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Totò Cuffaro: “C’è un problema a fare il presidente della Regione Sicilia…”. Cuffaro parla nel mio nuovo libro “Uomini e donne del Sud”

Ho incontrato Totò Cuffaro in carcere. E questo dice sulla Sicilia: due presidenti prima di me e quello che mni ha seguito, per tutti sono nati problemi giudiziari. Evidentemente c’è un problema nella guida della Regione Sicilia…

L’incontro fa parte del mio nuovo libro “Uomini e donne del Sud” da ieri in libreria. Ecco il capitolo con Totò Cuffaro:

“Mi auguro che al prossimo Presidente della Regione Sicilia non succeda di essere incarcerato come me. Certo, che da Rino Nicolosi in poi fino a me e al mio successore non c’è presidente che non sia finito nei guai giudiziari. Sono arrivato alla presidenza con due governatori che mi avevano preceduto andati in galera, con quello prima ancora indagato e ho lasciato il posto a uno rinviato ora a giudizio prima di dimettersi. Direi che in Sicilia c’è qualcosa che non va …”.

Carcere di Rebibbia, a Roma. Al primo piano del G8 in una stanzetta per i colloqui Salvatore Cuffaro detto Totò entra con un foglietto in mano. I suoi appunti per un incontro a cui assiste un ispettore della Polizia Penitenziaria.

In Sicilia ferve la campagna elettorale per il rinnovo del consiglio regionale, Totò Cuffaro – a suo tempo baciato da un milione e ottocentomila voti – segue a distanza gli avvenimenti, come detenuto che ha già scontato due anni e ne ha altri quattro ancora da fare.

Ha scritto un libro intanto che parla soprattutto di questo nuovo mondo in cui è ora totalmente immerso, il carcere. S’intitola “Il candore delle cornacchie”. Cuffaro ricorda che le cornacchie della mitologia greca erano bianche, belle ed affabili, poi dopo aver tradito il mandato di Apollo sono state trasformate in nere, brutte e guardinghe. Le cornacchie sono di casa a Rebibbia, poco tempo fa hanno cercato di allontanarle col suono registrato dell’aquila. Sono sparite per tre giorni e poi tornate. “I detenuti che hanno commesso delitti si ritrovano con un’immagine imbrattata, come queste cornacchie che ci fanno compagnia  – dice Cuffaro -. Ma anche i detenuti hanno il loro candore…”.

Bisogna partire dall’imbrattamento, dunque. Cuffaro lo spiega così: “Aldilà delle responsabilità specifiche ho sbagliato, fatto errori, ero sottoposto a rischi, sono andato a sbattere, è grave  – premette -. Però se mi fosse successa la stessa cosa in una regione del Nord o del Centro non sarei in galera e non sarei stato condannato. Il rischio in Sicilia per chi sta in politica è più grave e obbliga la magistratura a un maggior controllo. E sia. Detto questo voglio ricordare che la mia esperienza politica è stata all’insegna dell’essere avvicinabile da tutti. Tutti sapevano che bastava venire e che io li avrei ricevuti. Ho fatto il presidente fino alle 20 di sera e poi fino a notte inoltrata ho ricevuto chi chiedeva d’incontrarsi con me. Questo mi ha certo creato difficoltà. In Sicilia è difficile quando incontri la gente evitare quella persona che risulta poi sbagliata. Ma vale la pena rinunciare all’incontro con tutti per una persona sbagliata? Oggi starei certamente più attento. Un consiglio? Quando c’è aria che qualcosa non funziona nel verso giusto bisogna evitare…Ma come fai ad evitarlo quando persone che sembrano cristalline ti arrivano per di più scortate da funzionari delle forze dell’ordine, salvo poi scoprire che erano persone sbagliate?”.

Totò Cuffaro ha fatto come ogni giorno i suoi 60 giri di campo equivalenti a 12 chilometri. Correre lo aiuta a stare in carcere. E a mantenersi pronto a difendere il suo punto di vista, su vari punti. Per cominciare c’è la crisi dei partiti…

“La storia si ripete, con la crisi si verifica anche una crisi delle forme di rappresentanza e dei partiti – ricorda Cuffaro -. Non si è trovata una forma di rappresentanza adeguata, gli stessi movimenti che nascono nella società tendono poi a trasformarsi in partiti. Bisogna tornare a rappresentare la gente dando una più forte rappresentanza ideale. Non mi pare che sia stato il caso delle aggregazioni maggioritarie presentatesi in Sicilia per la nuova scadenza elettorale del 28 ottobre 2012, , unite solo dalla voglia di vincere. Ma così dove vanno? Così che rapporto possono avere con la popolazione e con i problemi dell’isola?”.

