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Riina assolto per la morte di De Mauro. Dopo 40 anni il delitto della mafia non ha colpevoli

Totò Riina è stato assolto dall’accusa di essere il mandante e l’organizzatore del sequestro e dell’omicidio di Mauro De Mauro. La sentenza è stata emessa dalla Corte d’assise di Palermo, presieduta da Giancarlo Trizzino, a oltre 40 anni dal rapimento del giornalista del quotidiano L’Ora di Palermo, prelevato sotto casa la sera del 16 settembre 1970. Al momento della lettura della sentenza era presente nell’aula bunker del carcere Pagliarelli la figlia del cronista, Franca De Mauro. Nei quarant’anni trascorsi dalla morte di De Mauro, sono stati innumerevoli gli accostamenti del nome di Mauro De Mauro alle possibili, e a volte improbabili, ragioni del suo sequestro. Unico imputato alla sbarra è l’ex numero uno di Cosa nostra, Totò Riina, il solo sopravvissuto del triumvirato Badalamenti-Bontade-Riina che avrebbe ordinato la morte del cronista.

Le indagini che hanno portato al processo per il sequestro e l’omicidio di De Mauro furono riaperte nel 2001, quando il pentito Francesco Di Carlo, ex boss di Altofonte, disse ai magistrati: «De Mauro è stato ucciso perché sapeva del fallito golpe Borghese. Lo seppellimmo alla foce dell’Oreto». De Mauro, inoltre, era stato incaricato dal regista Francesco Rosi di ricostruire gli ultimi giorni di vita del presidente dell’Eni, Enrico Mattei, morto in un incidente aereo mentre tornava a Milano da Catania. Secondo alcune ipotesi il cronista avrebbe scoperto qualcosa di scottante e per questo sarebbe stato eliminato. Una seconda pista, invece, collegava De Mauro, con un trascorso nella X Mas, al golpe del principe Junio Valerio Borghese del dicembre 1970, che forse prevedeva anche di una partecipazione di Cosa nostra.

«È certamente una sorpresa, ma poi vedremo le motivazioni di questa sentenza»,ha detto Franca De Mauro, figlia del giornalista eliminato. «Sono molto turbata perché dopo 40 anni non abbiamo ancora una risposta su quanto successe quel giorno». «Non posso nascondere la mia sorpresa», commenta la sentenza l’avvocato Francesco Crescimanno, che ha assistito sia la famiglia della vittima sia l’Ordine dei giornalisti. «Nel corso del procedimento alcuni collaboratori storici hanno portato un contributo di conoscenza che ha fornito, a mio giudizio, prove sufficienti per arrivare a Riina. Posso ipotizzare che nella valutazione del collegio si è ritenuto che non c’era la concatenazione delle prove. La corte ha ritenuto comunque che la prova complessiva fosse incompleta. Nelle motivazioni leggeremo quale sia stato il percorso logico seguito».

Con il dispositivo della sentenza, la Corte ha disposto l’invio degli atti alla procura perché proceda per falsa testimonianza nei confronti di alcune delle persone che hanno deposto nel processo. Tra queste, l’ex dirigente del Sisde, Bruno Contrada, l’avvocato Giuseppe Lupi e i giornalisti Paolo Pietroni e Pietro Gullino.

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