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Detenuti, un terzo sono stranieri. Erano il 15% vent’anni fa. Un disastro che rinvia a una politica di integrazione che non c’è

CARCERI: UN TERZO DELLA POPOLAZIONE DETENUTA E’ COMPOSTO DA CITTADINI STRANIERI.

IN OCCASIONE DELLA GIORNATA INTERNAZIONALE DEL MIGRANTE,NEL DIFFONDERE I DATI SUGLI STRANIERI IN CARCERE, IL GARANTEDEI DETENUTI DEL LAZIO ANGIOLO MARRONI STIGMATIZZA PESANTEMENTE GLI ULTIMI FATTI ACCADUTI A LAMPEDUSA

In base agli ultimi dati, un terzo degli oltre 64.000 detenuti nelle carceri italiane è composto da cittadini stranieri. L’incidenza della popolazione straniera nelle carceri è cresciuta di pari passo con l’aumento dei migranti nel nostro Paese; se nel 1991 i detenuti stranieri erano il 15,1%, alla fine del novembre 2013 la percentuale era salita al 35%. I dati sono stati diffusi dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni in occasione della Giornata internazionale del Migrante.

«Credo ha detto il Garante abbia un senso parlare di carcere e immigrazione proprio oggi, in occasione della Giornata Internazionale del Migrante perché sono convinto che la multirazzialità sia una risorsa, non un ostacolo per questo nostro Paese».

Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Caritas quest’anno in Italia ci sono circa mezzo milione di stranieri irregolari. «Sono Persone che vivono nell’ombra ha aggiunto Marroni e che possono più facilmente essere reclutati dalla criminalità. L’irregolarità amministrativa e le difficoltà di accesso al lavoro comportano, inevitabilmente, la creazione di situazioni di disagio sociale e, di conseguenza, una maggiore propensione a commettere reati».

Le recenti rilevazioni ISTAT fotografano la realtà di un Paese sempre più interculturale, con oltre 4.5 milioni di stranieri registrati, a fronte di politiche legislative inadeguate a sostenere un fenomeno così dirompente che investe l’Europa e che avrebbe bisogno, invece, di politiche più ispirate all’accoglienza, all’accesso ai servizi e all’integrazione rispetto all’attuale legislazione caratterizzata da un atteggiamento di chiusura delle frontiere, di esaltazione della paura del diverso e di garanzia degli allontanamenti dal territorio.

Non desta, quindi, stupore la circostanza che un terzo dei detenuti sia straniero. Questa realtà è confermata anche nelle 14 carceri del Lazio, dove i detenuti stranieri sono il 37,3%, con punte di oltre il 55% nel carcere di Rieti. Oltre la metà dei detenuti stranieri è delle seguenti nazionalità: albanese (12,4%), marocchina (18,7%), rumena (16,2%) o tunisina (12,0%).

Carceri nel Lazio

Totale Detenuti

Stranieri

Percentuale stranieri

Cassino (FR)

306

107

34,9%

Frosinone “G. Pagliei” (FR)

543

179

32,9%

Paliano (FR)

58

6

10,3%

Latina (LT)

160

48

30%

Rieti “N.C.” (RT)

312

172

55,1%

Civitavecchia “G. Passerini” (RM)

113

22

19,4%

Civitavecchia “N.C.” (RM)

624

273

43,7%

Roma “Rebibbia 3^ casa” (RM)

36

9

25%

Roma “Rebibbia femminile” (RM)

426

201

47,1%

Roma “Rebibbia N.C. 1” (RM)

1740

680

39%

Roma “Rebibbia” (RM)

425

58

13,6%

Roma “Regina Coeli” (RM)

1.504

588

39%

Velletri (RM)

648

237

36,5%

Viterbo “N.C.” (VT)

760

278

36,5%

«La rilevanza della questione immigrazione ha detto Marroni è data anche dal suo impatto su temi centrali della giustizia italiana come il sovraffollamento, che nel Lazio ha raggiunto il 46,13% a fronte di una media nazionale del 34,41%, e le politiche del trattamento dei detenuti. Circostanze, queste, che hanno fatto sì che le problematiche legate all’immigrazione siano divenute una delle priorità dell’Ufficio del Garante non solo nelle carceri ma anche al CIE di Ponte Galeria».

