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Chi nega la Shoah non può insegnare

DOPO L’ASSOLUZIONE DEL PROF ACCUSATO DI NEGAZIONISMO

Donatella Di Cesare:
«Chi nega la Shoah non può insegnare»

Dure reazioni all’assoluzione di Roberto Valvo, il professore di liceo accusato di negazionismo. La docente di Filosofia teoretica alla Sapienza: «In Germania non potrebbe accadere»

ROMA- «In Germania un insegnante che nega la Shoah non può più insegnare…». La sentenza con cui il giudice monocratico Maria Cristina Muccari ha mandato assolto l’insegnante del primo liceo artistico di Roma, Roberto Valvo, accusato di «negazionismo» e di reati riconducibili alla legge Mancino sull’istigazione all’odio razziale, ha provocato sconcerto. Il presidente della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, preferisce attendere che l’attesa legge sul negazionismo concluda il suo iter. Renzo Gattegna, presidente dell’Ucei, attende di leggere le motivazioni della sentenza (nella foto scarpe provenienti dai campi di sterminio).

«NON IN GERMANIA» – Libera da obblighi istituzionali Donatella Di Cesare, docente di Filosofia teoretica alla Sapienza, ricorda subito: «In Germania tutto questo non potrebbe accadere, l’insegnante negazionista non sale più in cattedra». «Il fatto che un negazionista sia insegnante in Germania è considerato abnorme, a prescindere da qualsiasi altra legge – spiega Donatella Di Cesare -. Perciò il nostro legislatore si deve rendere conto che in assenza di una legge sul negazionismo un insegnante negazionista, eventualmente assolto come è appena accaduto, sarà ulteriormente legittimato a sostenere il suo negazionismo di fronte a un’aula di ragazzi, a prescindere dalla loro preparazione».

ERRORE GIURIDICO – Per Antonio Parisella, storico e presidente del Museo di via Tasso, «assolvere un insegnante che professa queste opinioni negazioniste è comunque un errore giuridico». La legge Mancino dovrebbe bastare anche da sola, spiega il presidente del Museo di via Tasso. «Non si può di certo strapazzare questa legge – spiega Antonio Parisella – fino a farle prevedere un reato di opinione. La legge contiene già ben individuate fattispecie di reato, che tutt’al più si possono precisare ulteriormente e definire meglio. Questo sì, ma la legge dovrebbe già bastare. Più in generale mi preoccupa però il clima culturale generale tale da permettere a un giudice monocratico di sentirsi senza problemi nell’emettere una sentenza del genere. C’è una sorta di assuefazione alla possibilità del negazionismo tale da generare sottovalutazione. Inoltre il giudice pare non tenere in conto il fatto che questo docente continuerà ad insegnare».

INDIFFERENZA PER LE VITTIME – Per Guido Albertelli, presidente dell’Anppia, l’associazione dei perseguitati politici antifascisti, una sentenza di questo genere rientra in un «clima più generale di indifferenza nei confronti delle vittime del nazifascismo». «Assolvere un insegnante che professa simili opinioni, non privatamente, ma in cattedra, dentro la scuola italiana – continua Albertelli – va di pari passo infatti con la decisione recente partorita dalle commissioni parlamentari di eliminare ogni contributo per le ventuno associazioni della memoria di cui fa parte l’Anppia».

13 novembre 2013

Paolo Brogi

Corriere.it

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