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L’Economist su Berlusconi: “L’uomo che ha fregato un intero paese”

The man who screwed an entire country.  L’Economist va giù piuttosto duro, otto anni dopo la copertina contro Berlusconi inadatto. Stavolta B è “L’uomo che ha fregato un intero Paese»: l’Economist torna ad attaccare Silvio Berlusconi bocciandone senza appello la politica di governo. Il presidente del Consiglio italiano ha guadagnato la copertina del settimanale britannico in uscita venerdì, a otto anni dal celeberrimo «unfit to lead Italy», inadatto a governare l’Italia. L’occasione è la pubblicazione di uno speciale di 16 pagine sull’Italia dedicato all’anniversario dei 150 anni («Per un nuovo Rinascimento»). L’analisi di John Prideaux, autore del rapporto, lascia emergere un Paese fermo che paga con la «crescita zero» le mancate riforme. «L’Italia ha tutte le cose che le servono per ripartire, quello che serve è un cambio di governo». Berlòusconio, dice l’Economist. È l’alfiere di una gerontocrazia che ammazza i giovani…

«Non farò l’errore di predire la fine di Berlusconi – ha detto l’analista incontrando la stampa a Milano – ma arrivando qui, parlando con le persone si inizia a sentire un’aria nuova, la fine di un’era».

«L’Italia ha un problema di produttività, ha bisogno di alcune riforme. Se guardiamo agli ultimi dieci anni e più, dimenticando tutti gli scandali, il «Bunga Bunga», lo scontro con i magistrati, il problema è c’è stato un disastro da un punto di vista economico. Berlusconi è arrivato al potere con l’idea di essere un imprenditore di successo in grado di fare le riforme economiche, ma poi non le ha fatte» e il Paese «ha sprecato» tempo prezioso.

Il nostro Paese ha avuto il «più basso tasso di crescita di tutti gli altri Paesi del mondo occidentale. Tra il 2000 e il 2010, il Pil italiano è cresciuto in media dello 0,25% all’anno, una dato allarmante – scrive l’Economist – migliore solo rispetto a quello di Haiti o dello Zimbabwe». E nonostante l’Italia «abbia saputo evitare il peggio durante la recente crisi finanziaria globale, non ci sono segnali di una possibile inversione di tendenza».

Nonostante i problemi che appaiono per lo più legati alla fase politica, l’Italia resta un «Paese civilizzato, ricco, senza conflitti». Il «successore di Berlusconi potrebbe introdurre alcuni immediati miglioramenti con poco sforzo» e dovrà sicuramente metter mano alla legislazione sul lavoro «che favorisce gli anziani». L’Italia è afflitta tra le altre cose da una «gerontocrazia istituzionalizzata» che rende difficile ai giovani costruirsi una carriera. Tanto che dobbiamo porci il problema di come «richiamare migliaia di giovani di talento che sono emigrati e potrebbero avere un impatto positivo per il Paese».

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