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“La lunga notte dei Mille”, la recensione sul Corriere della sera

STORIE

Che fine hanno fatto i Mille?

Paolo Brogi e il destino delle «Camicie rosse»

Ma che fine fanno i protagonisti dei grandi avvenimenti storici, quando la luce su di loro si spegne? Che succede ai «reduci» che non hanno la fortuna, o l’opportunismo, di approfittare del nuovo mondo che hanno contribuito a formare? C’è voluta tutta la cocciuta determinazione di un cronista per scrivere La lunga notte dei Mille (Aliberti): Paolo Brogi, una lunga carriera tra «Reporter», «l’Europeo» e il «Corriere della Sera», è andato a cercare che destino hanno avuto gran parte dei 1.089 volontari imbarcati da Garibaldi a Quarto nel 1860. Un libro scritto di getto in pochi mesi, ma figlio di una ricerca durata anni, per mettere a fuoco documenti dispersi in mille rivoli, dalla piccola orazione di Mandello Lario in onore dei gloriosi «avanzi» della spedizione, al libretto su Bartolomeo Marchelli, di Ovada, prestigiatore. L’unico libro consistente era Le 180 biografie dei garibaldini bergamaschi, uscito nel 1930.

Storie che si incrociano, si perdono e si ritrovano tra l’Italia che si sta facendo e il mondo che la guarda, disegnando un Risorgimento meno ufficiale, ma vivo di carne, entusiasmo, ideali e destini spesso tragici. È la parte dolente della spedizione: i quaranta finiti suicidi o in manicomio. E i molti uccisi, oltre ai 78 caduti in battaglia, in altre guerre, ma anche in agguati e risse di strada da Palermo, a Napoli, a Bergamo. Racconta Brogi: «Chi finì in Patagonia e chi a Sumatra. Un gruppo di lombardi deportato in Siberia, altri sbaragliati in Africa, in molti gli emigrati all’estero. Un tiratore scelto bergamasco si ridusse a cacciar gatti e un suo compaesano risalì l’Italia con un teatrino di marionette». Tra le molte sorprese la scoperta di ferventi anticolonialisti, come il trentino Ergisto Bezzi, che sulla stampa nazionale attaccherà per anni il «crispismo». E perfino qualcuno apertamente pacifista come Stefano Türr, legato al primo premio Nobel italiano, Ernesto Teodoro Moneta.

Ma nella ricerca prevalgono, emozionanti, le storie personali: come quella dei fratelli Andrea e Jacopo Sgarallino di Livorno: uno si imbarca a Quarto, l’altro evade in California dove si confonde con i cercatori d’oro e organizza una raccolta fondi per Garibaldi. La moglie di Francesco Crispi, Rosalie Montmasson, che fu l’unica donna ad imbarcarsi coi Mille, vestita da uomo perché come si sa le donne sulle navi all’epoca erano mal accolte. O Edoardo Herter, medico, trevigiano, che se ne va in Patagonia a fare il chirurgo di frontiera. «Su di lui c’erano all’inizio solo due righe di biografia: Giulio Cesare Abba nella sua Storia dei Mille, scritta a caldo, lo dava per morto a Calatafimi ». E Luigi Pianciani, primo sindaco di Roma dopo Porta Pia: dal 16 novembre 1872 e per diciotto mesi, protagonista dimemorabili scontri con Quintino Sella, che trova la città, al suo insediamento, una «magnifica capitale da sagrestia».

Scrive Gian Antonio Stella nella prefazione: «Paolo Brogi racconta la grande avventura di tanti giovani pieni di entusiasmo che vollero a tutti i costi fare l’Italia. E che certo, nella memoria di tutti noi, meritano qualcosa di più che una scritta col nome e il cognome incisa su una lastra con un secolo e mezzo di ritardo al molo di Quarto».

Paolo Fallai
12 maggio 2011© Corriere della Sera RIPRODUZIONE RISERVATA

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