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Processo Rostagno, 11a udienza: “In banca mi dissero, quello tra un mese è spento…”

Undicesima udienza, stamane del processo contro mandante ed esecutore del delitto del giornalista e sociologo Mauro Rostagno. Stamane controesame da parte degli avvocati degli imputati: il boss di Trapani Vincenzo Virga e il killer Vito Mazzara di Emilia Fonte, la donna che all’epoca dell’omicidio di Rostagno aveva 17 anni. Davanti ai giudici della Corte d’Assise di Trapani, la testimone, ha raccontato che quella sera mentre giocava con la sorella, ha notato l’auto di Mauro Rostagno che si stava dirigendo verso la comunità Saman, seguita da una macchina con a bordo tre giovani. Poco dopo ha detto di aver ha udito gli spari.

Depone Ninni Ravazza, ex collega a Rtc. Rivela che tra i 4 e i 6 mesi prima dell’omicidio il direttore dell’emittente, Burgarella, aveva detto ai suoi giornalisti “Attenti che state facendo incazzare qualcuno”. Il rapporto con il brigadiere Cannas era di stima e fiducia, al punto che il carabiniere potrebbe avergli rivelato notizie riservate.

Altra precisazione, riprendendo un vecchio verbale: Ravazza non crede che Mauro fosse subordinato a Cardella nell’attivitá giornalistica.

Una cosa che finora non è stata detta in aula: visto il successo di Rtc grazie alle denunce di Rostagno, l’editore era pronto a espandere la copertura oltre la provincia di Tp, incluse Agrigento e Palermo.

“Ah, giornalista, che lingua lunga che avete tu e quello vestito di bianco”, è la “battuta” detta dalla gabbia in aula dal boss Mariano Agate al cronista di giudiziaria di rtc, Mazzonello, al processo Lipari. Anche il fratello di Agate, Gianbattista (anche lui in seguito arrestato per mafia) fuori dal tribunale ripetè la battuta, aggiungendo “che venite a fare qui? alla gente ste’ cose non interessano”. Mazzonello rispose che se non fosse venuti lui, qualcun altro sará sempre presente per raccontare al pubblico cosa accade.

“Alle 14 per il tg di Rostagno la cittá si svuotava. Rostagno attaccava i mafiosi e la parte sporca della politica e del potere e ne aveva per tutti, senza peli sulla lingua, con un giornalismo molto pungente.” Mazzonello fa presente una cosa forse non ricordata abbastanza spesso in aula sull’impatto di Rostagno in aula. “se andavo dal macellaio a quell’ora mi diceva ‘devo sbrigarmi, devo andare a sentire il tg di Rostagno'”

Riguardo la famosa cassetta con scritto “non toccare”, Ravazza non esclude che sia esistita se non altro perché, vista la penuria di mezzi, spesso i giornalisti si facevano dare le cassette (che erano riscrivibili!) dagli operatori e vi scrivevano “non toccare” per evitare che qualcuno le riciclasse.

Mazzonella era il cronista di giudiziaria. Il suo compito era andare nelle aule e fare i resoconti. Gli stessi resoconti venivano anticipati a Rostagno che li condiva di commenti per i suoi editoriali (come fu per il processo Lipari) quando non vi era Mauro stesso in aula. La difesa di Virga ha suggerito paragoni tra quanto realizzato da Mauro per i suoi editoriali e quanto scritto da Mazzonella sul Giornale di Sicilia, di cui all’epoca era collaboratore. Credo sia opportuno precisare, specie per chi magari è a digiuno di giornalismo, che un articolo di giudiziaria su un giornale difficilmente può essere condito di commenti, frecciate e osservazioni come un commento televisivo di Mauro Rostagno. come ha detto Mazzonella: “Io facevo cronaca”.

La precisazione di Ravazza su Cannas smentisce quanto detto finora che sembrava tendere a sminuire il rapporto tra i due.

Nico Blunda: sbaglio o è stato detto che due carabinieri nel 96 hanno “intimato” un giornalista dal perseguire dal dire in tv il suo parere sulle indagini sull’omicidio? Questa è una delle cose più gravi che ho sentito in questo processo.

Ravazza dice che fu ascoltato dai Carabinieri, da Montanti in particolare in un contesto “informale” nel senso senza redazione di alcun verbale. All’epoca su Rtc si era detto pubblicamente che la pista interna condotta dai carabinieri non era credibile.

I carabinieri invitarono “violentemente” nei toni Ravazza a non mettere in dubbio le indagini o chiedere veritá o responsabili: “non vi permettete di chiedere che le indagini vengano condotte con serietá perchè è così”.

Ravazza precisa che il tono fu aggressivo, a voce alta. Una cosa che finora non è stata detta inaula: visto il successo di Rtc grazie alle denunce di Rostagno, l’editore era pronto a espandere la copertura oltre la provincia di Tp, incluse Agrigento e Palermo.

