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Quando impazzì il Presidente Schreber. Un caso celebre, a base di donne

Cosa succede quando una personalità istituzionale impazzisce? Il caso Schreber, studiato da Freud. Daniel Paul Schreber era un presidente di Corte d’Appello, a Dresda. Ma era anche un uomo che pensava alla catarsi trasformandosi da uomo in donna. Le donne dunque sono un primo elemento di richiamo. Il secondo è la carica istituzionale, che crea come nel caso Schreber una difficoltà d’impeachment, una sorta d’imbambolamento al punto che dopo anni di ricovero in strutture psichiatriche il suo ricorso per la reintegrazione va in porto. Schreber nel 1885 si era anche presentato candidato al Reichstag. Un anno dopo viene nominato al GTribunale di Lipsia, sette anni dopo è presidente di Corte d’Appello. Dunque, un’alta personalità istituzionale.

Il punto di partenza di Schreber è: “deve essere davvero molto bello essere una donna che soggiace alla copula”. A partire da questo punto si sviluppò in lui un prodigioso delirio, che lo fece passare per tutti gli estremi della tortura e della voluttà, coinvolgendo dèi, astri “demiurghi”, complotti, “assassini! dell’anima”, catastrofi cosmiche, rivolgimenti politici. Al centro di tutto erano la convinzione, in Schreber, di trovarsi vicino a essere trasformato in donna, e la sua lotta stremante contro un Dio doppio e persecutore.

E’ la parabola descritta nel suo libro “Memorie di un malato di nervi” (Adelphi)  scritto da Schreber dopo sei anni di malattia, – spiega la nota della casa editrice – “con lo scrupolo di uno specchiato magistrato prussiano, con fermo rigore logico, con sprazzi di paurosa intelligenza, e con la cupa determinazione di un trattatista gnostico, allineando pacatamente la sequenza di enormità che aveva vissuto e ragionandoci sopra. Con queste Memorie egli voleva, fra l’altro, dimostrare di non essere pazzo – e incredibilmentè ci riuscì, sicché il suo ricorso in appello contro la sentenza di interdizione venne accolto, permettendogli di tornare a vivere per qualche tempo nella società. Della eccezionale importanza di questo testo si accorse per primo Jung, che lo citava già nel :1907 e lo fece leggere a Freud nel 1910, Anche Freud ne fu subito molto impressionato e scrisse a Jung che Schreber avrebbe dovuto essere fatto professore di psichiatria. La lettura di queste memorie fece cristallizzare in Freud la teoria della paranoia, e così nacque il suo saggio universalmente noto come il caso Schreber, che sarà una delle occassioni su cui scoppierà il dissenso con Jung. Ben meno conosciute sono invece le memorie , che meritano di essere considerate uno dei libri chiave della nostra epoca”.

Qui di seguito pubblico la riflessione di una psicanalista, Giuliana Proietti:

Daniel Paul Schreber presidente di Corte di Appello di Dresda, pubblicò un libro – nell’anno 1903 – intitolato Denkwürdigkeiten eines Nervenkranken (Memorie di un malato di nervi).

Sigmund Freud giudicò molto interessanti queste memorie di Schreber, per cui come aveva già fatto con Leonardo da Vinci, interpretò il caso clinico del magistrato, anche senza aver mai analizzato Schreber, né averlo mai conosciuto. Da questo lavoro nacque lo scritto: Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia (dementia paranoides) descritto autobiograficamente (Caso clinico del presidente Schreber), 1910.

L’interesse di Freud al caso Schreber non era quello di approfondire la biografia dell’autore del libro, ma di leggere queste memorie in chiave psicoanalitica, per illustrare le sue teorie. In questo senso si è parlato di “patografie” freudiane.

La teoria che Freud illustra nella descrizione del caso clinico del Presidente Schreber era stata da lui elaborata nel 1908 ed era incentrata sul collegamento fra sindrome paranoide e libido omosessuale repressa.

Ma veniamo al caso Schreber. Il soggetto era un magistrato tedesco di capacità eccezionali, anche se una malattia mentale lo aveva costretto a circa dieci anni di internamento in un ospedale psichiatrico. Dopo le dimissioni, aveva pubblicato, nel 1903, le sue memorie, con il racconto dettagliato dei propri deliri ed il testo dei rapporti legali scritti su di lui dagli esperti.

Il libro era sicuramente interessante per la descrizione della malattia mentale, ma mancava di dettagli importanti : non venivano infatti rivelati alcuni dati circa la famiglia del magistrato, la sua infanzia, la storia della sua vita prima del ricovero.

Anche la malattia non veniva descritta nel libro nella sua evoluzione cronologica, giorno dopo giorno, ma rappresentata solo nella sua forma finale, quella che aveva provocato la necessità del ricovero.

Schreber racconta dei suoi dialoghi col sole, gli alberi, gli uccelli, immaginandoli come frammenti di anime di persone decedute ed anche dei suoi dialoghi con Dio, il quale si rivolgeva a lui in un tedesco nobile e gli chiedeva di ristabilire l’Ordine del Mondo.

Ogni essere umano, riteneva Schreber durante il suo periodo di malattia, è attraversato da sottilissimi nervi, posti nel corpo da Dio al momento della nascita. Essi sono destinati a ricongiungersi alla divinità dopo la morte della persona. Questi nervi sono dunque il principio costitutivo dell’intelletto umano e delle sue facoltà spirituali, nonché la sede dell’anima. Le anime sono in comunicazione tra loro: parlano in una lingua simile al tedesco arcaico, mentre Dio subisce la forza attrattiva di alcuni uomini, tanto da rischiare in questi casi di perdere la sua sopravvivenza.

Tra tutti questi deliri Freud si concentrò su due in particolare: Schreber sosteneva di essere coinvolto in un processo di trasformazione da uomo in donna e di aver subito molestie sessuali dal suo medico, il Dr. Flechsig.

Per Freud l’omosessualità rimossa era la causa della malattia paranoide di Schreber. Secondo l’interpretazione psicoanalitica, primo oggetto d’amore del magistrato era stato il padre, poi lo psichiatra, in seguito Dio. Freud spiegò che nell’omosessualità rimossa la frase “io lo amo” poteva essere negata in diversi modi, ciascuno capace di originare un delirio (di persecuzione, di gelosia, di erotomania, di grandezza). La frase negata “io lo amo” veniva sostituita dalla frase “io non lo amo, io lo odio, perché egli mi odia e mi perseguita”: alla base dei deliri di persecuzione vi sarebbe dunque il meccanismo di difesa della “proiezione“.

Questa audace incursione freudiana nel campo degli oscuri processi della follia fu poi molto discussa nella letteratura psichiatrica posteriore.

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