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Un ragazzo di 14 anni ucciso dalla polizia a Sidi Bouzid, la città in cui sette mesi fa è nata la rivolta tunisina

Tunisia: Thabet Belkacem, 14 anni, ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato dalla polizia nella città in cui è iniziato tutto, Sidi Bouzid.

Un ragazzo di 14 anni è morto la scorsa notte nel corso di scontri violentissimi tra manifestanti e polizia a Sidi Bouzid, la città dove il 17 dicembre scorso  un giovane commerciante ambulante, Mohammed Bouazizi, si diede fuoco dando inizio alla “rivoluzione dei gelsomini” che ha portato alla caduta del presidente Ben Ali, al potere da 23 anni e condannato in contumacia a 35 anni di carcere.

Il ragazzo si chiamava Thabet Belkacem e, secondo quanto riferisce Semir Al Meliti capo della polizia della città all’agenzia tunisina Tap, sarebbe stato ucciso da un proiettile vagante che l’ha colpito all’addome. Secondo fonti sanitarie citate dall’agenzia France Presse, il ragazzo è spirato nell’ospedale di Sidi Bouzid. Il suo corpo è stato portato nell’istituto di medicina legale dell’ospedale di Sfax, dove sarà eseguita l’autopsia. Altre due persone sono rimaste seriamente ferite. Una, in gravi condizioni, è stata trasferita dall’ospedale di Sidi Bouzid a quello di Sfax.

Stando a quanto riferito dalla Tap, la polizia ha aperto il fuoco rispondendo al lancio di bottiglie incendiarie contro alcuni agenti. Gli scontri sono andati avanti per quasi tutta la notte e nove dimostranti sono stati arrestati.

Ora il timore, espresso anche da Maya Jribi, segretario generale del Partito democratico progressista tunisino, è che possano essere rinviate le elezioni, fissate per il 23 ottobre: “La rivoluzione dei gelsomini ha realizzato i sogni di libertà e di cambiamento del popolo tunisino. La rivoluzione ha dimostrato al popolo che quel sogno poteva essere realizzato. Ora, per raggiungere il nostro obiettivo fino in fondo, non ci resta che andare alle elezioni”.

La leader politica ritiene legittimi i timori di chi teme che ci possa essere un rinvio delle elezioni, “ma noi siamo ottimisti  – afferma – perché crediamo che un popolo in grado di far cadere un dittatore sia in grado anche di superare queste difficoltà”. “Purtroppo di recente c’è chi ha chiesto il rinvio delle elezioni – spiega ancora la Jribi – Si tratta di persone che non vogliono andare al voto e pongono degli ostacoli spingendo le istituzioni del paese a scontrarsi”. A proposito dell’operato del governo transitorio tunisino, Maya Jribi ricorda che “si tratta di un esecutivo che non ha la bacchetta magica: la situazione è molto pericolosa e resto convinta che il governo sta portando il paese verso le elezioni”.

Da El Watan:

“Il y a eu d’importantes confrontations jusqu’à tard dans la nuit à Sidi Bouzid et à Regueb”, une ville un peu plus au sud, a indiqué à l’AFP un syndicaliste sur place, Ali Zarai, qui a confirmé la mort du garçon.
“Les gens de Sidi Bouzid sont en colère. Six mois après la révolution, ils n’ont toujours rien vu et manifestent contre le gouvernement de Béji Caïd Essebsi”, a-t-il ajouté.
Selon lui, la situation était calme lundi midi à Sidi Bouzid.
Un hélicoptère de l’armée survolait la ville, mais les forces de l’ordre sont rentrées dans leurs casernes, selon un responsable associatif, Adib Issaoui.
“Les habitants de Sidi Bouzid sont sous le choc. On n’avait pas vu une telle violence depuis la révolution”, a déclaré M. Issaoui à l’AFP.
Selon lui, un groupe de 200 à 300 jeunes ont commencé à manifester dimanche soir vers 23H00 (22H00 GMT) devant l’université Bourguiba. “Ils ont jeté des pierres en direction des policiers”, a-t-il relaté, en estimant que la manifestation n’avait “rien de spontané” et en s’inquiétant de “manipulations politiques”.
Depuis quelques jours, les manifestations violentes se multiplient dans plusieurs villes de Tunisie. Au cours du week-end, des postes de police ont été attaqués à Tunis, Menzel Bourguiba (nord), Sfax et Kairouan (centre), selon le ministère de l’Intérieur, qui a accusé “certaines forces extrémistes” de vouloir “déstabiliser” le pays.
Sidi Bouzid se situe dans le centre de la Tunisie, région défavorisée où a commencé à la mi-décembre 2010 le soulèvement populaire qui a abouti à la chute du président Zine El Abidine Ben Ali le 14 janvier.
L’immolation d’un jeune vendeur de légumes de Sidi Bouzid avait déclenché les émeutes qui ont ensuite essaimé dans tout le pays.
Depuis la chute du régime Ben Ali, les grèves et manifestations se sont multipliées dans le pays et la colère monte face à la lenteur des changements.
La Tunisie compte quelque 700.000 chômeurs selon les estimations officielles, et l’économie est officiellement en récession.

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