Una recensione dei Mille uscita il 5 ottobre su “Il mattino di Padova”, “La Tribuna di Treviso” e”La Nuova” di Venezia.
Ma che fine fecero i Mille di Garibaldi?
Edoardo Herter, da Treviso alla Patagonia. E’ questo medico garibaldino dei Mille a fare da collante alle storie raccontate da Paolo Brogi in La lunga notte dei Mille (Aliberti editore), che sarà presentato venerdì alle 18,30 con Mario Isnenghi alla Libreria Lovat di Villorba e sabato alle 18 con Eva Cecchinato alla Lovat di Padova. Herter era un giovane cresciuto nel Veneto, laureato poi a Pavia, che dopo la Spedizione del 1860 decise di lasciare il paese in cui non si riconosceva più e scelse la via dell’emigrazione e del volontariato laico. L’illustre dimenticato riemerge ora con nitidezza dalle pagine della lunga perlustrazione di Brogi. Epicentro dell’odissea di Herter un paesino sperduto delle pampas argentine, Tapalqué, dove il medico trevigiano morì nel 1889. Con Herter nel paese latinoamericano vengono rintracciati altri dei Mille, riparati a Buenos Aires a fare lo scrivano, l’ingegnere, il “pulpero” cioè il pizzicagnolo. Sono queste dunque alcune delle risposte molto vivide all’interrogativo che ha originato il libro, è cioè che fine fecero i Mille di Garibaldi negli anni successivi al 1860. Nel testo ci si sofferma su oltre duecento dei Mille, anche se le storie più seguite sono una cinquantina. Tanto basta però per ripercorrere le vicende dei garibaldini fino alla morte dell’ultimo dei Mille, nel 1934, e soprattutto per riportare a galla un destino pieno di luci e ombre che vede i reduci della spedizione impegnati su un arco di fronti in cui niente sembra loro risparmiato: il lager in Siberia, la morte in isole lontane dell’Indonesia, la rotta del colonialismo ad Adua, il missionariato laico in terre sperdute, per qualcuno perfino la Guerra di Secessione americana, il carcere, il manicomio, il suicidio. Herter non è l’unico veneto del libro. Oltre a Ippolito Nievo, ecco i veneziani Luigi Marchetti e il figlio Bepin (il più piccolo dei Mille, nel ’60 aveva appena 11 anni), insieme all’altro giovane come Domenico Cariolato. Una menzione speciale per Cristiano Lobbia, infine, il primo a denunciare nella nuova Italia uno scandalo finanziario, la privatizzazione della Regia Manifattura tabacchi voluta dai suoi amici della destra garibaldina.