Di Laura Spanò questo ulteriore commento:

Undicesima udienza, stamane del processo contro mandante ed esecutore del delitto del giornalista e sociologo Mauro Rostagno. Stamane controesame  da parte degli avvocati degli imputati: il boss di Trapani Vincenzo Virga e il killer Vito Mazzara, di Emilia Fonte, la donna che all’epoca dell’omicidio di Rostagno aveva 17 anni. Davanti ai giudici della Corte d’Assise di Trapani,  la testimone, ha raccontato che quella sera mentre giocava con la sorella, ha notato l’auto di Mauro Rostagno che si stava dirigendo verso la comunità Saman, seguita da una macchina con a bordo tre giovani.  Poco dopo ha detto di aver ha udito gli  spari.

Emilia Fonte sosanzialmente ha confermato quanto dichiarato nel corso della precedente udienza. Ancora stamane è stato ascoltato anche il giornalista Salvatore Vassallo, collega di Mauro Rostagno. Vassallo ha rivelato alla Corte un particolare davvero interessante ma già ribadito dice lo stesso Vassallo in due momenti distinti, la stessa sera dell’omicidio, quel 26 settembre, davanti ad un ispettore della Digos di Trapani e successivamente davanti al magistrato Messina. “Un impiegato di banca, Ignazio Piacenza, genero di un personaggio assai chiacchierato di Buseto Palizzolo, tale Maiorana e ritenuto vicino agli ambienti mafiosi – ha dichiarato stamane  Vassallo – mi disse mentre mi trovavo in banca per un versamento, quella era la mia banca, che Mauro era segnato e che tra un mese sarebbe stato spento”.

Salvatore Vassallo ha ribadito che “in un primo momento non fece caso a quelle parole, poi però, collegando quella persona che aveva parlato con me e il suocero che si diceva vicina ad ambienti mafiosi di Buseto – ci pensai e lo riferì a Mauro ed anche lui rimase perplesso perché anche lui aveva sentito parlare del suocero”. Vassallo riferisce di questo colloquio come successivo ad una telefonata di minaccia arrivata a RTC sempre sullo stesso tono ” fatilu finiri a chissu vistuto di biancu”. Vassallo dice di averla sentita lui perchè per caso rispose lui al telefono. Salvatore Vassallo è stato sentito per due ore dalla Corte, ha anche raccontato di non essere mai stato sentito da allora ad oggi, tranne che nel ’93. Undicesima udienza, stamane del processo contro mandante ed esecutore del delitto del giornalista e sociologo Mauro Rostagno. Stamane controesame da parte degli avvocati degli imputati: il boss di Trapani Vincenzo Virga e il killer Vito Mazzara, di Emilia Fonte, la donna che all’epoca dell’omicidio di Rostagno aveva 17 anni. Davanti ai giudici della Corte d’Assise di Trapani, la testimone, ha raccontato che quella sera mentre giocava con la sorella, ha notato l’auto di Mauro Rostagno che si stava dirigendo verso la comunità Saman, seguita da una macchina con a bordo tre giovani. Poco dopo ha detto di aver ha udito gli spari. Emilia Fonte sostanzialmente ha confermato quanto dichiarato nel corso della precedente udienza. Ancora stamane è stato ascoltato anche il giornalista Salvatore Vassallo, collega di Mauro Rostagno. Vassallo ha rivelato alla Corte un particolare davvero interessante ma già ribadito dice lo stesso Vassallo in due momenti distinti, la stessa sera dell’omicidio, quel 26 settembre, davanti ad un ispettore della Digos di Trapani e successivamente davanti al magistrato Messina. “Un impiegato di banca, Ignazio Piacenza, genero di un personaggio assai chiacchierato di Buseto Palizzolo, tale Maiorana e ritenuto vicino agli ambienti mafiosi – ha dichiarato stamane Vassallo – mi disse mentre mi trovavo in banca per un versamento, quella era la mia banca, che Mauro era segnato e che tra un mese sarebbe stato spento”.

Salvatore Vassallo ha ribadito che “in un primo momento non fece caso a quelle parole, poi però, collegando quella persona che aveva parlato con me e il suocero che si diceva vicina ad ambienti mafiosi di Buseto – ci pensai e lo riferì a Mauro ed anche lui rimase perplesso perché anche lui aveva sentito parlare del suocero”. Vassallo riferisce di questo colloquio come successivo ad una telefonata di minaccia arrivata a RTC sempre sullo stesso tono ” fatilu finiri a chissu vistuto di biancu”. Vassallo dice di averla sentita lui perché per caso rispose lui al telefono. Salvatore Vassallo è stato sentito per due ore dalla Corte, ha anche raccontato di non essere mai stato sentito da allora ad oggi, tranne che nel ’93.

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