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La conferenza a Tunisi sulla Siria

Amici

di Raja Elfani

Correggono il tiro, dopo la colossale campagna mediatica per un intervento in Siria, i “Friends of Syria”, nome della prima Conferenza Internazionale sulla crisi siriana organizzata al Palace Hotel della costa di Gammarth. Tunisia eletta Svizzera della questione araba accoglie 60 ministri degli Affari Esteri e rappresentanti di Stati amici, tra atlantisti e Lega Araba. Ecco una occasione che ammutolisce islamisti e laici: assenti le organizzazioni civili delle due tendenze alla manifestazione fuori, svaniti anche gli attivisti ma pronto il nocciolo volontario, quello che ci vede una minaccia alla Palestina e basta.

All’interno, il Presidente Marzouki apre i giochi con una proposta d’immunità giudiziaria per Bashar Al Assad insistendo sul rifiuto di un intervento armato ripreso poi da Jupé. La Francia oltre ai suoi giornalisti morti e feriti da rimpatriare deve negoziare la liberazione dei suoi militari appena catturati dalle forze di Assad, per cui ha rimandato ieri il suo ambasciatore  a Damasco. La Clinton modera i toni seppur propensa al castigo. Il principe saudita Al Faysal lascia la stanza per significare la debolezza della consensuale soluzione umanitaria e torna a promulgare l’urgenza di un intervento militare. Il CNS, proprio oggi dichiarato dagli Europei principale nodo di opposizione siriana, mitiga il vittimismo accontentandosi di un accordo sull’armamento dei combattenti mescolati ormai a quelli di Al-Qaeda. La Conferenza si chiude sulla temperanza con i ragionevoli Corridoi umanitari (verso Turchia, Libano e Giordania) rimandando tutto al prossimo incontro a Istanbul (metà marzo).

Non hanno partecipato Russia e Cina, fronte orientale che finisce per incrinare la fattibilità di un intervento internazionale più diretto, rimasto tuttora inopportuno. Oltre al Libano che si è solo astenuto, l’Algeria in programma del tour della Clinton in Africa manifesta a distanza la sua irritazione per l’improvvisata logica unitaria degli arabi. La delocalizzazione a Tunisi del registro Onu è il soft power del momento. Certo la strategia popolare statunitense è messa a nudo ma la logistica bellica non abbastanza presagita. Da chiedersi come mai i dittatori uscenti non rivelano nella loro dipartita le fondamenta del potere locale.

Intanto Assad, oltre all’assedio di Homs, organizza il voto per la riforma di domenica con una intensa mobilitazione cittadina nelle piazze. La UE promette di gelare da lunedì i conti del gruppo di Assad sperando di farlo capitolare con le buone. Qualcuno si ricordi che la Siria è in attesa della sua nuova struttura nazionale, quella che la promuoverebbe come paese multilateralista. Non solo cardine di una tensione geopolitica.   _ Raja ElFani

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