Come chiamarlo? Un partigiano? Sembra troppo. Eppure quello che ha fatto Ufgo Forno, 12 anni, qui sopra in pantaloni cortoi accanto a sua madre, è molto di più. Martedì 23 aprile l’Italia lo onora con una medaglia d’oro al merito civile. Gliel’ha assegnata il Presidente della Repubblica con un decreto del 16 gennaio. Martedì 23 aprile il prefetto di Roma la consegna al fratello di Ughetto, Francesco.
Però non ne avete sentito parlare, no? Anche la rete Due della Rai se ne parla, come l’altra sera, lo fa alle 0,40. Un po’ tardino. Io gli ho dedicato parecchi articoli sul Corriere, Felice Cipriani scoprendo il personaggio ci si è appassionato e ha scritto un libro (Edizioni Chillemi), Lorenzo Grassi giornalista gli ha dedicato un sito su cui trovate la sua storia e le altre notizie che lo riguardano, anche Legambiente si è mobilitata in particolare per ripulire una povera lapide che sotto il sindaco Walter Veltroni gli fu finalmente dedicata al Parco Nemorense. Ugo Forno ha anche una viuzza, in piena periferia, dalle parti di Malafede. Roba che si perde chissà dove. Le ferrovie cioè Trenitalia gli hanno intitolato il ponte sull’Aniene su cui sfrecciano oggi i Frecciarossa. E i suoi amici, con i suoi familiari a partire dal nipote Fabrizio, gestiscono un premio per le scuole che quest’anno alla sua prima edizione ha registrato parecchi interventi di coetanei di Ugo che si sono utilmente interrogati sul suo coraggio. Infine questa medaglia d’oro che riassume così la motivazione:
“Giovane studente romano – recita la motivazione dell’onorificenza alla memoria -, durante i festeggiamenti per la liberazione della città di Roma, appreso che i tedeschi, battendo in ritirata, stavano per far saltare il ponte ferroviario sull’Aniene, con grande spirito di iniziativa, si mobilitava, unitamente ad altri giovani, e con le armi impediva ai soldati tedeschi di portare a compimento la loro azione. Durante lo scontro a fuoco veniva, tuttavia, colpito perdendo tragicamente la vita. Fulgido esempio di amor patrio ed encomiabile coraggio”.
Ecco, Ughetto non era nessuno, nessuno in particolare con tessera in tasca o quant’altro. Era un bimbetto. Ma occhio ai bimbetti di questa statura. Il 4 giugno del ’44 gli americani entrarono in Roma dalla Prenestina. Diciamo a sud di Vescovio dove viveva invece Ughetto con la sua famiglia. La città festeggiava, a metà. Nell’altra metà, a nord e ad est, c’erano ancora i tedeschi. Era la guerra. Non si scherzava. Quelli volevano bruciarsi i ponti – e non solo – alle spalle. Ughetto glielo impedì, almeno sull’Aniene. Forse se il mondo girasse un po’ meglio qualcuno si sarebbe ricordato un po’ prima del valore di Ugo Forno, detto anche l’ultimo caduto della difesa di Roma. Perché morì per quel suo gesto. Quanti anni per arrivare a questo risultato di oggi. Ma almeno c’è. Una città riconoscente da quel dì gli avrebbe dedicato qualcosa a Vescovio, che oggi è invece ancora infestata di presenze e scritte fasciste.