Informazioni che faticano a trovare spazio

A Treviso martedì per ricordare Edoardo Herter, uno dei Mille. E il Trombettiere di Little Big Horn

Martedì 29 maggio a Treviso si ricorda Edoardo Herter, al centro del mio libro “La lunga notte dei Mille”. Herter, di cui ripercorro la storia in questo articolo di seguito che è uscito oggi sul Corriere Veneto, viene ricordato in una manifrestazione che è promossa dal Comune della città per iniziativa dell’Associazione sarda di Treviso e che si tiene alle 17,30 a Palazzo Rimaldi. Partecipa anche David Riondino col suo libro “Il Trombettiere” con i disegni di Milo Manara, storia di Giovanni Martini trombettiere a Little Big Horn con Custer. Qui di seguito la locandina dell’evento e l’articolo su Herter.

In piazza dei Signori, a Treviso, una vecchia lapide elenca i nomi dei venticinque trevisani che parteciparono alla Spedizione dei Mille in Sicilia nel 1860. Tra loro Edoardo Herter. Un giovane medico laureato all’università di Pavia, che poi il primo narratore della spedizione – Giuseppe Cesare Abba nel suo “Da Quarto al Volturno” – ha dato come morto nella battaglia di Calatafimi. Solo che non era affatto così…

Se non altro perché tra le poche notizie biografiche che sono rintracciabili in Italia su Edoardo Herter di lui si dice che dopo la Spedizione emigrò poi in Patagonia. Quando ho iniziato ad occuparmi della sorte subita dai Mille di Garibaldi negli anni successivi al 1860 – inseguendo l’interrogativo su che fine avessero fatto –  il nome di Herter mi è apparso subito degno di una spy story. Dato per morto e invece fuggito dall’altra parte dell’oceano in una terra così lontana e remota. Un rebus inquietante, non il primo e neppure l’ultimo della mia ricerca, e che alla fine mi ha portato a rintracciare i fili di molte vite disperse in mondi anche contraddittori tra loro, tra interventismo e pacifismo, colonialismo e anticolonialismo, partecipazione politica e aventinismo, l’Italia e il mondo intero da Sumatra alla Siberia passando per Sudan e Patagonia. E’ il quadro d’insieme di “La lunga notte dei Mille” pubblicato da Aliberti editore, con cui ho dato conto di oltre duecento garibaldini della spedizione (sui 1089 tra cui un’unica donna) e che ha al centro come punto di riferimento Edoardo Herter emigrato nell’Argentina estrema. Ma è anche un po’ il lavoro che David Riondino ha fatto con “Il trombettiere” (Magazzini Salani) dedicandosi alla diaspora del garibaldino Giovanni Martini a Little Big Horn col generale Custer…

Herter non è l’unico veneto di cui occuparsi, ovviamente. Sono figure importanti Bepin Marchetti, il più piccolo dei Mille, il dodicenne scappato quasi di casa per andare a Quarto portandosi dietro il padre Luigi. Oppure il veneziano Cristiano Lobbia che poi nel primo parlamento unitario ha il coraggio di denunciare lo scandalo della manifattura tabacchi. Tutti  con esistenze poi poco banali, magari minati dalla povertà e dalla tbc come Marchetti, oppure bersaglio di accoltellamenti di vendetta come il Lobbia. Però più in là, sull’altra sponda dell’Atlantico, c’era ancora qualcosa di più intrigante da scoprire, la vita di Herter in mezzo alle sterminate pampas.

Dalle poche notazioni rinvenute nei nostri archivi e biblioteche – compreso “Garibaldi a Treviso – I Garibaldini trevisani” di Teodorico Tessari, un volumetto del 1932  – Herter aveva continuato a partecipare in Italia alle imprese garibaldine fino al 1867. E poi? Dal web ho finalmente appreso che era finito a Tapalqué, un grumo di case nella pampa argentina che ancor oggi non supera i cinquemila abitanti. L’elenco telefonico delle utenze di Tapalqué non è sterminato. Con un po’ di credito su Skype sono riuscito a rintracciare gli eredi della famiglia francese amica di Herter, i Marmissolle. La signora Elvira de Madinabeitia non senza commozione mi ha parlato del “gran corazòn” (il grande cuore), questo il soprannome tramandato per Edoardo Herter, medico dei poveri ma anche chirurgo ingaggiato dall’esercito argentino per la battaglia di San Carlos de Bolìvar contro i mapuche. E del gran funerale che gli fu riservato poi nel 1889. A  Tapalqué una lapide posta nel 1963 per il centenario della nascita del paese gli rende omaggio.

E così è tornata alla luce una figura che come tante altre ha cercato di portare avanti uno slancio generoso e altruista che l’Italia unitaria aveva poi avuto difficoltà a recepire e ad assimilare. La storia di Herter è anche la storia di altri garibaldini che scelsero l’Argentina e l’esilio (almeno altri quattro dei Mille), dei bergamaschi deportati nei lager della  Siberia, dei bresciani Martino Franchi e Carlo Lombardi o dell’emiliano Eugenio Ravà che si arruolarono poi tra i nordisti del generale Ulysses Grant.

Paolo Brogi

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