Otto maggio 1978. Peppino Impastato. Ho visto nei giorni scorsi uno spettacolo su Cosimo Cristina, il primo degli otto giornalisti uccisi in Sicilia dalla mafia. Una vicenda, quella di Cosimo Cristina, che anticipa nel 1960 tutti gli altri morti venuti dopo- Cistina che denunciava la mafia di Termini Imprese fu ritrovato “suicidato” all’ingresso di una galleria ferroviaria, sulla strada ferrata proprio come Peppino. E su di lui due magistrati scrissero subito dopo che era un fallito – era stato appena licenziato su pressioni mafiose dalla ditta per cui lavorava – e che era carico di querele. Insomma un suicida, come evidenziavano due biglietti fasulli che gli furono ritrovati addosso. Eccolo il fango, non basta eliminare la persona ma bisogna anche eliminare tutto ciò che ha scritto o fatto, screditarlo insomma.
E’ successo poi con Mauro Rostagno, di cui ora finalmente si celebra un processo ai mafiosi che lo uccisero ma per il quale per tanti anni è scattato un meccanismo di infangamento che portò perfino all’arresto della sua compagna Chicca Roveri.
E Peppino Impastato? Vado a memoria, ma della sua morte furono scritte cose corrette quel 9 maggio del 1978 solo da tre giornali: Lotta Continua, Il Manifesto e il Quotidiano dei lavoratori. Su di lui altri scrissero ciò che i carabinieri fecero trapelare, l’insinuazione infame che Impastato era un dinamitardo. Insomma un’infamia, quel fango che ha costantemente colpito tutte le vittime, con argomenti come le corna o quant’altro, colpendoli tutti da Spampinato a Pippo Fava.
Questo va ricordato oggi che è l’anniversario di Peppino Impastato e mentre a poca distanza da dove è morto Peppino si celebra il processo per l’omicidio di Mauro Rostagno.
Dieci cento passi…In ricordo anche di sua madre Felicia (nella foto con Peppino).