al fatto che Cardella non voleva che Curcio venisse in comunità. Ma Cardella era arrabbiato perché Mauro ne stava parlando troppo. Anche Mauro mi disse questo, spiegandomi che anche Curcio era arrabbiato perché lui ne parlava troppo.

Curcio era stato un esponente delle Br e non di Lotta Continua.

Tra l’87 e l’88 Curcio era in carcere, Mauro e Renato che si conoscevano si scrivono lunghe lettere, quello che fa la comunità, la televisione, il giornalismo, i processi, la mafia. C’è un rapporto profondo tra lui e Curcio.

Curcio e Rostagno si sono conosciuti a Trento alla facoltà di sociologia nel 68, si erano visti talvolta man mano un rapporto che era rimasto vivo anche se Mauro in un libro scrisse che era profondamente ingiusto quello che Curcio aveva detto sulla morte di Moro.

Affetto ma profondo disaccordo su certe posizioni, Curcio aveva detto che era giusto il delitto Moro.

Allora Renato era in un periodo in cui pensava  di potere uscire dal carcere e venire alla comunità Saman.Tutti possono cambiare, dice Chicca Roveri.

Mauro intanto si occupava del processo Lipari, riprendeva tutti i giorni Mariano Agate. Lì testimoniò Claudio Fava, giornalista, il padre era stato ucciso dalla mafia a Catania, e Fava veniva a testimoniare sul fatto che agli imputati , a quelli che erano stati fermati all’epoca, qualcuno aveva portato un pizzino dove era scritto un alibi.

Mauro era lì che faceva le riprese, Fava conosce questo giornalista che gli piace, gli ricorda forse suo padre e gli fa un intervista, un intervista a King, settimanale per i giovani, forse un mensile, gli fa una intervista dove Mauro parla della comunità,  come scelta di uomini liberi che non vuol dire liberalizzazione della droga e parla del fatto che la sua comunità, la Saman,  è una comunità contro la mafia che toglie dignità alle persone, e la comunità è contro la mafia perché fatta da uomini liberi.

Quando esce l’intervista Cardella mi chiama e mi dice che mi sta inviando un fax dove mi spiega i motivi per i quali è arrabbiato con Mauro e dispone il trasferimento dal Gabbiamo della comunità Mi viene consegnata dall’ufficio la pagina di un fax che a me sembra chiarissimo, il testo dice che quel tipo di dichiarazioni è pericoloso, ingeneroso, sostanzialmente falso, inopportuno.

(Il pm mostra il fax originario, spedito da Publitalia Milano, un fax composto da un foglio).

Per me era estremamente chiaro perché avevo avuto una spiegazione da Cardella, per me era chiaro. Mi manda il fax perché sono la responsabile della comunità di Lenzi, parla con me per dirmi di dire a Rostagno di andarsene e scegliersi un nuovo alloggio fuori dal Gabbiano. Un fax da far vedere a Mauro. E io lo feci vedere a Mauro, parlai della dicussione con Cardella, ero molto più arrabbiata io con Cardella che non Mauro che si mise a ridere. Io ero arrabbiata perché la consideravo e l’ho considerata per tanto tempo una guerra tra galletti, vedevo in quella lite il fatto che Cardella era risentito perché lui non era nominato nell’intervista, ci stava tutto questo risentimento, ci stava perché Cardella aveva messo i soldi, è la spiegazione che Cardella mi dà e per anni mi convince. Mauro reagì sorridendo andò ad abitare in una stanza che io gli indicai, stette lì, questo accadde tra fine luglio e i primi di agosto 1988.

Mauro era una persona importante per la comunità, era quello che faceva le terapie, mentre Cardella era a Milano. Quello spostamnento serviva a dare un segnale. Io pensai che era un segnale per Mauro, all’inizio pensai così, era un segno morale, un simbolo, un segno forte. Non ebbe valenza esterna questo segno.

Mauro sorrise per questa cosa, mi disse non te la prendere e smorzò la mia rabbia, la vivemmo come una novità per noi.

Da quel momento i rapporti tra Mauro e Cardella non ripresero. Cardella venne in comunità a fine agosto o ai primi di settembre, arrivò la sera, Mauro era con me, Cardella non lo fece venire a mangiare al Gabbiano. Il giorno dopo la mattina con Cardella andammo dove Mauro abitava, “le nuove” e evidentemente lì Cardella voleva essere più cordiale, forse voleva fare pace.

