Novità dagli archivi su Nella Montefiori: ad Ancona era stata maestra d’asilo alla Garibaldi. E a Roma l’ultimo recapito era presso Ascarelli
domenica, 14 Febbraio, 2021Due nuovi tasselli sulla vita di Nella Montefiori, zia di Anna Padovani. Su Nella dunque, vittima del nazifascismo che abbiamo ricordato con pietre d’inciampo a Roma e ad Ancona, ecco le novità: la prima ci giunge dalla Germania e riguarda l’ultima residenza registrata a Roma per Nella nell’ottobre del 1943. La seconda riguarda il suo lavoro ad Ancona dove è stato rintracciato finalmente, presso l’Ufficio Scolastico Regionale Marche e grazie al suo archivio, un piccolo quanto prezioso fascicoletto sulla maestra d’asilo Nella Montefiori (questo era il suo mestiere e non maestra elementare): consiste nello scambio di lettere avvenuto nel 1946 tra la madre di Nella, Elisa Montefiori, e il Provveditorato. Da questi documenti si ricava che Nella, data per “deportata” e dispersa nel 1946 (ancora non se ne conosceva la morte avvenuta ad Auschwitz il 23 ottobre 1943) era stata per dieci anni maestra d’asilo presso la scuola Giuseppe Garibaldi di Ancona. Torneremo presto su questa seconda novità.

Intanto occupiamoci di quanto ci è stato comunicato dagli archivi tedeschi di Bad Arolsen.
Nella Montefiori, ultima residenza: Roma, via del Tritone 46 presso Ascarelli…
Dalla Germania sono gli Archivi di Bad Arolsen – il Centro internazionale sulla persecuzione nazista – a fornirci un muovo tassello sulla vita a Roma della “deportata” Nella Montefiori uccisa ad Auschwitz il 23 ottobre 1943. E’ il gruppo d’inchiesta numero due a restituirci un nuovo tassello sui suoi ultimi giorni di vita. E’ Martina Saueracker a fornirci un prezioso documento in loro possesso, la lista redatta dal Comitato ricerche deportati ebrei (Lungo Tevere Sanzio 9 Roma) approntata nel l’immediato dopoguerra.

Nella Montefiori che nella lista è contrassegnata dal numero 4272, risulta residente al momento dell’arresto il 16 ottobre 1943 in via del Tritone 46 presso Ascarelli.

Dagli archivi della Comunità ebraica romana finora si era saputo però soltanto via del Tritone 46 senza altra connotazione. Gli Archivi di Bad Arolsen aggiungono ora, grazie al documento citato, il cognome Ascarelli.
Quando nel gennaio del 2019 è stata posta la pietra d’inciampo davanti al numero civico di quel palazzo non sapevamo dove Nella avesse trovato esattamente rifugio. Il palazzo di cinque piani in pieno centro oggi ospita perlopiù uffici salvo un paio di appartamenti privati.
Al quarto piano dove oggi ha sede l’ufficio di rappresentanza della Regione Veneto viveva nel 1943 una famiglia Ascarelli. Ma quale famiglia? Probabilmente quella composta dal medico Arnaldo Ascarelli e da sua moglie Lilia Coen con i loro quattro figli piccoli. Nell’edificio non c’erano allora altri Ascarelli.
I Montefiori erano loro ospiti? Non lo sappiamo. Un parente degli Ascarelli ricorda che probabilmente l’appartamento era vuoto, gli Ascarelli si erano spostati altrove per mettersi in salvo. Ci si erano insediati i Montefiori? O era solo un indirizzo di comodo?
La famiglia venuta da Ancona era composta da quattro persone, il padre Gino, la madre Elisa, le figlie Ada e Nella . Dopo le leggi razziali avevano lasciato il loro appartamento in via Goito 2 in cui erano vissuti almeno fino ai primi mesi del 1939 e si erano trasferiti a Roma. Nella aveva perso il suo lavoro da maestra d’asilo, nel dicembre del ’38. Ma forse prima di Roma avevano fatto tappa altrove.
A Roma, tre sono le residenze registrate, la prima in via Cavour (senza numero), la seconda in via Cola di Rienzo 285, la terza è in via del Tritone 46.
Di certo i Montefiori non disponevano di strutture proprie, ancora nel 1946 risultano residenti a Roma in una piccola pensione, la Di Pisa di piazza Esedra 43, che Elisa Montefiori la madre indica come domicilio in una lettera inviata al Provveditorato degli studi di Ancona in cui, ignara della sorte della figlia Nella “deportata”, chiede di usufruire delle provvidenze per la figlia che aveva lavorato per dieci anni come maestra d’asilo presso la scuola dell’infanzia Giuseppe Garibaldi di Ancona. Elisa era restata con la figlia superstite, Ada. Il marito Gino era infatti deceduto il 28 aprile del 1945.
Nel 1943 di cosa disponevano i Montefiori a Roma? Avevano dei parenti, ma in quei nove mesi dell’occupazione nazista ognuno doveva pensare a mettersi in salvo: gli zii Riccardo Padovani e Gina Viterbo, lui settantaquattrenne e lei cinquantanovenne malata, erano ospiti del convento delle Piccole suore dei poveri a San Pietro in Vincoli che li avevano accolti unendoli a una dozzina di ospiti ebrei. Riccardo Padovani, generale dei bersaglieri, era stato messo in congedo forzato con le leggi razziali, sua moglie Gina che era stata colpita da un ictus all’inizio del ’38 era emiplegica, i due figli Massimo e Paolo poco più che ventenni e cugini delle Montefiori figlie vivevano in una clandestinità di fatto in città, variando spesso domicilio per sfuggire alle retate dei repubblichini, delle bande come la Koch, dei tedeschi. Ada e Nella, di 43 e 38 anni, probabilmente non godevano di altri legami nella grande città che dopo l’8 settembre era scivolata nel buio dell’occupazione tedesca.
Perché il 16 ottobre Ada e Nella si erano recate in via Cola di Rienzo, dove Nella è stata poi catturata dai tedeschi?
Poche ore prima, il 14 ottobre, i tedeschi erano andati negli uffici della Comunità ebraica romana e avevano sequestrato le liste degli ebrei. La situazione stava dunque modificandosi, i 50 kg d’oro che Kappler aveva preteso e si era fatto consegnare dalla Comunità ebraica il 28 settembre non erano bastati. I tedeschi stavano tornando alla carica.
La mattina del 16 ottobre le sorelle Ada e Nella Montefiori cercavano forse di trovare un nuovo rifugio, magari riutilizzando la precedente residenza al 285 della strada dove non sappiamo presso chi erano state? In città era in pieno svolgimento la razzia degli ebrei, così anche loro sono incappate nelle maglie della retata nazifascista. Stavano camminando per strada quando è arrivato un mezzo tedesco. Le due sorelle sono corse a mettersi al riparo, Ada da una parte, Nella da quella opposta. Ada non venne presa, Nella invece sì.
Portata al Collegio Militare di via della Lungara Nella fu riunita agli altri ebrei che erano stati rastrellati al Ghetto e per tutta la città. Da lì due giorni dopo, il 18 ottobre, Nella con gli altri suoi poveri compagni di sventura – compreso anche un neonato che era nato in quelle ore alla Lungara – furono portati alla Stazione Tiburtina e fatti salire sui carri piombati diretti ad Auschwitz. Cinque giorni dopo, il 23 ottobre, all’arrivo nel campo di sterminio Nella era stata portata alle camere a gas insieme al primo contingente di donne e bambini che i nazisti avevano deciso di eliminare per primi.
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