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Le tre sorelle Spizzichino

Riconsegnate le tre pietre d’inciampo che erano state divelte in via Santa Maria in Monticelli, di fronte al portone del 67.
A prenderle in consegna dai carabinieri di Piazza Farnese è stata Emma, la nipote delle tre sorelle Spizzichino – Elvira, Letizia e Graziella – morte nei campi di sterminio nazisti.
Le pietre saranno donate al Museo della Shoah di Roma, mostreranno con i loro tagli e colpi ricevuti quanta strada c’è ancora da fare sul cammino della memoria.
Alla “pietra” di Letizia Spizzichino morta a Bergen-Belsen manca purtroppo la lettera iniziale la L, tra le tre pietre d’inciampo è quella che subito maggiori danni. I muratori hanno picconato per ordine dell’inquilino dell’ultimo piano, il farmacista che li ha mandati a toglierli a suon di picconate. Ma anche le altre due pietre hanno subito quel che hanno subito. Francamente fanno un po’ impressione.
Emma, la nipote che le aveva ordinate, ha di nuovo fatto richiesta per altre tre nuove pietre d’inciampo all’artista Gunter Denmig che sta già rifacendole ex novo. Emma è costretta a pagarle di nuovo, non è una grande somma ma è la somma dovuto a un insulto, un oltraggio.
Oggi Emma ha telefonato alle sue tre sorelle che vivono tutte e tre in Israele e che si chiamano quasi come le zie scomparse nei campi. Ha chiamato Lucia la più grande che vive in un kibbutz, poi Letizia che vive in un villaggio educativo, infine Graziella che risiede a Yahud. Portano tutte e quattro il nome del padre, era la loro mamma Rosa che di cognome faceva Spizzichino e che era la sorella di Elvira, Graziella e Letizia, le tre giovani donne morte nei campi di sterminio.
Rosa è l’unica che riuscì a salvarsi quell’8 maggio del 1944 quando per una spiata fascisti in camicia nera andarono a bussare a casa loro e si portarono via le altre tre sorelle. Rosa per salvarsi si gettò di sotto dalla finestra. Poi per tutta la vita ha portato con sé la “colpa” di essersi salvata.
Sua figlia Emma ha scritto un racconto sulla storia terribile delle sue tre zie, è pubblicato nel libro di Pupa Garribba “Donne ebree”.
Emma le ricorda in questo modo:
“Erano sarte, ricamatrici, furono portate a Regina Coeli l’8 maggio, ci sono restate un po’ di giorni prima di essere trasferite al campo di Fossoli, in Emilia. In carcere si preoccupavano dei pezzi di stoffa dei loro clienti, non sapevano come restituirli. Hanno buttato fuori dalle celle alcuni pezzetti di carta, un paio, c’è una lettera del 12 maggio. Poi sappiamo che erano al campo di Fossoli fino al 26 giugno, quando sono partite per Auschwitz, Elvira, che aveva solo 16 anni, è stata uccisa subito all’arrivo nel campo, il 30 giugno. Le sue sorelle sono morte invece a Bergen Belsen. Graziella dopo la morte dell’altra sorella Letizia, si è lasciata morire…”.
Il treno che le ha portate via da Roma era la Tradotta 13, ancora pochi giorni e la città sarebbe stata liberata dagli Alleati il 4 giugno. Le tre sorelle Spizzichino sono state fatte salire sul treno della morte – uno degli ultimi – quando la libertà era ormai vicina. A tradirle erano stati degli sfollati che gli Spizzichino avevano assistito in quei primi mesi del ’44, furono quegli sfollati a intascare le lire della vergogna che i nazifascisti garantivano alle spie e ai delatori che consegnavano ebrei.

Domani, nel giorno della memoria, le tre pietre delle sorelle Spizzichino saranno portate da Emma in un liceo di Rieti dove è stata invitata per ricordare la Shoah.

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