Cofferati (Pd) riduce a inermi manifestanti anche i portuali del luglio ’60 che fecero cadere Tambroni. “Reagirono alla violenza della polizia…”
giovedì, 2 Maggio, 2013Stasera, a Servizio pubblico, è stato evocato il luglio ’60. A farlo è stato il professor Paolo Becchi genovese e Cinquestelle. Per dire che non sempre si è rinunciato alla violenza nelle manifestazioni di piazza.
Giorgio Cofferati l’ha “rimbeccato”, è il caso di dirlo, dicendo che nel luglio ’60 i manifestanti reagirono alla violenza della polizia. Siccome lui era in studio, da Santoro, e Becchi in un riquadro tv da collegamento televisivo, Cofferati ha avuto la meglio.
Pur dicendo sciocchezze.
Il 30 giugno del 1960 con l’occasione di un provocatroriuo congresso del Msi a Genova fu fatto saltare il governo Tambroni frutto dell’alleanza tra la Dc di allora e il Msi.
Come successe tutto ciò? Con una manifestazione che usando il gergo odierno “degenerò”. I manifestanti infatti sfilarono attraverso la città, partendo dall’Annunziata e finendo alla Foce per il comizio. Poi a manifestazione conclusa tornarono sui propri passi, ricero via XX settembre indietro e arrivati a piazza De Ferrari ne presero possesso cominciando ad insultare la Celere presente. La Celere partì con l’idrante e i caroselli di jeep. A quel punto i giovani che manifestavano, perlopiù portuali e operai del Ponente ligure, ingaggiarono un epico contro. Qui di seguito riporto una sintesi della voce Luglio ’60 di Wikipedia (andrebbe meglio il bel libro di Murgia che non ho sotto mano, ma vada per Wikipedia). Ecco:
Al termine della manifestazione parte dei manifestanti risalgono verso piazza De Ferrari, fermandosi lungo la strada sia davanti al teatro Margherita (controllato da gruppi di Carabinieri, che verranno provocatoriamente fischiati) sia davanti al Sacrario dei Caduti, dove vengono cantati degli inni della Resistenza.[31] I manifestanti giungono così in piazza de Ferrari, dove molti si fermano nei dintorni della fontana centrale: qui sono presenti alcuni mezzi motorizzati della polizia, oltre ad agenti a piedi, e la situazioni inizia a peggiorare. Alle provocazioni dei manifestanti, che intonano canti partigiani e slogan contro le forze dell’ordine, queste provano a disperdere la folla con un idrante, per poi iniziare alcune cariche intorno alla fontana.[31]
A questo punto lo scontro diviene aperto: le camionette e le jeep della celere effettuano cariche sia nella piazza, sia nelle vie limitrofe, sia sotto i porticati della parte alta di via XX Settembre. I manifestanti, che continuano a fluire nella zona, nel frattempo si procurano attrezzi da lavoro, spranghe di ferro e alcuni pali di legno dai vicini cantieri edili[34], con cui colpiscono le camionette che si fermano e gli agenti a terra.[35], mentre le forze dell’ordine iniziano ad impiegare, oltre che i lacrimogeni, anche alcune armi da fuoco (ma solo una persona risulterà ricoverata per ferite da arma da fuoco[31]). Alcune delle camionette della celere vengono incendiate (segni in parte ancora visibili sui mosaici del pavimento del porticato)[34]. Si registra il fatto che alcuni degli esponenti delle forze dell’ordine, tra cui il comandante della celere finito nella vasca della fontana, rimasti isolati e soggetti a violenze, vengono portati fuori dagli scontri da alcuni dei manifestanti.[31][34]
Nella descrizione di un giornalista del Corriere della Sera gli scontri vengono raccontati in questo modo:
« Giovanotti muscolosi si applicavano a divellere cassette di immondizie, a staccare dalle pareti di un portico riquadri con i programmi dei cinematografi, a spaccare i cavalletti che recingevano un piccolo cantiere di lavori in piazza De Ferrari. Nelle mani dei manifestanti comparvero, stranamente bombe lacrimogene. La sassaiola contro la polizia era incessante. Un agente fu buttato nella vasca della fontana di piazza De Ferrari, altri vennero colpiti dalle pietre e andarono sanguinanti a medicarsi[36] »
Gli scontri si spostano anche nei vicini “caruggi“, gli stretti vicoli tipici del centro storico genovese, dove la popolazione residente “bombarda” con vasi e pietre lasciati cadere dalle finestre gli esponenti delle forze dell’ordine che inseguono i manifestanti.[31] Gli scontri proseguono e gli organizzatori della manifestazione temono che, per porvi fine, venga ordinato alle forze dell’ordine di aprire il fuoco sulla folla, azione che avrebbe causato numerosi morti. Il presidente dell’ANPI, Giorgio Gimelli, si accorda quindi con alcuni ex-partigiani, tra cui un funzionario di polizia, per impegnare gli aderenti all’associazione per fermare gli scontri, avendo in cambio l’assicurazione che le forze dell’ordine si sarebbero ritirare senza effettuare nessun arresto. Al termine degli scontri si registrano 162 feriti tra gli agenti e circa 40 feriti tra i manifestanti.[37]
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