Mauro in quell’occasione non lo considerò. E così non si sono mai più riappacificati anche perché Mauro è morto.

Cardella tornò in comunità il 23 settembre ma non avvenne niente di significativo tra di loro. Io piansi una volta con Cardella perché mi sembrava molto stupido questo atteggiamento tra entrambi. Per anni sono rimasta convinta che questo fosse il motivo. Quando rividi Cardella alla caserma dei carabinieri abbiamo pensato a Bagarella, come dato di fondo era la mafia che aveva ammazzato Mauro.

Minacce.Verso aprile Mauro ci fece vedere una lettera di minacce che aveva ricevuto e Cardella gli consigliò di andare in Procura a denunciare questa cosa.

Era una lettera che riguardava l’omicidio di un ragazzo ucciso a Paceco, un sedicenne, Mauro nei suoi redazionali attaccava l’arrestato, gli scrissero una lettera di minacce anonima, dove venivano fatti nomi e cognomi.

Poi ci furono altre minacce al processo Lipari, Mariano Agate disse di dire a quello con la barba di stare zitto, lo disse ad un operatore Rtc.

Mauro registrava in una cassetta audio le telefonate di minacce che arrivavano, nella sua attività ha  attirato abbastanza antipatie.

Mauro mi disse che a Marsala stavano succedendo cose terribili. Non un piccolo scandalo, cose terribili significa cose più grosse.

Marsala in quel momento entra alla ribalta. Mauro in un primo momento ha una visione ottimista, i magistrati stanno indagando su diverse cose, la magistratura si sta muovendo, poi c’è un secondo momento tra marzo e maggio che lui chiama la primavera di Trapani, da giugno a luglio parla invece di normalizzazione, c’è un verbale del 21 luglio dove Mauro dice non è una mia impressione della normalizzazione, me la danno i giudici Falcone e Borsellino, tant’è che le cose che erano nate contro la mafia, di Trapani, Alcamo, Paceco e Mazzara, il circolo Scontrino, è come se qualcuno le avesse schiacciate.

Mauro parla bene del giudice Borsellino, riferisce che Borsellino fa i nomi.

Borsellino fu la prima persona ad arrivare in comunità dopo l’omicidio. Insieme con Borsellini siamo poi andati in alcune scuole.

Di Falcone non ho ricordi, non ho tracce di interviste di Mauro, può essere che lo abbia incontrato in qualche convegno, non ho un racconto diretto di una conoscenza diretta.

L’invenzione della droga. L’indomani all’obitorio sentii un carabiniere che nella borsa di Mauro avevano trovato droga, denaro e dollari. Per la seconda volta mi arrabbiai, mi sembrava che c’era la volontà di depistare, ne parlai con il pm Messina.

Io non ho mai saputo cosa c’era dentro la borsa, ho solo un verbale di consegna dove mi si dice cosa c’era dentro, niente di importante, nulla di quello che avevo sentito all’obitorio.

Dei carabinieri di Trapani conoscevo Cannas, che io conoscevo perché amico di Cardella. Francesco aveva detto a me e Mauro che avrebbe chiesto a Cannas di fermare il figlio e fargli una ramanzina. Mauro si fidava molto di Cannas.

Con Cardella andai a trovare Cannas, 15 giorni dopo il delitto per sapere come andavano le indagini.

Cannas mi disse che seguivano la pista mafiosa. Disse che Mauro quella volta che l’aveva incontrato a Trapani gli ave a detto, mi hanno allungato la vita di un mese.

In effetti ricordo l’incontro con Cannas, io sono nata il 10 agosto, qualche giorno prima andammo a comprare le fedi, il regalo ce lo siamo fatti prima e in quell’occasione ricordo l’incontro con Cannas. L’avviso di indagine per il caso Calabresi Mauro lo riceva il 12 agosto.

Cannas racconta che in quell’occasione Mauro gli parlò di Calabresi, dei ragazzi che si drogavano, Cannas parlò di alcune cose che a me non aveva detto quando andai con Cardella.

In quella occasione mi disse la pista mafiosa, che battevano la pista mafiosa.

Poi fui convocata dal procuratore di Trapani, era presente lui con il procuratore Coci, avvenne questo 5 6 mesi dopo il delitto, anzi forse meno di 5 o 6 mesi.

Un invito informale a venire in procura, vado in una stanza. Coci mi disse subito che questo è un incontro riservato che può essere pericoloso per lei e per me.

