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La battaglia per Roma: avviata 150 anni fa dal sindaco Luigi Pianciani

Centocinquanta anni fa Roma diventava Capitale. Se ne parlerà tra poco. Ma quanti avranno voglia di ricordare il primo vero trasformatore di Roma, il primo vero sindaco, Luigi Pianciani? Un garibaldino. E che sindaco!

Era entrato in carica, dopo un paio di scialbi predecessori, nel novembre del 1872. Durò 18 mesi, rivoluzionò la città. E in seguito, prima che la città tornasse di nuovo in mano alla grande speculazione in quel decennio conosciuto come “il sacco di Roma”, riuscì ad esercitare anche un secondo mandato.Piankiani si misurò con una città che contava allora solo 226 mila abitanti, un terzo dei quali censiti dall’ingegner Tito Armellini era da annoverare tra i “poveri”. <Tornato in patria – scrisse subito Pianciani – vidi lo stato miserabile cui la mia Roma era stata ridotta, confrontandone le condizioni con quelle di tante città che avevo visitato in Italia e fuori, e moltissime certo d’importanza assai minore della sua>.<Che cosa è Roma ora? – si chiese il neo sindaco -. Una ricca locanda da forestieri, essa non ha industrie, non ha risorse…>.Ma ecco le sue tappe da sindaco. Pianciani elabora il piano regolatore, che vede la luce l’anno dopo. Prevede nuove costruzioni su 306 ettari per un incremento di 150 mila abitanti. E poi insediamenti industriali a sud a partire da Testaccio, espansione residenziale a est ed ovest. Prati di Castello rientra in un piano speciale di ampliamento.Luigi Pianciani apre poi cinque dispensari gratuiti, ambulatori medici in cui può andare chiunque e soprattutto anche chi non ha un centesimo in tasca visto che non si paga nulla. In più ha avviato le prime cinque condotte mediche dell’agro romano. <Roma, che sarebbe altrimenti la capitale di una gran nazione, è fatta anticamera di un chierico incoronato, meglio potrei dire l’albergo del Vaticano – ha scritto il sindaco garibaldino-. E di questo, dicono i Papi, i Romani devono essere loro riconoscenti, per il concorso di forestieri che vengono in Roma per il piacere di contemplare il Papa. Bella cosa! Lasciate ai Romani l’essere uomini, e guadagneranno ben altro di quello che facendo gli espositori della gran bestia dell’Apocalisse!>.Alzo zero, i cattolici sono furiosi. Ma Pianciani ha sempre con sé un libro che mostra spesso ai suoi interlocutori, le <Passeggiate romane> di Stendhal. <Ecco cosa scriveva Stendhal il 3 agosto del 1827…”La gente del popolo è talmente imbevuta di cattolicesimo che ai suoi occhi nulla si produce nella natura se non per miracolo…Roma teme prima di tutto lo spirito critico, che può condurre al protestantesimo; il pensiero, quindi, non solo vi è stato sempre avvilito, ma molto spesso perseguitato>.Ora ci pensa lui. Pianciani ottiene dal governo nove milioni per il Tevere, fa ripulire le facciate dei palazzi, asfalta strade, costruisce marciapiedi (ce n’erano solo al Corso e in via dei Condotti), abbatte duemila colonnette per agevolare la circolazione, realizza la passeggiata del Pincio e avvia l’isolamento del Pantheon. In Campidoglio fa porre un registro per i reclami dei cittadini, avvia la rassegna della stampa, apre un ufficio telegrafico, riordina gli uffici, aumenta il numero degli asili d’infanzia, organizza i servizi funebri, migliora le fognature, l’approvvigionamento idrico, la nettezza urbana, l’illuminazione e il servizio degli Omnibus.Contro la speculazione sui prezzi alimentari allestisce cinque macelli comunali e istituisce cucine economiche. Inaugura venticinque scuole, la scuola superiore femminile, la scuola serale per contadini, la scuola operaia. Mette in piedi dispensari e condotte mediche. Blocca con opportuni provvedimenti il colera nel 1873. S’interessa di musei, biblioteche e archivi. Ricostituisce il Comitato del Pasquino, per le feste del Carnevale. Tra il 1872 e il 1874 fa installare le prime fontanelle pubbliche romane, cilindri in ghisa alti poco più di un metro con tre cannelle per far sgorgare l’acqua corrente. Le prime furono installate in Piazza della Rotonda, in via delle Tre Cannelle e in via San Teodoro.

E poi fa costruire case. Soprattutto case per i più bisognosi. In pochi mesi si batte per realizzare un nucleo di abitazioni popolari. Aumentati i ricoveri di mendicità, il sindaco fa aprire i primi cinque dormitori pubblici che in un anno ospitano 270 mila persone con punte di mille al giorno negli ultimi mesi del ’74. E di questi 58 mila sono <poveri cittadini che reclamano dalla carità del comune un tetto per coprirsi, un po’ di paglia dove riposare – scrive il sindaco -…In presenza di questa cifra si abbia il coraggio di sostenere che prima di pensare ad accrescere il fabbricato di Roma occorre aspettare si accrescano gli abitanti!>.I numeri glieli ha forniti l’ingegnere Tito Armellini, professore universitario, che alla vigilia della breccia di Porta Pia ha tirato le somme: a Roma le persone disagiate sono 57.305 e si accalcano in 13.274 camere. E’ la geografia della miseria. <Camerette buje, squallide, malsane, graveolenti, con quattro-cinque individui per stanza – ha scritto l’ingegnere -. Locali umidi e freddi che raggio di sole mai non rallegra. Camere terrene che prendono luce da vie angustissime ristrette da edifici che sfrenatamente fin ora ha innalzato ingordigia non mai sazia di lucro!>.Il sindaco garibaldino dura meno di due anni . Ha scontentato molti. Gli impiegati che voleva ridurre di numero, i faccendieri che ha bloccato, l’aristocrazia che lo detesta, i cattolici che lo aborrono. Per la <Voce della Verità>, organo della <Società primaria romana per gli interessi cattolici>, lui è un nuovo Rabagas. I detrattori lo dipingono come il protagonista dell’omonima operetta del Sardou, politicante prima demagogo, poi opportunista, infine despota. Lo scontro con l’assessore Giuseppe Troiani, per un’inchiesta che Pianciani vuole promuovere sul corpo delle guardie Municipali e che Troiani respinge con sdegno, apre la strada alle sue dimissioni. Pianciani si ritira a Milano.Fermiamoci qui. E pensiamo a che cosa si era mdesso finalmente in moto nella città di Roma. Pianciani è stato poi ignobilmente dimenticato. A ricordare il suo nome c’è a Roma una strada all’Esquilino, neanche troppo importante. Eppure Pianciani aveva avuto il coraggio di varare un vasto programma sociale caratterizzato da una forte impronta di sinistra.Non ha nulla da insegnare ai giorni nostri?

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