Sullo show dell’ex capo del Ris Garofano in aula a Trapani per smontare l’accusa del Dna del suo cliente Vito Mazzara. Quando gli hanno risposto i periti della Corte Garofano se n’era però già andato. Il resoconto di Rino Giacalone
sabato, 15 Marzo, 2014Periti e consulenti, alla “caccia” del dna
Processo per il delitto Rostagno, confronto tra periti e consulenti. Di scena gli ex del Ris, Garofano e Capra
di Rino Giacalone
Non è facile raccontare l’ultima udienza del processo per il delitto di Mauro Rostagno. Ma non è difficile perché ci sia qualcosa che è risultato “indigesto”, ma perché è stata così ricca di particolari ed aspetti tecnici che non è facile riproporli al lettore. E’ vero che una parte dell’informazione è giunta già a conclusioni inappellabili. “Il generale Garofano smonta la tesi dei periti” e non è di Vito Mazzara il Dna trovato sui resti del fucile rinvenuti il 26 settembre 1988 sul luogo del delitto. Si tratta della stessa stampa che quando fu l’ora degli esiti della perizia si limitò a dire con nemmeno molto entusiasmo che qualche elemento riconducibile a Mazzara era emerso, presentando la cosa come un tantino incerta. E se allora fosse davvero così la questione perché utilizzare toni così forti per illustrare le tesi del generale Garofano? Si sminuisce da una parte e si rende eclatante ciò che arriva dalla parte opposta.
All’udienza di venerdì scorso 14 marzo è stata la volta dei consulenti delle difese. Due ex ufficiali del rinomato Ris dei Carabinieri di Parma, l’ex comandante Luciano Garofano e il suo ex vice Marzio Capra, che hanno messo la loro opera al servizio dei due imputati, i conclamati mafiosi Vincenzo Virga e Vito Mazzara. Garofano e Capra hanno messo sotto accusa l’esito della perizia svolta su incarico della Corte di Assise dai professori Carra e Presciuttini e dalla dott. Di Simone. Quale dato hanno bocciato? Il rinvenimento di tracce genetiche sui resti del fucile (canna) trovati sulla cosidetta scena del crimine, e che quelle tracce fossero comparabili e attribuibili in parte all’imputato Vito Mazzara. Il generale Garofano si è seduto per un paio di ore dinanzi alla Corte di Assise cominciando con il dire, per poi ripeterlo continuamente sino alla fine, che “era tutto sbagliato”, che la “conclusione era errata”, che era difficile parlare di traccia genetica e di individuazione in questa traccia del profilo genetico dell’imputato Mazzara. Ad un certo punto ha detto di non essere lì a difendere l’imputato ma quasi quasi il buon nome della scienza genetica. Ha parlato di studi e tabelle, di calcoli, di viaggio in Usa, ha presentato i risultati delle sue ricerche, per la verità sui metodi utilizzati non è stato molto specifico. Anche a proposito di un confronto in America con un matematico autore di uno studio utilizzato per dare un nome ai resti delle vittime delle Torri Gemelle. Ha presentato lo specialista come uomo dell’Fbi ma nel prosieguo dell’udienza questa qualifica è scomparsa, semplicemente un matematico “un bravo matematico” ha detto il perito Presciuttini, ha creato un software che funziona quindi come tutti gli altri, secondo i calcoli che vengono immessi, “i nostri dati li abbiano indicati, il generale Garofano non li ha indicati”. Anche il dott. Capra non è stato diverso nei contenuti del suo intervento rispetto alle conclusione del generale Garofano, ha però dovuto ammettere che la condotta tecnica dei periti è risultata ottima. Ha criticato l’utilizzo di sistemi di laboratorio a suo dire non adatti. Garofano e Capra hanno poi detto che dopo 25 anni è difficile ritrovare tracce genetiche in condizioni tali da essere individuate e lette, hanno posto il problema delle contaminazioni subite dai resti del fucile, cioè diverse mani oltre quelle di chi ha impugnato quell’arma per uccidere Rostagno, che hanno toccato quei resti. Tracce genetiche quindi che non sarebbero così resistenti al tempo e che per lo più si sono certamente mischiate secondo i due consulenti. Il fatto strano è quello che i periti non solo sostengono di avere trovato tracce genetiche che riconducono al Dna di Vito Mazzara ma anche tracce genetiche di un Dna che può appartenere per le sue caratteristiche solo a un parente di Mazzara. E il pentito Francesco Milazzo quando fu sentito raccontò che Vito Mazzara di solito quando andava ad ammazzare qualcuno lo faceva con sue armi e in compagnia anche di un suo zio, Mario Mazzara. Tutto è sbagliato e tutto è avvenuto per caso ha sostenuto il generale Garofano. Dopo le audizioni dei due consulenti della difesa, la Corte di Assise ha richiamato sul pretorio i tre propri periti, Carra, Di Simone e Presciuttini. Non bisogna essere esperti di genetica per potere dire che i tre periti hanno ribattuto alle contestazioni dei due consulenti, Garofano e Capra, che però nel frattempo erano andati via dall’aula, non hanno ascoltato le ragioni dei periti da loro contestati, Garofano pare avesse fretta di andare a registrare qualcosa per una trasmissione televisiva. Lo si è però vista prima di andare via avvicinarsi alla moglie dell’ergastolano Mazzara (uno che andava a sparare anche assieme a Matteo Messina Denaro) per dirle di stare tranquilla di non avere preoccupazioni. Capra rischiava di perdere l’aereo. L’udienza cominciata alle 9,30 si è conclusa poco dopo le 20,30. Prossima udienza 26 marzo ma solo per il deposito di alcuni atti, tra cui la memoria dei consulenti dei pm sempre sulla perizia del Dna. L’11 aprile comincerà la requisitoria dei pm Paci e Del Bene. La sentenza dovrebbe arrivare per il 9 maggio o per il 14 maggio. E tutto questo dopo tre anni di processo e dopo avere inseguito la verità sul delitto Rostagno per 26 anni.
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