Mi chiese se io avevo mai pensato che Mauro fosse in pericolo, noi, mi disse, lo sapevamo. L’incontro non fu cordiale, non ci siamo dati la mano, Cannas onnipresente nella mia vita non parlò, fu un incontro strano, non se ne poteva parlare perché era pericoloso per me e per lui.

La verità è che lui mi aveva convocato per sapere qualcosa sulla comunità di Bonagia. Tutte le mie impressioni suffragate da fatti non sono state tenuta in considerazione. Questa cosa di Coci non fece mai scalpore. Cannas fu sempre presente, anche quando fui sentita da Lari e Palmeri.

Non ho avuto la prontezza di rivolgermi a Cannas per ricordargli quell’incontro con Coci”.

Le ultime inchieste. Chicca Roveri ricostruisce il lavoro giornalistico di Mauro, i suoi interventi contro la mafia, la droga, la corruzione politica, la massoneria. Ricorda che due giorni prima di essere ucciso era andato a Marsala per intervistare Santoro della Cisl e forse anche Canino, un  pezzo grosso della Dc e introdotto anche nella massoneria.

“Qualche giorno prima Mauro mi aveva detto che a Marsala stavano accadendo cose terribili, Santoro gli avrebbe parlato della mazzetta dato ad un carabiniere, ma Santoro ha poi negato. Ricordo che Cardella quando uccisero Rostagno per qualche tempo andò in tv al suo posto e in una occasione attaccò i socialisti.

Marsala era il feudo del Psi e il suo capo era il senatore Pizzo. So che un giorno Cardella chiese a Martelli qualcosa, Martelli gli rispose che ladri sì ma assassini no.

Ricordo che in un editoriale un giorno disse che c’era qualcuno anche tra quelli che mi vogliono bene che mi dicono di stare calmo perché quello che qui facciamo non fa bene alla Sicilia, forse non fa bene nemmeno alla comunità, io rispondo anche a chi mi vuole bene che per noi l’unico modo di fare pubblicità alla Sicilia è quella di fare la lotta alla mafia e dichiararlo.

Poco prima di essere ucciso Mauro e Chicca si concedono una breve vacanza in una casa di Saman fuori dalla comunità, in quell’occasione Mauro le disse: “Io non ho paura di morire”.

“Oggi ricostruisco molti suoi comportamenti, i tanti regali che in quel periodo mi faceva, la decisione di comprare le fedi, il fatto di uscire spesso portando fuori a cena Maddalena, era come se stesse facendo in modo che di lui si avesse un ricordo più forte.

Mauro ricevette una telefonata dove gli si raccontava della droga trovata in possesso di alcuni ospiti della Saman.

Alcuni ragazzi andarono via, altri dopo il funerale di Mauro più che altro speventati per quello che poteva accadere loro avendo lavorato con Mauro. Dissi loro che erano dei codardi.

La posizione di Mauro sull’uso delle sostanze stupefacenti era per la depenalizzazione, la sua posizione era che la droga andava liberalizzata, farsi uno spinello non era male, credo che ebbe scontri con qualcuno, c’era una posizione bacchettona e di sottovalutazione rispetto a quello che sarebbe diventata la droga per i giovani e non solo per i giovani in Italia.

Allora decidemmo di aprire una comunità. Mauro diceva: se uno decide di drogarsi e sta bene che lo faccia, ma se c’è qualcuno che decide di uscire dalla tossicodipendenza trova la nostra comunità. Lavorando Mauro fece emergere come la droga a Trapani fosse legata alla mafia. Interesse specifico di Mauro erano le persone che erano in comunità.

Mauro rimase malissimo di  tre ragazzi che avevano ripreso a drogarsi, li aveva portati a fare quello che di più bello si poteva fare, partecipavano alla vita sociale, potevano fare una cosa bella (lavoravano con lui a Rtc) e non ce l’avevano fatta. Lui ci rimase molto male, si addolorò.

Il venerdì prima dell’omicidio eravamo fuori e sentimmo un rumore di macchina, andammo dall’angelo della notte (il vigilante di Saman), ci disse che era passata una macchina, che aveva un fanalino rotto e che faceva poca luce. Mauro andò a prendere le chiavi della Duna, inseguimmo quest’auto, una golf, e la perdemmo all’incrocio di Milo. Non vedemmo la targa né chi c’era sopra. Valutammo questa cosa come se qualcuno fosse venuto a cercare di spacciare.

