“Voi in Europa avete travisato il golpe…”. Mai un segno di pentimento o di minimo ravvedimento, il 74enne Alfonso Podlech Michaud ha spiegato semmai con la frase riportata, espressa in una dei suoi interventi spontanei, che il processo è stato tutto un errore. Arrestato nel 2008 dal giudice Garzon mentre era di passaggio in Spagna si è ritrovato in un’aula di Assise a Roma dall’ottobre del 2009, per rispondere dei reati di strage, sequestro di persona e omicidio commessi sotto la dittatura militare di Pinochet. Il “desaparecido” di cui è stato chiamato a rispondere è Omar Venturelli, ex sacerdote di origine italiana e militante di Cristiani per il socialismo arrestato nel settembre 1973 e scomparso il 4 ottobre di quell’anno. In aula di fronte a Podlech la figlia dello scomparso, Maria Paz, orfana dall’età di tre anni, e la moglie di Omar, Fresia. E poi nel corso di una ventina le udienze le testimonianze spesso dure e drammatiche fatte dalle vittime sopravvissute allora che sono venute dal Cile a Roma per accusare questo avvocato, appartenente a una famiglia di “terratenientes” e latifondisti, trasformatosi al momento del golpe in procuratore militare a Temuco nel sud del paese. Ma evidentemente tutto quello che questi testimoni hanno portato non è stato ritenuto decisivo dalla Corte che per l’omicidio di Venturelli è ricorsa a ciò che resta oggi nell’ordinamento giudiziario della vecchia insufficienza di prove.
Qui di seguito alcuni momenti del processo.
Omar era stato torturato. “Incontrai Omar Venturelli in carcere – ha raccontato Josè Venturelli, un medico dallo stesso cognome ma non parente – Gli avevano detto che era un sacerdote guerrigliero, che era un traditore, un traditore della sua classe, un traditore della chiesa, e poi soprattutto c’era un’ espressione che letteralmente si traduce “gli sarebbe arrivata” che era una minaccia con implicazioni gravissime. Dal suo aspetto fisico, si vedeva subito che era stato trattato con grande brutalità e che nel suo caso la tortura e le minacce proferite contro di lui furono direttamente fatte dal procuratore Podlech”.
Scriveva a macchina, era Podlech. “Mi hanno torturato insieme a tutti i contadini – ha detto Mario Carril Huemuman, un mapuche -, ci picchiavano col calcio del fucile sulla schiena, ci mettevano la corrente elettrica, e tante altre cose a tutti, per tutti lo stesso, non c’erano sconti per nessuno. Ci hanno portato a spintoni e alcuni cadevano perché siccome eravamo con gli occhi bendati non vedevamo nulla, e l’unica cosa che sono riuscito a vedere un pochino è che eravamo in un’infermeria e da lì siamo arrivati ad uno stanzone e c’era una sedia come questa però metallica e umida e lì mi hanno fatto sedere nudo, mi hanno messo l’elettricità perché se io mentivo squillava una campanella; poi io non lo vedevo però loro mi hanno fatto toccare un coltello di una ventina di centimetri e mi hanno detto con questo ti castriamo. Mentre mi facevano tutte queste torture c’era in fondo un uomo che scriveva a macchina. In quel momento mentre mi picchiavano mi hanno tolto il bendaggio che avevo sugli occhi, io ero legato con le braccia dietro la schiena, allora a questo punto ho visto la persona che stava scrivendo in fondo, è il signore che è qui seduto, è il signor Podlech. Era vestito in divisa, in abiti militari”.
