Riempire un teatro per parlare di garibaldini può sembrare una vera scommessa. Eppure al Colosseo Nuovo Teatro di Roma, lunedì 12 dicembre, è andata bene. Teatro pieno, applausi, due ore e un quarto di letture intense e musica, facce contente, perfino il lusso di momenti di quialche commozione.
Partenza come previsto alle 21,15, sul telone tirato giù sul fronte palco si proiettano le immagini di “Noi credevamo” di Mario Martone, la scena è quella dei garibaldini prima di Aspromonte, la colonna sonora è “Camicia rossa garibaldina”. Un primo applauso. Su il telone, ecco Piero Brega con Oretta Orengo, lui alla chitarra, lei al corno inglese: suonano l’Inno di Garibaldi.
Seguono Les Canuts, con Mariolina Mallo che intona “La morte dell’Anita”, Mariolina ha avuto un calo di voce ma ce la mette tutta (in tasca ha una confezione di pastiglie ormai quasi tutta consumata).
Scende di nuovo il telone ed ecco la scena finale del film di Martone, con Lo Cascio che si aggira funereo e sconfitto dentro Palazzo Carignano. Spiega il disincanto, la disillusione…Il tema è avviato.
Torna su il telone, finalmente si può apprezzare ben illuminata la scena di fondo, una grande tela (sei metri per quattro) su cui l’ingegno di Giancarlino Benedetti ha ideato Garibaldi e i suoi garibaldini. Macchie rosse, sembra davvero una piccola parata, Giancarlino si è impegnato.
Comincia allora con Marilù Prati la sfilata di amici attori e testimonial che leggono brani da “La lunga notte dei Mille”. Marilù però esordisce con un brano del Giovane Holden, quello in cui il giovane Caulfield si chiede dove vadano a finire le anatre del laghetto di Central Park quando lo specchio d’acqua gela…
E poi? Ecco Marco Solari che racconta lo scioglimento (cruento) dell’esercito garibaldino dopo la Spedizione. E poi Patrizia Bettini alle prese con la “pensione” per i reduci, Carlo Ambrosoli (con un cappello fantastico garibaldino in testa) sulla Calabria, Franco Cordelli col chiodo conficcato nella testa del povero suicida Francesco Piccoli, Stefano Quatrosi con l’emigrazione verso l’America, Carmen Giardina col povero Scaluggia finito nel torrente Mella. E ancora: prima di Manuela Kustermann alle prese con i bergamaschi finiti in Siberia ecco di nuovo Marilù Prati con la storia di Carlo Bonardi. Intanto scorrono le canzoni, da Garibaldi fu ferito a Il Sirio ad Amore mio non piangere, l’Inno dei martiri piemontesi e l’Uselin del Bosch.
Impennata d’attenzione con Renato Nicolini, pronto a una decisa identificazione col sindaco Luigi Pianciani.
Brunella Diddi e Stella Sofri riportano varie pagine dal loro bel libro appena uscito da Sellerio, “Roma 1849, gli stranieri nei giorni della Repubblica”. E così il panorama si arricchisce di olandesi, svizzeri, americani…
E poi? Si torna a “La lunga notte dei Mille”: Marco Foroni alle prese con la Sicilia descritta dal prefetto Carmelo Agnetta. Ora in scena salgono in due: Alessandra Vanzi che deve dar conto della miserrima storia di Rosalie Montmasson, moglie defenestrata da Francesco Crispi, e Stefania “Paperina” Maggio che la accompagna con un sax suonato alla Garbarek. Tornano poi la Kustermann (il contadino Nuvolari che denuncia il clientelismo meridionale) e Giardina (col testamento del povero Bertani) seguite da Paolo Fallai che ripercorre le meste peripezie di alcuni orfani e di qualche garibaldino molto povero. Più Jean Léonard Touadi che grazie a Ergisto Bezzi antocolonialista può affrontare il capitolo spinoso del colonialismo crispino.
Si arriva così dopo una bella “Camicia rossa garibaldina”, cantata da Graziella Antonucci con Marco Quintiliani alla chitarra, al finale con la descrizione delle commemorazioni a Quarto (Marco Solarì) e la morte degli ultimi dei Mille (Vanzi, affiancata sempre da una scatenata Paperina stavolta cantante).
Ed ecco una sorpresa: sale su Elena Somarè con la sua specialità, fischiare musica. Stavolta tocca all’inno di Mameli. Un gran successo.
Concludo io ringraziando pittori, musici e lettori, oltre ai gestori del teatro Ulisse e Simone. Devo ricordare poi Franco Marrone e una vecchia vicenda legata al nome di Pino Pinelli, poi è la volta dell’elenco dei nomi delle diciassette vittime di Piazza Fontana. In fondo ieri era proprio il 12 dicembre…
Che dire? Serata unica e irripetibile. Con molti che si sono incontrati dopo parecchio tempo. Presente anche una delegazione venuta da Viterbo, un vecchio amico che vive a Berlino e un paio di giapponesi arrivati lì chissà come.
Il tutto è stato ripreso da e-strteamintg, appena i video saranno cari cati sul web forniremo la relativa stringa…