Domenica Pomeriggio. Ora di pennichella. Squilla il telefono. Numero sconosciuto. Decido di rispondere: Pronto? Dall’altra parte una voce maschile, con accento africano mi fa: Monsieur Aly c’est xxx! comment vous allez? Rispondo: ça va bien et vous? Risposta: ça va un peu! E aggiunge: j’espère que n’ai pas dérangé? Rispondo: Non pas de problème. Lui: Monsieur Aly j’ai besoin de vous parler. Gli faccio: Dites-moi. Mi risponde: Non je dois vous parler de vive voix est ce que vous pouvez me donner un rendez-vous. Gli fisso un appuntamento lundi pomeriggio alle 16.00 in centro. Lui ringrazia…
Ho incontro questo Signore oggi e mi ha fatto presente i suoi problemi: non ha il permesso di soggiorno e non lavora e deve curarsi perché ha una malattia che non puà curare in Africa. Mi lascio il curriculum. E’ una brava persona, un bravo cuoco che ho conosciuto un paio di anni fa a casa di un alto dirigente delle Nazioni Unite. Era il suo cuoco ha lavorato 3 anni a casa di quel diplomatico. Ma il suo datore ha finito il suo mandato ed è tornato nel suo paese. Lui ha perso lo status di lavoratore alle dipendenze di un diplomatico ma ha voluto restare per curarsi. Così è diventato clandestino e disoccupato. L’antropologia delle turbolenze si manifesta in diversi modi. E nel mio impegno pubblico ne ho visto tanti, di ogni nazionalità e età, ho aiutato decine di migliaia di immigrati a regolarizzarsi. Dopo avergli detto che ho presente i suoi problemi e che provavo senza promettergli nulla lui mi ringrazia. Prima di salutarmi mi dice con un tuono molto basso e lo sguardo abbassato: ho bisogno di lavorare e questa è l’urgenza. Sono disposto a fare qualunque cosa. Pensa non ho mangiato da ieri a cena. E a quel punto rimango di gelo perché non avevo soldi per pagargli un pannino. E nella mia testa i tanti pranzi di lusso che lui in diverse occasioni ci deliziava… Un cuoco professionista che ha problemi per mangiare. Mi sono vergognato di aver in qualche modo tradito la sua speranza. Quando ci siamo separati, giro l’angolo. Mi fermo. Alzo la testa al cielo. Mi rivolgo a Dio: dico Signore se sai che sono così impotente da non poter pagare un pannino ad una persona, Fa che non si rivolgono a me. Portagli tu il soccorso. A me pesa tradire la speranza. Ultimamente il senso di impotenza è un dato che mi accompagna. Tante persone che vengono con fiducia verso me e a cui non posso dare risposte. Io stesso ho problemi per dare risposte a me stesso. Puta caso oggi pomerggio dovevo incontrare un’amica per sottoporgli il mio di problema e così ci sono andato relativizzando molto le mie difficoltà. Travolto da un pensiero molto triste. Oggi se avessi potuto fare una magia… Così per mantenere la parola data chiedo a chiunque sappia di qualcuno che cerca un cuoco o un lavoratore per qualunque manzione mi faccia segno per aiutare quel signore!
(da Facebook)
Ali Baba Faye, sociologo africano, fondatore della prima associazione senegalese in Italia ecc
Ho incontro questo Signore oggi e mi ha fatto presente i suoi problemi: non ha il permesso di soggiorno e non lavora e deve curarsi perché ha una malattia che non puà curare in Africa. Mi lascio il curriculum. E’ una brava persona, un bravo cuoco che ho conosciuto un paio di anni fa a casa di un alto dirigente delle Nazioni Unite. Era il suo cuoco ha lavorato 3 anni a casa di quel diplomatico. Ma il suo datore ha finito il suo mandato ed è tornato nel suo paese. Lui ha perso lo status di lavoratore alle dipendenze di un diplomatico ma ha voluto restare per curarsi. Così è diventato clandestino e disoccupato. L’antropologia delle turbolenze si manifesta in diversi modi. E nel mio impegno pubblico ne ho visto tanti, di ogni nazionalità e età, ho aiutato decine di migliaia di immigrati a regolarizzarsi. Dopo avergli detto che ho presente i suoi problemi e che provavo senza promettergli nulla lui mi ringrazia. Prima di salutarmi mi dice con un tuono molto basso e lo sguardo abbassato: ho bisogno di lavorare e questa è l’urgenza. Sono disposto a fare qualunque cosa. Pensa non ho mangiato da ieri a cena. E a quel punto rimango di gelo perché non avevo soldi per pagargli un pannino. E nella mia testa i tanti pranzi di lusso che lui in diverse occasioni ci deliziava… Un cuoco professionista che ha problemi per mangiare. Mi sono vergognato di aver in qualche modo tradito la sua speranza. Quando ci siamo separati, giro l’angolo. Mi fermo. Alzo la testa al cielo. Mi rivolgo a Dio: dico Signore se sai che sono così impotente da non poter pagare un pannino ad una persona, Fa che non si rivolgono a me. Portagli tu il soccorso. A me pesa tradire la speranza. Ultimamente il senso di impotenza è un dato che mi accompagna. Tante persone che vengono con fiducia verso me e a cui non posso dare risposte. Io stesso ho problemi per dare risposte a me stesso. Puta caso oggi pomerggio dovevo incontrare un’amica per sottoporgli il mio di problema e così ci sono andato relativizzando molto le mie difficoltà. Travolto da un pensiero molto triste. Oggi se avessi potuto fare una magia… Così per mantenere la parola data chiedo a chiunque sappia di qualcuno che cerca un cuoco o un lavoratore per qualunque manzione mi faccia segno per aiutare quel signore!