Podlech processato e assolto in Italia che non ha il reato di tortura
martedì, 12 Luglio, 2011Il giorno dopo la sentenza che ha mandato libero Podlech emerge in tutta la sua anomalia un sistema normativo come quello italiano che di fronte a un quadro come quello emerso in aula a Roma sul fronte delle torture non ha nulla da dire. La tortura non è reato in Italia. Mostruosità tutta nostra, ma è così.
Il paradosso perciò è infatti che la giustizia italiana non è in grado di sanzionare la tortura. Forse i fatti del 1973 possono essere ormai considerati prescritti, forse, ma anche questo dipende dall’esistenza o meno di una legge che lo preveda oppure no.
In Italia questa legge non c’è dal 1987, anno in cui ci fu chiesto di ratificare le disposizioni europee in materie. La legge non c’è perché non è stata mai fatta dai parlamenti. L’unico tentativo è avvenuto nel 2006 alla Camera ma poi la legge si è arenata al Senato. Con la fine della legislatura nel 2008 è scomparsa nel nulla.
Tre settimane fa Rita Bernardini dei radicali ha fatto approvare un ordine del giorno alla Camera che impegna il governo a presentare un disegno di legge sulla tortura.
Dopodiché che resta? Ci restano le proteste come quella fatta nei giorni scorsi da Amnesty International sezione Italia sul fatto che la legge ancora non c’è.
Cosa prevedeva la legge elaborata nel 2006? La proposta di legge che puntava ad introdurre tale reato nel codice penale italiano (articolo 613-bis) prevedeva il carcere da 3 a 12 anni per chi viene condannato (ma le pene possono essere raddoppiate nel caso che la tortura porti alla morte). La pena – prevede ancora il testo – è aumentata se il reato di tortura viene commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio. La pena è aumentata se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima; è raddoppiata se ne deriva la morte. La legge era passata con 466 sì e un solo voto contrario. Poi il naufragio al Senato.
In punta di diritto, chissà , Podlech poteva forse sfuggire al reato di omicidio aggravato? Vedremo cosa arrabatterà nelle motivazioni il giudice a latere Pugliese che era così pignolo nelle domande anche con chi ha alle spalle un buco nero come la tortura. Ma una corte non è certo un centro di recupero per torturati. Vero. Però ricordiamoci che alcuni testi non sono venuti perché gli è stato sconsigliato o impedito dai loro terapeuti: l’impatto con l’aguzzino sarebbe stato per loro insopportabile.
Succede in queste aule giudiziarie che si descrivano situazioni allucinanti – la tortura i8n questo caso, ripetuta e descritta da decine di testi – e che su tutto ciò la corte non abbia nulla da dire. Oggetto del procedimento è in apparenza un altro, in questo caso tre reati che hanno fatto cilecca: quello di strage perché non proponibile, pare, quello di sequestro dio persona perché ormai prescritto, l’omicidio per il quale ci si ferma alla cosiddetta insufficienza di prove (articolo 530 comma due).
Il risultato è che dopo tanti anni un processo faticosamente costruito attraverso due continenti non riesce ad arrivare da nessuna parte.
Per chi aspettava un minimo di giustizia vedere un aguzzino tornare libero non è il massimo. Se non altro, se ci fosse stato il reato di tortura, le cose non avrebbero potuto andare così.
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