Il voto tunisino: il partito islamico Ennadha affitta pullman in Italia per portare a votare connazionali che magari non avrebbero votato, ma i maneggi sono diffusi anche in Tunisia stessa e a Kairouan – la seconda città del paese –la lista Ennadha è arrivata a un passo dall’essere
annullata. Una corrispondenza di Raja ElFani:
Guerra democratica in Maghreb
di Raja ElFani
Le elezioni tunisine sono state una lunga battaglia, oltre a quella politica regolata a colpi di mosse spudorate od ipocrite, si è combattuto soprattutto sul fronte civile contro attacchi prevedibili, azioni illecite multiple. Nonostante le denunce degli osservatori venuti dall’estero, e nonostante il coraggio di alcuni cittadini che hanno affrontato intimidazioni e aggressività per difendersi dalle effrazioni, gli scrutini sono andati avanti. Il lavoro dell’ISIE è stato per lo più di mantenere un’apparenza di ordine con scrupoli diplomatici, sostituzioni all’ultimo dei presidenti più sospettosi degli uffici elettorali, discorsi concilianti.
A Roma, l’ultimo giorno delle elezioni all’estero, il consolato della via Montecristo è stato preso d’assalto da intere famiglie portate dalla provincia in pullman per lo più non atte a votare. Operazioni da “partito del panino”, così viene comunemente canzonato dai tunisini ogni partito raccoglitore di greggi, che raccatta gli elettori come organizzerebbe gite con panini. Nella tenda allestita nel giardino qualcuno ha improvvisato preghiere collettive mentre altri creavano confusione nell’atrio affollato delle registrazioni. Gli impiegati erano lasciati a loro stessi, con solo una pattuglia di carabinieri italiani fuori dal cancello per la ressa.
Una diecina gli agitatori pro Ennahda che hanno comprato i voti dei più ignoranti sotto gli occhi di tutti, mentre d’altra parte tentavano di dividere uomini e donne in due file. In molti hanno resistito al ricatto delle donne in velo erette in paladine della moralità, come Arbya attivista del partito dei lavoratori del sindacalista Hammami e proprietaria di un ristorante a Monti che risponde alle telecamere di Al Jazeera e Hannibal Tv denunciando l’affare degli sms esche di Ennahda a campagna chiusa. Il partito islamista ha comprato per migliaia di euro elenchi di numeri privati di cittadini tunisini anche all’estero. La reazione non si fa aspettare, qualche elemento sabota l’intervista a pugni e sputi, in mezzo vispa una donna velata con bambino evidentemente reclutata anch’essa, i carabinieri entrano a dividerli ma li rilasciano poco dopo. Gli stessi hanno aspettato la chiusura del consolato e il buio per assalire un attivista di Ettakatol, partito socialista di Ben Jaafar.
Stessi metodi in tutta la Tunisia, ieri nei comuni più popolari con inseguimenti di giornalisti. Il caso più clamoroso è a Kairouan, la prima città islamica del Maghreb, dove quasi si era riuscito ad annullare la lista Ennahda per ulteriori stratagemmi. La Tunisia si dimena contro il rigurgito conservatore nonostante riecheggia anacronistico il discorso di Abdeljalil, presidente del CNT libico che proclama la Shariaa al posto del sistema legislativo corrente. Oggi le prime tabelle di risultati giungono con una maggioranza per Ennahda, seguono Ettakatol e il CPR di Marzouki che può vantare il logo più perspicace della campagna (un inconfondibile paio di occhiali).
Qualcuno dei partiti chiamiamoli d’opposizione, come da programma applica già un codice di deontologia formalizzando un’intesa improbabile con il partito vincente. L’annuncio dello spoglio ufficiale è previsto per martedì 25 ottobre, tutto il tempo di accusare il colpo e di meditare sui benefici di un sistema obsoleto, di una democrazia inadeguata al fermento progressista di cui gli sforzi strategici indeboliscono i contenuti.
Raja ElFani