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Palermo ricorda il cronista Mario Francese ucciso dalla mafia 35 anni fa

Da Ossigeno per l’informazione:

MEMORIA

GIORNALISTI UCCISI. MARIO FRANCESE, 35 ANNI DALLA MORTE

23 gennaio 2014 11:00 |     di Redazione |

– See more at: http://www.ossigenoinformazione.it/2014/01/giornalisti-uccisi-mario-francese-35-anni-dalla-morte-38712/#sthash.xtYQ88w1.dpufIl cronista del Giornale di Sicilia fu assassinato il 26 gennaio 1979. Nel giorno dell’anniversario sarà inaugurata a Palermo un’area verde a lui intitolata

Sarà ricordato con diverse iniziative Mario Francese, il cronista di giudiziaria del Giornale di Sicilia ucciso la sera del 26 gennaio 1979. Una cerimonia pubblica organizzata dal Gruppo siciliano dell’Unci (Unione nazionale cronisti italiani) si terrà nel giorno del trentacinquesimo anniversario della sua scomparsa, proprio dove, a pochi passi da casa, la sua vita finì, tranciata per sempre dalla mafia, che non gli perdonò i suoi articoli che raccontavano gli affari dell’organizzazione criminale.

La cerimonia si svolgerà alle ore 9,30 a Palermo, in viale Campania: lì i killer del clan dei corleonesi gli spararono. Nello stesso luogo sarà inaugurato e intitolato al cronista uno spazio verde, “una aiuola-spartitraffico”, spiega Leone Zingales, presidente del’Unci Sicilia.

“Ringraziamo l’Amministrazione comunale che ha risposto ad una nostra precisa richiesta calendarizzando la sistemazione dell’area a verde, nel nome di Francese, all’indomani della cerimonia di commemorazione”, continua Zingales.

All’evento interverranno, oltre ai familiari del giornalista e al gruppo dirigente dell’Unci Sicilia, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, l’assessore comunale alle Ville e giardini, Giuseppe Barbera, il Prefetto, il Questore, i comandanti provinciali di Arma dei carabinieri e Guardia di finanza, il capocentro della Dia di Palermo e rappresentanti della magistratura, dell’Ordine dei Giornalisti, dell’Assostampa e della società civile.

Il giorno prima (sabato 25) alle 10,30 il liceo scientifico di Corleone organizzerà un dibattito in memoria di Francese e di suo figlio Giuseppe, per anni alla ricerca della verità sul padre. Poi ad entrambi verrà intitolata una piazza.

PREMIO – Lunedì 27 gennaio alle ore 17, sempre a Palermo (corso dei Mille 181) verrà assegnato il premio giornalistico che porta il nome del cronista. Nella stessa occasione, gli sarà intitolata anche l’aula magna dell’Istituto alberghiero Piazza. L’evento è organizzato dall’Ordine dei giornalisti di Sicilia.

CHI ERA – Mario Francese, nato a Siracusa il 6 febbraio 1925, dopo un inizio da telescriventista all’Ansa, alcune collaborazioni giornalistiche e un periodo da addetto stampa alla Regione, passò al Giornale di Sicilia, occupandosi di giudiziaria.

Chi lo ricorda in interviste, memorie e biografie, lo descrive come un cronista instancabile, appassionatissimo e ben inserito nella realtà locale: uno che non si limitava ad andare ai processi, ma che riusciva a ricavare informazioni da vari confidenti e che sapeva leggere e ricostruire, dietro i fatti di cronaca, gli interessi e le stategie messe in atto dal crimine.

Ma non solo: scriveva di mafia chiamandola per nome e descrivendola come pochi facevano all’epoca. Come quando, in un articolo (J’accuse. La chiave per capire cos’è la mafia) del dossier pubblicato postumo dal suo giornale, la descrive come

“una piramide il cui vertice è costituito da persone non sempre facilmente identificabili che, con criteri manageriali, manovrano le fila di complessi interessi economici a livello nazionale e internazionale […] “l’”onorata società” è riuscita a darsi strutture e mezzi adeguati per un inserimento nei commerci tra Nord e Sud, tra l’Italia e i paesi della Comunità europea.”

Della mafia raccontava gli interessi, come nella sua inchiesta, spesso citata, sulla diga di Garcia, che oggi porta il suo nome. Fu poi l’unico giornalista ad intervistare la moglie di Totò Riina, Ninetta Bagarella.

Di fastidio ne diede molto, e per questo morì: come è accaduto in altri casi, la giustizia non è stata veloce nel chiarire chi l’avesse ucciso. Solo nell’aprile del 2001 venne condannato a 30 anni Totò Riina insieme a Francesco Madonia, Antoniono Geraci, Giuseppe Farinella, Michele Greco, Giuseppe Calò e a Leoluca Bagarella, l’esecutore materiale dell’omicidio. Poi nel processo bis si aggiunse l’ergastolo a Bernardo Provenzano.

In Cassazione (dicembre 2003) vennero assolti Calò, Geraci e Farinella, “per non avere commesso il fatto” ma confermate le condanne a Riina, Bagarella, Ganci, Madonia e Greco. Confermato anche, nel processo bis in appello, l’ergastolo a Provenzano.

MEMORIA – Su Francese negli ultimi anni sono usciti alcune pubblicazioni, fra cui il capitolo nel libro di Luciano Mirone Gli insabbiati. Storie di giornalisti uccisi dalla mafia e sepolti dall’indifferenza, e Il quarto comandamento di Francesca Barra, che racconta la storia del giornalista attraverso quella del figlio Giuseppe.

Probabilmente sono molti i modi per ricordare un giornalista ucciso: uno dei migliori, forse, è andarsi a rileggere cosa ha scritto, perché è proprio per quello che è morto. Nel caso di Francese questo è possibile, poiché il sito web della Fondazione che porta il suo nome contiene diverso materiale.

Vale anche la pena citare un passaggio della sentenza del processo di primo grado sulla sua morte. I giudici scrissero che dagli articoli e dal dossier redatti da Mario Francese emergeva

“una straordinaria capacità di operare collegamenti tra i fatti di cronaca più significativi, di interpretarli con coraggiosa intelligenza, e di tracciare così una ricostruzione di eccezionale chiarezza e credibilità sulle linee evolutive di Cosa nostra, in una fase storica in cui oltre a emergere le penetranti e diffuse infiltrazioni mafiose nel mondo degli appalti e dell’economia, iniziava a delinearsi la strategia di attacco di Cosa nostra alle istituzioni”

Francese era, si legge ancora,

“una delle menti più lucide del giornalismo siciliano, un professionista estraneo a qualsiasi condizionamento, privo di ogni compiacenza verso i gruppi di potere collusi con la mafia e capace di fornire all’opinione pubblica importanti strumenti di analisi dei mutamenti in atto all’interno di Cosa nostra”.

I magistrati del processo d’appello aggiunsero che

“Mario Francese era un protagonista, se non il principale protagonista, della cronaca giudiziaria e del giornalismo d’inchiesta siciliano. Nei suoi articoli spesso anticipava gli inquirenti nell’individuare nuove piste investigative”

Il giornalista rappresentava

“un pericolo per la mafia emergente, proprio perchè capace di svelarne il suo programma criminale, in un tempo ben lontano da quello in cui è stato successivamente possibile, grazie ai collaboratori di giustizia, conoscere la struttura e le regole di Cosa nostra”.

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