Per quanto riguarda, in particolare, le carceri, le difficoltà della gestione quotidiana dei detenuti stranieri sono molteplici e riguardano gli ambiti più disparati: dalle difficili procedure di identificazione alle differenze etniche culturali, da quelle religiose fino all’impossibilità, in alcuni casi, di attivare canali di dialogo con le rappresentanze dei Paesi di origine. In tal senso, il Garante ha promosso, in seno alla Regione Lazio, un intervento a favore delle Associazioni di Mediatori linguistici e culturali il cui lavoro è assai apprezzato dai detenuti stranieri e dalle amministrazioni penitenziarie perché riesce a colmare quel gapconoscitivo dato dalla diversa lingua e cultura.

Un discorso a parte merita, infine, l’attività del Garante dei detenuti all’interno del Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) di Ponte Galeriagrazie ad una Convenzione firmata nel 2008 con la Prefettura di Roma. «La nostra attività al CIE di Ponte Galeria ha detto Marroni è volta a monitorare le condizioni di vita degli ospiti. Nella nostra ottica carcere e CIE sono due strutture che, pur essendo nate per scopi diversi, hanno finito per svolgere la stessa funzione: ospitare persone limitate della loro libertà personale per periodi prolungati di tempo. I Centri di identificazione ed espulsione sono divenuti, per effetto della legislazione vigente e con il passare del tempo, dei veri e propri lager ove persone innocenti vedono calpestato il loro diritto alla libertà e dove possono accadere fatti ignobili ed indegni di una società civile come quello avvenuto nel Centro di accoglienza di Lampedusa e riportato in tutta la sua violenta crudezza dalle telecamere del TG2 ».

«La rilevanza della questione immigrazione ha detto Marroni è data anche dal suo impatto su temi centrali della giustizia italiana come il sovraffollamento, che nel Lazio ha raggiunto il 46,13% a fronte di una media nazionale del 34,41%, e le politiche del trattamento dei detenuti. Circostanze, queste, che hanno fatto sì che le problematiche legate all’immigrazione siano divenute una delle priorità dell’Ufficio del Garante non solo nelle carceri ma anche al CIE di Ponte Galeria».

Per quanto riguarda, in particolare, le carceri, le difficoltà della gestione quotidiana dei detenuti stranieri sono molteplici e riguardano gli ambiti più disparati: dalle difficili procedure di identificazione alle differenze etniche culturali, da quelle religiose fino all’impossibilità, in alcuni casi, di attivare canali di dialogo con le rappresentanze dei Paesi di origine. In tal senso, il Garante ha promosso, in seno alla Regione Lazio, un intervento a favore delle Associazioni di Mediatori linguistici e culturali il cui lavoro è assai apprezzato dai detenuti stranieri e dalle amministrazioni penitenziarie perché riesce a colmare quel gapconoscitivo dato dalla diversa lingua e cultura.

Un discorso a parte merita, infine, l’attività del Garante dei detenuti all’interno del Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) di Ponte Galeriagrazie ad una Convenzione firmata nel 2008 con la Prefettura di Roma. «La nostra attività al CIE di Ponte Galeria ha detto Marroni è volta a monitorare le condizioni di vita degli ospiti. Nella nostra ottica carcere e CIE sono due strutture che, pur essendo nate per scopi diversi, hanno finito per svolgere la stessa funzione: ospitare persone limitate della loro libertà personale per periodi prolungati di tempo. I Centri di identificazione ed espulsione sono divenuti, per effetto della legislazione vigente e con il passare del tempo, dei veri e propri lager ove persone innocenti vedono calpestato il loro diritto alla libertà e dove possono accadere fatti ignobili ed indegni di una società civile come quello avvenuto nel Centro di accoglienza di Lampedusa e riportato in tutta la sua violenta crudezza dalle telecamere del TG2 ».


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