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Raja ElFani, tunisina, su ciò che esce dalle elezioni francesi

United States of Europe

di Raja ElFani

Farnese in festa, ieri le presidenziali francesi hanno dato luogo a una rimpatriata nel cuore di Roma tra impiegati dell’ambasciata e di altre istituzioni insediate. Accalcati per orgoglio anche i turisti francesi, astensionisti colti da un subitaneo rimpianto. Ma la nazionalità più multicolore d’Europa non unifica i suoi cittadini, davanti all’urna l’appello per nome e cognome ci regala una sinfonia etnica, e gli sbagli di pronuncia sono sintomo della distanza culturale. Il problema ha servito la campagna xenofoba del partito fascista dei Le Pen, una tara che i francesi non sanno nascondere malgrado lo shock del primo turno 2002 Chirac/Le Pen.

Per questa diversità ancora non assunta, Parigi non è New York per cui né Sarkozy né Hollande rappresentano una Francia globale. I due grandi partiti con i loro intellettuali non hanno elaborato una coscienza d’insieme sugli acquisiti coloniali. Al massimo hanno lasciato nella cultura media come una possibilità di evasione. Il razzismo francese ha dell’ottusità e del cinismo a differenza di quello ordinario italiano rimasto superstizioso ma compensato dall’universalismo della chiesa cattolica.

Una vittoria della sinistra è attesa a livello europeo, corrisponderebbe a nuove collaborazioni politiche, un rilancio dell’idea europea al quale Monti ci avvezza con il ripristino finanziario dell’Italia. La coalizione dei partiti analoghi d’Europa agevola la diffusione di una superpolitica europea oltre alle regole economiche. La Merkel ha sostenuto l’aspirazione mista nazional-europea con una proposta di suffragio universale per la presidenza della Commissione Europea, per molti percepita come la quarta dimensione del potere. Per Francia e Germania, l’Italia di Monti è l’anticipazione di un governo extra, quello che con la crisi ogni nazione europea ha avvertito. Sembra che l’Europa s’innesta meglio su nazioni morte, pessimo presupposto per il futuro Stato multinazionale.

Ma la svolta è ancora lontana vista anche la scarsa suggestione sui paesi arabi. Il 3° Friends of Syria si è svolto di soppiatto a Parigi, dove invocando la Nato si boicotta il Piano Annan. L’impazienza si fa sentire dietro le sanzioni e la prassi prebellica.

L’Egitto, faro della riuscita araba, torna alla ribalta dopo l’operazione di mediazione della grande università Al Azhar (dichiarazione di moderazione e di libertà religiosa) e provoca Israele sulla vendita di gas che rappresenta 43% del consumo nello stato ebreo. L’attenzione internazionale alla politica dei paesi arabi, è vero, crea scenari esclusivi. L’Egitto vive un colpo di scena al parlamento con l’annullamento di due candidature intoccabili (il rappresentante dei Fratelli Musulmani e l’ex capo dei servizi segreti) per le elezioni a fine maggio. Chissà se mai in Europa potremmo così semplicemente resettare i candidati fascisti. _ Raja ElFani

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