Mauro non mi disse nulla, anche perché l’angelo della notte ci disse che quest’auto era venuta altre volte.

Rostagno era abitudinario nei suoi spostamenti anche perché le strade che collegano Lenzi a Rtc erano le stesse. Non erano molte, lui aveva due scelte banali, o passare da Napola o prendere la strada di Crocci.

(Il pm torna a chiedere la sera del delitto).

Chicca Roveri non ricorda lo stato di illuminazione della zona, la strada per un primo pezzo dalla chiesa verso le prime case è asfaltata, fino alla curvetta verso Lenzi, poi non più, almeno così ricorda Chicca Roveri.

Mauro non era uno che andava molto forte.

Caso Calabresi. L’avviso lo ha ricevuto il 12 agosto, andammo insieme a prendere l’avviso all’ufficio postale di Napola, si mise subito in contatto con qualcuno per capirne di più. Quella comunicazione riguardava l’accusa di avere partecipato al delitto Calabresi.

Dapprima cercò di informarsi, si mise in contatto con Marco Boato. Il primo agosto erano stati arrestati Sofri, Petrostefani e Bompressi. Rostagno conosceva tutti e tre molto bene.

Si attivò con Boato che fu l’unico ad essere sentito dal magistrato, poi sentii l’altra persona avvisata, Roberto Morini, anche lui ex Lotta Continua.

Marco indicò a Mauro l’avvocato Sandro Canestrini di Trento e poi subentrò il figlio dell’avvocato Pisapia.

Mauro cercò per prima cosa cosa  fare, poi questa cosa finì sui giornali e allora lui decise che doveva parlare e fece un comunicato all’Ansa, fece  delle dichiarazioni e del redazionali a Rtc, dicendo che voleva essere sentito, che era curioso di sapere chi lo avesse tirato in ballo in questa vicenda. Ironico aveva evidenziato che il pm era in vacanza, escludeva la partecipazione di Lotta Continua al delitto, ricordava infine un episodio del 1972 quando quelli di Lotta Continua erano finiti in prima pagina per un attentato a Trento che poi si scoprì organizzato e commesso da apparati deviati delle forze dell’ordine.

Mauro disse: cittadini trapanesi debbo parlarvi di una cosa mia perché vi voglio far rendere conto di come funzionano la stampa e la giustizia.

Mauro aveva mantenuto rapporti con gli ex di Lotta Continua.

Le cose terribili delle quali Rostagno parlava potevano riguardare il progetto Mothia 88, un progetto culturale sponsorizzata dal Partito Socilista.

In quell’ambito si parlava di un possibile scandalo, di mazzette.

Chicca Roveri ricorda la platea qualificata che partecipava a quella iniziativa.

Il pm le chiede di tornare al processo Calabresi.

L’avv Luigi Ligotti (avvocato di parte civile nel processo Calabresi) durante una udienza del processo aveva affermato di aver saputo verso la  fine ’93 disse che non era stata la mafia ad ammazzare Rostagno, ma quelli di Lotta Continua, in sintesi questa è la volgarità detta.

Finì su tutti i giornali, io presi le distanze e chiesi di essere sentita dal magistrato. Io ero stata già sentita dal dottor Palmeri sulla possibile pista Calabresi. Palmeri mi disse che dovevo ricordarmi di parlare con un magistrato e di usare toni gentili, io risposi dicendo che lui doveva ricordarsi di parlare con la vedova Rostagno.

Io ho visto queste piste come un allontanamento voluto dalla verità.

Io debbo pensare due cose: o in questo processo c’è stato un concentrato di cretini di incapaci inetti, di gente corta di testa oppure debbo pensare che in tutti questi anni c’è stato un continuo tentativo di non arrivare alla verità.

Il processo è sospeso ed è poi ripreso alle 15,15

Ultimi

Un milione e mezzo i bambini ucraini “inghiottiti” dalla Russia

Un milione e mezzo di bambini e adolescenti ucraini...

Ancora dossieraggi e schedature

Tornano dossier e schedature. Il video che è stato...

Podlech, il Cile lo ha condannato all’ergastolo

ERGASTOLO CILENO PER ALFONSO PODLECHI giudici cileni hanno aspettato...

Era ubriaca…

“Era ubriaca, così ha favorito chi le ha fatto...