Unghie strappate. “Omar Venturelli arrivò in carcere attorno al 20 settembre.- così Jorge Barudi Labrin-. Lui ha detto che suo padre lo aveva convinto a presentarsi perché gli avevano promesso che non gli sarebbe capitato niente di male ma non è stato così perché tra il 16 e il 20 o il 21 che arrivò, lo avevano sottoposto a torture nel reggimento Tucapel, aveva ematomi in tutto il corpo e mi raccontò che gli avevano applicato l’elettricità, io l’ho riconosciuto perché anche a me era successa la stessa cosa e poi si tolse le scarpe, gli ho guardato i piedi, e gli avevano strappato delle unghie, aveva delle lesioni nei piedi. Con i pochi mezzi che avevamo a disposizione gli ho curato i piedi. Omar mi raccontò le sue paure, una delle persone che avevano avuto responsabilità nella repressione era un signore il cui cognome era Podlech, che io non conoscevo, non avevo mai sentito nominare, perché io ero arrivato a quella zona da poco. Podlech apparteneva a un movimento di estrema destra chiamato Patria y Libdertad il signor Podlech, aveva un profondo odio soprattutto per tutti coloro preti, medici, professionisti, professori, tutti coloro che eravamo accanto alle persone più povere e non dalla parte dei potenti”.…
La picaña. “Siamo stati portati a una palestra che stava dentro il reggimento Tucapel- ha detto Herman Carrasco – . In quella palestra funzionava il gruppo di torturatori. Tutti i detenuti passavano dallo stesso trattamento. Tutti passavamo da lì, e lì ci veniva applicata la corrente elettrica, venivamo sottoposti alla tortura con la corrente elettrica, fondamentalmente sui genitali, la picaña elettrica nell’ano, nella zona del petto, sulle orecchie, molto nella bocca, nelle caviglie. Dopo venivamo immersi nell’acqua putrefatta, molte volte c’erano anche escrementi, e pretendevano che avessimo rapporti sessuali fra di noi, col fucile puntato alle costole, che ci toccassimo in modo sessuale fra i detenuti, tutto questo bendati, e ascoltavamo le risate e le burle.
Ping pong tra caserma e Fiscal. “Mi portavano fuori dal carcere al reggimento di Temuco – ha detto Victor Matura – mi mettevano in una sorta di piccola cella accanto alla guardia, arrivava del personale militare che mi ordinava di girarmi, mi bendava gli occhi e mi portavano dentro e mi portavano in un posto che era predisposto per effettuare la tortura. Questo processo di tortura si effettuava in mezzo a molte domande e a molti colpi. Poi mi riportavano indietro a quella stessa cella di attesa. E dopo un periodo di tempo indeterminato mi portavano presso la procura innanzi al signor Alfonso Podlech per rendere dichiarazioni. Se il signor Podlech non era abbastanza contento di quando era stato dichiarato, mi riportavano nella sala di tortura per essere interrogato di nuovo a proposito di quei punti e quelle materie sulle quali le mie risposte non erano state soddisfacenti per il signor Podlech”.
Nessun diritto alla tomba. “La mattina del 5 ottobre –così Ruth Kries – ho sentito per la radio un bando in cui si diceva che mio marito era stato fucilato mentre tentava di fuggire con un elicottero aiutato da gente da fuori. Io sapevo che ormai tutto era perduto e ho voluto seppellirlo e quando gli ho chiesto il corpo, la salma di mio marito, lui Podlech ha detto che ” i nemici della patria non hanno diritto ad una tomba”.
Un deprecabile errore. “Mia madre andò al reggimento Tucapel – ha ricordato Victor Faundes Bustos -, le hanno detto che lo avevano liberato e allora lei è di nuovo andata a quei recinti militari a chiedere di mio fratello ed alla fine un tale, Fernando Juelos che era un informatore dei militari siccome conosceva mia madre è andato da lei per dirle che il corpo di mio fratello era alla Morgue all’istituto medico legale, e li ha visto il corpo di mio fratello con i segni delle torture e uno sparo nel torace…alla fine mia madre e andata all’ufficio di questo signore che sta qua che era il procuratore militare di Temuco a chiedergli per quale ragione mio fratello era stato assassinato e lui le ha risposto che si era trattato purtroppo di un deprecabile errore…”
Corpi trafugati due volte. “Quando sono tornata in Cile nel 2001 – ha detto Maria Paz Venturelli, figlia di Omar -, in realtà ho trovato un po’la famiglia che non avevo conosciuto, per cui dopo, quando ho finito l’università, ho deciso di tornare a stare là per un breve periodo. In questo breve periodo in cui sono stata a Temuco è accaduto che si siano trovate delle fosse comuni a Temuco. Erano le fosse comuni che erano di fianco al cimitero e quindi questa scoperta aveva creato un grande scalpore chiaramente nell’opinione pubblica, la cosa che veramente per me è stata terribile è stato il fatto che queste fosse comuni, una volta scoperte, sono state nuovamente violate, sono stati portati via questi corpi per impedire il loro riconoscimento e sono stati nascosti da un’altra parte, tutto questo potete immaginare che cosa ha significato, e questo stiamo parlando del 2001, quindi pochissimo tempo fa, pochissimo rispetto ai fatti, soprattutto rispetto al fatto che eravamo in democrazia…”
Paolo Brogi