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Amor che a nullo amato amar perdona…Chi? Craxi? Alemanno? I nemici della legge sull’aborto? No, Amato, no

Amato in inglese si dice “loved”. The Loved One, il caro estinto. Titolo di un grande film inglese ma anche apporopriato per questo signore che zitto zitto non si è fatto mancare granché: non tanto l’amicizia variamente confermata con Bettino Craxi, anche se in fondo era amicizia e gratitudine. Quanto l’essere l’omino che annusa in giro e allora è tra i primi a chiedere la rimozione sostan<iale – si chiama rivisitazione –  della legge sull’aborto, la 194. E poi eccolo a cavalcioni della Commissione per lo sviluppo di Roma Capitale voluta da Alemanno e per fortuna poi fallita.

L’ex ministro Giuliano Amato aveva inizialmente accettato l’incarico, ma poi aveva deciso di rinunciare a seguito di alcune polemiche che hanno investito il sindaco in occasione della ricorrenza dell’8 settembre circa il giudizio da lui dato sul fascismo. Alemanno aveva infatti affermato che il movimento fascista non fu il «male assoluto» a differenza delle Leggi razziali promulgate dal regime fascista in Italia nel 1938, scindendo i due fenomeni.

Ecco comunque Amato e Craxi in un articolo del 2008 sul corriere della sera, dove Borrelli lo qualificava come “farisaico”.

IL CAPO DI MANI PULITE «SCALFARO INTIMIDITO DA NOI? ASSURDO»

Borrelli: Amato farisaico Lui prometteva aiuto a Craxi

MILANO – «Mi stupisco che l’ ex ministro Amato usi l’ aggettivo riprovevole quando di cose riprovevoli prima del ‘ 92 e dopo ne erano e ne sono accadute di ben più gravi»: Francesco Saverio Borrelli, ex capo del pool Mani pulite, giudica «farisaica» l’ intervista di Giuliano Amato al Corriere della Sera ironizzando su «un fenomeno di appannamento della memoria», «una sorta di copertura» a «determinati gesti». Quindi ricorda il carteggio con Craxi nel quale Amato «assicurava un’ attenzione particolare a quello che succedeva intorno a Mani pulite e aggiungeva “sto conquistando preziosi consensi, io sono qua e continuo ad esserti grato e amico”». In un’ intervista audio al sito di Micromega, Borrelli ricorda che quando il 5 marzo ