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Amelio-Camus: dalla parte di chi lotta, ma non contro mia madre…

C’è un momento emozionante nel film di Gianni Amelio “Il primo uomo” ed è quando il protagonista – lo scrittore che autobiograficamente Albert Camus chiamò Jacques Cormery nel suo ultimo manoscritto da cui è tratta la pellicola – dice in un intervento radiofonico all’Algeria che sta lottando per la sua indipendenza;: “Algerini, io sto dalla vostra parte per la lotta per la libertà, ma non contro mia madre”.

Camus-Amelio stanno dalla parte delle vittime di quello che fu solo triste colonialismo. Altrettanto però ne rifiutano la violenza. Il loro uomo crede in un paese dove francesi e algerini possano convivere pacificamente sotto la stessa bandiera. Un messaggio di pace, con gli occhi e la voce di un pied noir d’eccezione che cerca di mantenere vivi i suoi affetti per il compagno di scuola, il maestro che l’ha educato e ha creduto in lui, la madre analfabeta che è ancora lì pronta ad attenderlo.

Quel momento emozionante emerge nel corso di un racconto terso, controllato, pieno di pudore, che riporta forse il meglio di ciò che una parte dei francesi hanno dato allora contro la sporca guerra in Algeria. Ricordiamolo allora: in Francia contro la guerra in Algeria fu attiva fondamentalmemnte solo la rete Jeanson, i socialisti allora erano al potere e contro l’Algeria indipendente.

Amelio è uno dei pochi, come Pontecorvo tanti anni fa, ad essere entrato nella medina della ville blanche. Lì ha girato il suo film pieno di coraggio civile: basta scorrere le immagini della visita che il protagonista, invano dissuaso dai militari francesi, fa nella medina al suo antico compagno di scuola con un passato di scontro e rispetto.

Un film inusuale, lontano dalle piaggerie correnti, distante dal livore dell’occidente, un’opera fraterna e scabra, che però non è solo politica ma anche e soprattutto rivolta all’indagine sui legami di una famiglia in cui Amelio cerca di ritrovare i suoi fili calabresi. Un padre mai visto, una madre vicina, una nonna patriarcale e durissima, in due mondi uno accanto all’altro.

Forse un po’ troppo, allora, tanto da essere tenuto alla larga dalle vetrine europee ed italiane a partire dal festival di Venezia. Come ha raccontato Amelio “la mostra del Cinema di Venezia ha voluto ‘Il primo uomo’ dopo averlo selezionato. Il direttore del festival ha fatto una telefonata ai produttori francesi annunciando che il film veniva selezionato, ma è stato cancellato due giorni dopo“. “Successivamente Piera Detassis  mi ha chiamato chiedendomi ‘Il primo uomo’ per il Festival di Roma ma io ho detto di ‘no’, per rabbia. I produttori francesi hanno poi voluto portare il film a Toronto, senza che fossi d’accordo. Lì ha vinto l’unico premio, quello della critica, ma io non sono andato”.

Bella anche la musica di Felice Piersanti, brava la Maya, bravi il protagonista bambino e adulto, un film che rende onore a uno scrittore importante che oggi non legge quasi più nessuno. Peccato.

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