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La Nato prova a “centrare” Gheddafi. Gli uccide il figlio Saif, quello più filoccidentale

La Nato voleva colpire Gheddafi, ha invece ammazzato il suo figlio più filoccidentale, Saif al Arab Gheddafi. Nato a Tripoli nel 1982 da Safia Farkash, dalla seconda moglie del colonnello,  Saif al Arab aveva sempre mantenuto un profilo basso a dispetto degli altri suoi fratelli, pochissime volte aveva rilasciato dichiarazioni pubbliche e mai è apparso in televisione.

Saif al Arab nel 2006 si era iscritto alla Technical University di Monaco di Baviera, in Germania. Nel suo periodo universitario a Monaco aveva passato il tempo più che altro andando a feste e dedicandosi a business non specificati. Appena arrivato, nel 2006, fu coinvolto in una rissa con un buttafuori in un nightclub di Monaco, il 4004. Nel 2008 sempre a Monaco fu presentata una nuova denuncia per l’eccessivo rumore che faceva la sua Ferrari F430, che gli fu sequestrata. Al Arab Gheddafi fu sospettato, sempre nel 2008, di tentare di portare una pistola e delle munizioni da Monaco a Parigi servendosi di un’auto dotata di targa diplomatica ma il caso fu archiviato per insufficienza di prove. La risoluzione 1970 dell’Onu aveva imposto un divieto di viaggio a Seif Al Arab, ma non il sequestro dei suoi beni all’estero, come per altri figli dei rais. Dopo l’inizio della rivolta, il padre Muammar Gheddafi lo ha inviato nell’est del paese a combattere contro gli insorti come comandante di una divisione. Smentita la notizia che fosse passato con gli insorti.

Saif al Islam si è sempre distinto dai fratelli, presentandosi come un convinto riformista, deciso a normalizzare i rapporti tra Tripoli e l’Occidente, dopo oltre 20 anni di isolamento, per aprire il mercato libico alle aziende straniere, soprattutto quelle petrolifere. Posizioni che hanno portato il secondogenito a scontrarsi pubblicamente con le elite più conservatrici del paese, pronte a sostenere i fratelli Mutassim, 36 anni, consigliere alla sicurezza nazionale, e Khamis, comandante delle forze di sicurezza.

Ma già nel 2008 il secondogenito di Gheddafi aveva annunciato il suo ritiro dalla vita politica, negando anche in questa occasione ogni contrasto con il padre. Nonostante il suo ritiro dalla politica, Saif al Islam doveva molta della sua influenza anche alla sua posizione di direttore della Fondazione Gheddafi per lo sviluppo, intervenuta in diverse trattative internazionali, tra cui quella per il rilascio, nel luglio 2007, delle infermiere bulgare e del medico palestinese accusati da Tripoli di aver iniettato il virus dell’Hiv a centinaia di bambini. Ma il suo scontro con l’ala più conservatrice al potere a Tripoli è tornato a inasprirsi negli ultimi mesi, scrive al Jazeera, ricordando l’arresto di 20 giornalisti di al Ghad, il gruppo editoriale legato a Saif, e la chiusura di una delle sue testate. Anche il suo ruolo nella Fondazione è stato ridimensionato, con il ruolo di presidente diventato di fatto puramente onorario.

La morte di Saif al Arab, confermata stasera dal vescovo di Tripoli, concorre a rendere ancor più pericolose le minacce finora verbali di Gheddafi nei confronti dell’Italia.

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