I precari nell’informazione, una vergogna. “Errori di stampa”, l’associazione dei giornalisti precari
di Roma, ha presentato oggi un dossier sulla situazione: 2000 i precari stimati a Roma, pagati malissimo. Ma soprattutto – aggiungo io – ricattabilissimi e con scarsa libertà. Qui di seguito il loro comunicato-denuncia:
Se volessi avere mille euro al mese… dovrei lavorare quaranta giorni
su trenta. È questa la realtà di moltissimi giornalisti romani,
secondo ciò che emerge dal primo autocensimento sul precariato nel
settore dell’informazione, realizzato dal Coordinamento dei
giornalisti precari di Roma, Errori di Stampa.
Perché un censimento
Sono più di duemila i giornalisti precari che lavorano a Roma,
impegnati in tutte le testate, dalla carta stampata alla tv, dalle
agenzie di stampa alla radio. Si tratta di professionisti, pubblicisti
o non iscritti all’Ordine, costretti spesso a collezionare tre o
quattro collaborazioni con testate diverse per arrivare a uno
stipendio appena dignitoso. Il coordinamento Errori di stampa ha così
deciso di realizzare per la prima volta un autocensimento che
raccogliesse i reali numeri del precariato giornalistico capitolino, i
veri tariffari applicati dagli editori e le storie di coloro che hanno
subito sulla propria pelle le conseguenze di questo sistema, iniquo e
senza regole.
Per mettere insieme dati il più possibile attendibili, abbiamo cercato
l’aiuto dei comitati di redazione delle testate, locali e nazionali,
attive su Roma, basandoci su un elenco pubblicato sul sito
dell’Associazione Stampa Romana. Ci hanno risposto in pochi, spesso
“timidamente”. Per questo abbiamo deciso di servirci del “fai da te”,
attivando una rete informale di colleghi, contrattualizzati e non, che
ci hanno dato una mano a tirare fuori, se non un documento
scientifico, una fotografia realistica della realtà romana al dicembre
del 2011.
Il numero dei precari e la giungla dei contratti atipici
I principali quotidiani si avvalgono di un numero di collaboratori a
due o tre cifre. Lo stesso vale per radio, agenzie di stampa e tv. Ma
qui l’anomalia vera è costituita dalla moltitudine di contratti
atipici: cococo, cocopro, stage gratuiti, lavoro nero, borderò,
partite Iva, Frt, cessione dei diritti d’autore, contributi di
solidarietà, tempo determinato, indeterminato con facilità di
licenziamento senza tutele né indennità e con un preavviso di appena
30 giorni. Per non parlare degli assurdi inquadramenti per
“risparmiare” sul costo del lavoratore: consulenti, autori,
programmisti, assistenti, segretari e addetti alla redazione.
Tornando a un conteggio totale dei precari del giornalismo romano,
abbiamo aggiunto agli oltre 800 precari della carta stampata che
emergono dal censimento, i precari delle tv e soprattutto di Sky e
della Rai, oltre a quelli degli uffici stampa politici attivi nella
capitale. Dalla nostra stima finale, i giornalisti precari romani
arrivano almeno a 2000 unità.
I tariffari della vergogna
In questa giungla si muovono i cosiddetti “freelance”: autonomi non
per vocazione e per scelta, ma per necessità e mancanza d’alternative,
costretti a vendere il proprio lavoro “al pezzo” o “al servizio”. E i
compensi per le prestazioni offerte si commentano da soli. A seconda
dell’azienda, variano dai 5 ai 120 euro lordi a pezzo, con una media
che si aggira intorno ai 30 euro. Senza calcolare i costi che la
realizzazione “self-made” di un articolo comporta: telefono,
connessione, attrezzatura (es. videocamera). Proprio a partire da
questa media, abbiamo calcolato che se un giornalista precario a Roma
volesse guadagnare 1000 netti al mese, dovrebbe scrivere un articolo
al giorno, tutti i giorni, senza ferie né malattia… e per 40 giorni al
mese. Esistono, poi i fissi forfait, “concessi” ai collaboratori
assidui, che variano dai 300 ai 900 euro lordi, a prescindere dalla
mole di lavoro richiesta. Se consideriamo che solitamente è quotidiana
o quasi, ci si rende facilmente conto del livello di iniquità dei
compensi. Tanti, troppi, sono anche i casi in cui non vengono
rispettati i tempi di pagamento, slittando di giorni, settimane, mesi
o addirittura anni, senza considerare le testate che ritengono
“normale” che i collaboratori non vengano pagati, o le proposte di
assidue prestazioni giornalistiche in cambio della possibilità di
diventare pubblicisti.
La denuncia di Errori di Stampa
A fronte di questi dati allarmanti il Coordinamento Errori di Stampa
chiama ad una riflessione tutti i colleghi, gli organi rappresentativi
della categoria, il governo: un’informazione affidata a professionisti
precarizzati e sottopagati non è un’informazione libera. Il rischio
non riguarda solo la vita di migliaia di giovani lavoratori, perché
senza un’informazione libera è la stessa democrazia ad essere
compromessa. Ecco perché chiediamo due cose. Alla politica che, entro
la fine della legislatura, sia approvata una Legge sull’equo compenso
del lavoro giornalistico. Al sindacato e all’Ordine dei Giornalisti
che, entro la fine dell’anno, sia presentato un censimento ufficiale
dei precari del giornalismo e dei tariffari in uso, azienda per
azienda, e che questo censimento diventi lo strumento da cui
pianificare urgenti interventi a tutela della dignità professionale e
del lavoro dei giornalisti precari.
Roma, 16 febbraio 2012
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