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Sangue infetto, l’Europa condanna l’Italia a ripagare una prima tranche di infettati

Sangue infetto, finalmente una sentenza per le vittime italiane. Non viene dall’Italia, però, ma dell’Europa.

E’ incredibile la sostanziale “copertura” di cui hanno goduto finora ministri della sanità e dirigenti generali del ministero.

Rare iniziative della magistratura, sedi di discussioni remote, poche condanne.

Eppure c’erano documenti che gridavano vendetta, come quella circolare di metà anni ’80 in cui il ministero autorizzava in casi di urgenza la somministrazione di emoderivati “anche positivi ai test Hiv”…

Ora ecco finalmente una novità.

Più di dieci milioni di euro: a tanto ammonta la cifra che, secondo una sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, lo Stato italiano dovrà pagare per risarcire 371 cittadini infettati da Aids o epatite (B o C) dopo aver ricevuto trasfusioni di sangue o emoderivati infetti. La sentenza riguarda un gruppo di cittadini che si sono riuniti per presentare il ricorso a Strasburgo, ma in totale gli italiani (viventi) infettati da trasfusioni di sangue malato tra gli anni ‘70 e gli anni ‘90 sono circa 120mila. La battaglia per avere un risarcimento è lunga ed estenuante. Ne sa qualcosa Angelo Magrini, presidente dell’Associazione politrasfusi italiani, che nel 1991 – dopo la trasfusione di un emoderivato – ha contratto l’epatite C e oggi ha un tumore al fegato. «La nostra lotta va avanti da trent’anni e la sentenza di oggi, pur importante perché dà dignità alle persone, non basta e non ci soddisfa del tutto – denuncia Magrini -. Nel ricorso a Strasburgo avevamo chiesto un risarcimento di 630mila euro per le famiglie degli infettati deceduti e di 430mila euro per i viventi. La Corte ha riconosciuto risarcimenti molto inferiori, e solo per i viventi. E in questi 30 anni, 4.500 persone sono morte senza ricevere nemmeno un soldo».

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