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Omicidio del nigeriano a Fermo: sul paletto usato durante l’aggressione il Ris ha trovato solo il dna dell’aggressore, l’ultrà

Non c’è il dna della vittima, solo quella dell’aggressore. Il paletto usato durante la colluttazione di Fermo in cui ha perso la vita il rifugiato nigeriano Emmanuel Nnamdi ha solo tracce del dna di Aurelio Mancini, l’ultrà aggressore.

Lo dice la perizia del Ris dei carabinieri di Roma appena consegnato alla Procura marchigiana. Il rifugiato nigeriano non ha toccato quel paletto con cui secondo alcuni testimoni si sarebbe invece scagliato contro l’ultrà, che per tutta risposta l’avrebbe poi abbattuto con un pugno fatale. Niente di tutto ciò: solo tracce dell’ultrà.

 

E veniamo ai cosiddetti “testimoni”, che ovviamente hanno ricevuto grande ascolto da organi di stampa come il Resto del Carlino. Ma non solo. In prima fila svetta una teste che peraltro vantava già un curioso precedente, un intervento contro i cinesi accusati di fatti assai bislacchi. Nel 2014 aveva infatti raccontato al Corriere Adriatico una storia piuttosto sconclusionata su un gruppo di cinesi che voleva rapire dei gatti. Allora era finita a risate, ora eccola promossa super-testimone, con una dichiarazione a favore dell’ultrà. Gli stessi giornali “moderati” avevano invece subito dichiarato non affidabile quanto aveva riferito la compagna di Namdi, che aveva affermato: a colpire mio marito con un palo della segnaletica è stato Mancini.

 

 

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