Informazioni che faticano a trovare spazio

La Siria e il mondo che guarda

Un’analisi sulla emergenza siriana, di Raja Elfani per questo blog. Apprezzandola, rimarchiamo però  le divergenze a partire dalla deprecazione che s’intuisce nell’articolo di un intervento che non essendoci non interrompe i massacri. Massacri che purtroppo continuano ad Homs e non solo lì, Ricordate Sarajevo?

Coordinazione araba globale

di Raja ElFani

Si fa più chiara la spartizione dei ruoli nella diplomazia araba. La causa siriana è al centro di rimaneggiamenti cruciali. Questo pomeriggio all’Assemblea Generale Onu, la Commissaria Human Rights Pillay ha denunciato il crimine contro l’umanità in Siria. Scatta l’autorità del Bene e della Pace.

Dopo la riunione della risorta Lega Araba al Cairo ieri dove il Ministro Terzi comunica finalmente la posizione italiana, il Presidente tunisino Marzouki annuncia una Conferenza Internazionale sulla Siria a Tunisi il 24 Febbraio. Quella del Cairo è stata volta alla pianificazione dell’ingerenza internazionale con la vecchia ricetta Caschi Blu, quella di Tunisi è la delocalizzazione dell’iniziativa turca rincentrata più prudentemente sull’amicizia filoaraba. Tunisi deve soprattutto rassicurare gli investitori e le aziende occidentali che minacciano di chiudere, per cui la conferenza sarà contemporaneamente collegata alla sicurezza locale del traffico delle risorse sahariane: rilanciare l’idea del Maghreb Unito significa rinforzare l’itinerario delle strutture di rifornimento per l’estero.

La Russia, con Lavrov protagonista della diplomazia asiatica, è alla ricerca della formula giusta per l’utilizzo pacifico della forza, ossimoro prebellico che non ha una retorica nel continente orientale. La congettura su cui medita invece il blocco occidentale è la democratizzazione dell’azione islamista, ossia ciò che dalla guerra in Iraq era considerato terrorismo. Al-Assad finge di riciclare questo slogan obsoleto americano per giustificare una comunque necessaria difesa nazionale. Come in Tunisia e in Egitto la lotta profonda in Siria è fra le due facce del potere conservatore arabo. Squalificati i collaborazionisti, gli islamisti inscenano ora una coesione utile per la successione dei rapporti internazionali nella regione.

Si capisce meglio l’accelerazione generale del processo di legalizzazione dei gruppi fin qui scomodamente rimasti clandestini, e la proposta di riconoscere in sede Onu la CNS, resistenza siriana scoordinata malgrado l’autoproclamato Esercito Libero e senza un esecutivo centrale. In Tunisia Marzouki manifesta la stessa spinta alla identificazione politica di organizzazioni latenti al fine di vanificare l’accusa di oscurità predisposta dai progressisti. Intanto la schizofrenica coalizione eletta per un anno in Tunisia tenta di occultare giuridicamente la transizione avviando una caccia alle streghe contro l’epiteto “provvisorio” puntualmente ricordato dalla stampa. Sarebbe il caso di allargare il concetto alla politica internazionale che ha molte difficoltà a normalizzare una strategia comune, come attesta il rifiuto francese di allinearsi all’ordine americano di chiudere le ambasciate in Siria. Ma in realtà, siamo di fronte a una differenza di trattamento della stessa tendenza strategica. Al centro di questi problemi di sincronismo vi è una carenza istituzionale, per cui le risoluzioni Onu non sono più adatte alla gestione globale, fosse solo formale, delle emergenze. I discorsi all’Onu con l’usuale pacchetto di sanzioni scavano una ignobile incapacità politica ad elaborare criteri di cooperazione preventiva. Per esempio: ratificando il dialogo sotto forma di azioni per discreditare una volta per tutte l’applicazione spudorata dell’intervento.

Raja ElFani

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