L’oggetto delle brame è quel carrozzone della Regione a statuto speciale Sicilia criticata per i suoi ventimila addetti. Una cifra che fa subito agitare Cuffaro e che lo fa tornare bellicoso.

“La Lombardia ha solo 11 mila dipendenti, si dice così, è vero? – ribatte Cuffaro -. Questo parallelo tra gli 11 mila della regione virtuosa e i 20 mila della Sicilia spendacciona e clientelare non sta però in piedi. Glielo spiego subito perché: la Sicilia è una regione a statuto speciale e si occupa di problemi che altrove sono compito dell’amministrazione centrale dello Stato. Esempi? Nei beni culturali ci sono 5600 addetti in Sicilia, che sono “regionali” e che altrove stanno invece sotto lo Stato. Idem per l’agricoltura, con 2000 addetti, i trasporti con 900, i lavori pubblici con 700. Il Corpo Forestale dello stato si ferma a Reggio Calabria, in Sicilia diventa un corpo regionale. Perfino il Consiglio di Stato nella mia isola è sostituito dal Consiglio di giustizia amministrativa. Alla fine tirate le somme e vedrete che la Sicilia con le sue nove province non è diversa dalla Lombardia con altrettante province…”.

Già, ma le spese assurde imputate al suo successore? Cuffaro fa un sorriso e obietta: “Beh, guardando ciò che le indagini stanno scoprendo nelle varie regioni non mi pare un caso isolato…”.

Sono due i settori su cui secondo Cuffaro, al di là delle polemiche, occorre che la Sicilia si concentri se vuole guardare al futuro. Agricoltura e turismo.

“Occorre che l’agricoltura venga difesa di più –spiega Cuffaro -. So anche io che c’è chi compra olio da fuori e lo fa diventare siciliano. E si sa anche da dove vengono i pomodorini tipo Pachino, dalla Tunisia, dalla Turchia, dal Libano, da Israele, perfino la Libia ci sta provando ora. La Regione non ha particolari competenze in materia. Però può attivare i controlli sanitari sui prodotti, verificarne la tracciatura, questo lo può e lo deve fare…”.

“Nel turismo l’isola soffre di una grave mancanza di posti letto alberghieri. E’ successo che mentre in Versilia o a Rimini si costruivano alberghi di fronte al mare qui da noi si sono fatte case. Altrove sulle coste si produce, in Sicilia invece le coste sono piene di costruzioni ex abusive poi condonate…Abbiamo gli agriturismo, è vero, 1300. Ma questo settore serve ai siciliani, non a chi viene da fuori e vorrebbe un albergo. E se oggi in luglio o agosto cerchi una camera d’albergo spesso non la trovi”.

Quant’è lontana da Rebibbia però questa isola che produce le “Minne della Vergine” o i suoi duemila tipi di torrone, tutto quello straordinario prodotto che esce dalle pasticcerie siciliane. Totò Cuffaro, che grazie probabilmente allo jogging appare molto dimagrito e asciutto, ha occhi estasiati a parlare delle ricchezze dolciarie come le “minne”. “Sono citate nel Gattopardo, quei dolcetti a forma di seno con dentro la crema – dice -. Fanno parte della nostra offerta turistica, come la kubaida, quel miracolo di sesamo e pistacchi che ci è stato lasciato dagli arabi insieme al  cannolo e alla cassata…”.

Resta quel foglietto, quasi dimenticato, con cui Cuffaro si è presentato all’incontro. Lo scorre con lo sguardo. Gli appunti sono riferiti al carcere e dicono: “Accetto la galera con grande rispetto per le istituzioni, perché sono stato parte del sistema delle istituzioni e non posso sputarci oggi sopra. La giustizia va rispettata sempre…”. Totò Cuffaro aggiunge di aver visto la sera prima in tv un programma sul “fine pena mai”. “L’ergastolo non va bene per un paese civile, ce l’abbiamo ormai solo noi in Europa. Non si può togliere il futuro a un uomo. Io tutto sommato mi sento un detenuto con un futuro ma mi metto anche nei panni di chi sul fascicolo vede scritto quel fine pena mai…”. Fuori le cornacchie oggi sono in silenzio.

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