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Espresso venduto a un semisconosciuto, mi ricorda la morte dell’Europeo

SVENDONO L’ESPRESSO, MI RICORDA COME FU FATTO FUORI L’EUROPEO…

Buttano via l’Espresso. La nuova crisi nell’editoria italiana portata alla luce dalle giuste dimissioni del direttore Marco Damilano che non ci sta ad assecondare questo piano di svendita gestito dagli Elkann della Gedi. Già, perché è una assai curiosa svendita a quanto pare…

Siamo nel 2022 e l’Espresso non piace agli Elkann, quelli con le sedi in Olanda. Non piace a questi torinesi emigrati all’estero. Non piace l’Espresso e men che mai piacciono i settimanali, dichiarati morti da una corrente di pensiero che viene da lontano. La crisi dell’editoria c’entra fino a un certo punto, quello di cui ci si vuol disfare è l’approfondimento. Non c’è posto oggi per chi pretenda di scavare…

Leggo che ad acquistarlo – probamente per due lire – è un certo Danilo Iervolino, sconosciuto ai più, amico si dice di De Luca campano, proprietario della squadra Salernitana, fondatore di un’università telematica la Pegaso e in editoria presente con la Bfc legata alla rivista Forbes. Tutte noitizie di cui non so granché. Credo che costui abbia chiesto di far restare per ancora un po’ l’Espresso come “panino” dentro Repubblica, un paio di anni, il tempo per poi poter decollare verso chissà dove.

Premetto ora la mia solidarietà a Marco Damilano che non si è prestato a questa deriva, come altro chiamare la svendita in questione, ma soprattutto ai  18 redattori dell’Espresso che restano (credo che questo sia il numero dei sopravvissuti attuali).

Tutto questo mi riporta al 1995 quando la Rcs decise di chiudere il settimanale in cui lavoravo da quasi dieci anni, l’Europeo, testata prestigiosa che per prima nel 1945 aveva aperto la stagione dei newsmagazines come li si è chiamati poi. Europeo nato nel 1945, Espresso nel 1955, Panorama nel 1967. La Rcs era un gruppo editoriale che quando vi ero entrato come cronista all’Europeo nel 1986 era composta da ben 29 testate periodiche, oltre che da due quotidiani come Corriere e Gazzetta. Nel 1995 le testate erano ormai state ridotte a meno di dieci, la Rcs aveva fatto di tutto per chiudere e dismettere, a volte mettendo in piedi piccoli giardinetti con altri editori come De Agostini in cui veicolare un periodico o resuscitarlo sotto altro nome. Così si erano sbarazzati di testate storiche come il Corriere dei Piccoli o Linus ecc.

Per chiudere l’Europeo bastò togliergli la pubblicità, in modo da far emergere più vistosamente il deficit annuale. Così nonostante le quasi 100 mila copie vendute a numero, nonostante una redazione di 54 giornalisti (l’Espresso ne aveva allora credo 60), fu decretata la morte dell’Europeo, un periodico che come ha mostrato in seguito Daniele Protti a capo del mensile resuscitato per offrire prodotti spesso monotematici, ricavati dagli archivi prosperosi del giornale, avevano lavorato fior di scrittori e di intellettuali italiani.

Tristezza allora per quella decisione irreparabile che era gestita formalmente da quel Colao che è stato ora ingaggiato come grande esperto dai governi del covid. Allora Colao arrivava fresco fresco dal tessile e dell’editoria mostrava di sapere ben poco, di fatto delegando la mannaia a quel Donati che si era messo in luce come uomo forte pronto a tutto della federazione degli editori, la Fieg. Donati teorizzava allora giornali visti come un sole (il direttore), pochi pianeti (i redattori) e il resto a casa…

Prima di chiudere l’Europeo però ci avevano sottoposto a veri e propri elettroshock, come quello avviato con la nomina di Vittorio Feltri a nuovo direttore all’inizio degli anni ’90, nomina che contrastammo col più lungo sciopero fatto da giornalisti in Italia e durato ben due mesi, che fece “saltare” in edicola ben otto numeri del settimanale. Si contestava allora la liquidazione da un lato del direttore Lanfranco Vaccari “reo” di inchieste malviste dalla proprietà Fiat (come quella per tre numeri protratta sulle mine anti-uomo della Osella del gruppo torinese) e la contestuale successione con Feltri i cui pezzi sul Corriere erano stati notati per la particolare intolleranza (gli fu contestato durante gli incontri con la redazione in sciopero di aver scritto pezzi cosiddetti di colore in cui aveva proposto di spruzzare insetticidi nelle chiome di quelli del centro sociale Leoncavallo). Un esempio di delicata prosa del suddetto.

Ma insomma, facendola breve, nonostante i nostri inviti a spendersi per un miglio giornalismo investigativo, cosa che richiede comunque ristrutturazioni redazionali e risorse (insomma bisogna volerci credere), la Rcs ci mandò poi direttamente a bagno.

Capisco dunque in questo frangente che cosa debbano subire i giornalisti dell’Espresso che peraltro proprio attraverso mi pare la direzione della Hamaui avevano avviato un gruppo di giornalisti investigativi che ha realizzato importanti inchieste. Penso a quella sugli affari in Russia del signor Salvini.

Invece di investire in questo promettente ramo, dalla sicura valenza democratica, gli Elkann hanno scelto le vie brevi di buttare via il bambino con tutta l’acqua sporca. Complimenti. Ci sarà una reazione? Mah…

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