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Imputazione coatta di concorso in associazione mafiosa per il ministro Romano. Nell’inchiesta anche Guttadauro, a casa sua Messina Denaro chiese la morte di Rostagno

Per Saverio Romano, ministro dell’agricoltura, il gip di Palermo Giuliano Castiglia ha  rifiutato l’archiviazione chiesta dalla Procura e ha imposto l’imputazione coatta di concorso in  associazione mafiosa. Per il Gip è lui l’interfaccia del boss Nino Mandalà. L’inchiesta nasce dalle rivelazioni  del pentito Francesco Campanella che aveva fatto tre nomi eccellenti: Totò Cuffaro, Saverio Romano e il medico Giuseppe Guttadauro. Un intreccio che poi porta ai rapporti con Angelo Siino, ministro degli appalti di Cosa Nostra.

E’ a una svolta dunque la vita politica di Romano? La sua carriera è iniziata alla fine degli anni 80, Ciancimino padre era stato arrestato nel 1984, le file della politica siciliana andavano riorganizzate. Sulla scena di Palermo  si presentarono i nuovi cavalli della Dc, uno per il Comune (Totò Cuffaro), l’altro per la Provincia (Saverio Romano).Uomini di Mattarella, venivano da Raffadali e da Belmonte Mezzagno, di che pasta fossero lo rivelò di lì a poco il più loquace dei due,  Cuffaro, che colse l’occasione della trasmissione antimafia a reti per così dire unificate tra Santoro e Costanzo per inveire in sostanza contro chi ce l’aveva con la mafia.

Ricordando questi intrecci si ritorna dunque a quella fine degli anni ’80 in cui venne ucciso Mauro Rostagno e in cui nascevano questi nuovi portaborse politici della mafia. Ma c’è un terzo nome, quello di Guttadauro, che è importante ricordare. Ecco ciò che ne ha scritto poco tempo fa Rino Giacalone, a proposito del delitto di Mauro Rostagno. Non a caso Guttadauro appare strettamente connesso a Cuffaro e Romano. Ha scritto dunque Giacalone:

“Una prima riunione a casa di Filippo Guttadauro, a Castelvetrano. Comincia così il racconto dell’ex ministro dei lavori pubblici della mafia siciliana, Angelo Siino, fatto ministro dal capo del capi Totò Riina, ai magistrati che indagavano nel 1997 sul delitto di Mauro Rostagno. La pista mafiosa, l’ipotesi del delitto del sociologo e giornalista attribuibile alla potente mafia belicina c’era già negli atti risalenti a 14 anni addietro, nove anni dopo l’omicidio.

Cosa dice Siino? Parla di questa riunione a casa Guttadauro e di un «padrino», don Ciccio Messina Denaro parecchio arrabbiato: Puccio Bulgarella, imprenditore ed editore di Rtc, non solo era in «debito» nel pagamento del «pizzo» per alcuni lavori ottenuti in appalto, «la classica messa a posto» spiegò Siino, ma era pure il proprietario dell’emittente televisiva che «ospitava gli interventi di Rostagno. E parlando di questi, Messina Denaro lo coprì di insulti, aggiungendo che un giorno o l’altro avrebbe fatto un brutta fine».

Siino ai pm palermitani Ingroia e Prestipino ha svelato in quel verbale del 1997 che si premurò di informare Bulgarella: «Anche lui si mostrò preoccupato, mi disse che poteva fare ben poco, Rostagno mi disse che era un cane sciolto, difficilmente controllabile, tutto questo avvenne circa tre o quattro mesi prima dell’omicidio». Ma la cosa più clamorosa che emerge dal verbale è la maniera con la quale Cosa nostra diede il via al passaparola sul delitto. Lo fece in casa del mazarese Mariano Agate, a Mazara, nel suo impianto di calcestruzzi. L’ordine fu preciso, «il delitto Rostagno era cosa di corna». E fu quello che in poco tempo si cominciò sentire dire in ogni dove. Anche durante il processo in corso in Corte di Assise.

Le rivelazioni di Siino non si fermano qui. Fanno riferimento anche ad un «soggiorno» a Roma con Bulgarella, la moglie di questi, e con il latitante, all’epoca, Giovanni Brusca. Hotel Carlton la loro residenza in quei giorni. Poi si passeggiava in via Veneto. «In quell’occasione camminando a fianco di Bulgarella – dice Siino – feci cenno al delitto Rostagno, gli stavo dicendo che se mi avesse dato ascolto…ma non feci in tempo a proseguire la frase che lui mi fece intendere di zittirmi, come se la presenza della moglie fosse di troppo». In altra occasione del delitto Rostagno Siino ne tornò a parlare sempre con Puccio Bulgarella: «Eravamo in un ristorante a Palermo, con un giornalista non palermitano, e anche in quella occasione Puccio mi esternò fastidio quasi non ne volesse parlare».

Anche Siino finisce con il parlare dell’ex guru Francesco Cardella: «Con padre Eligio voleva organizzare una speculazione edilizia sull’isola di Formica, doveva fare una comunità di recupero con l’obiettivo di farne anche un residence turistico».

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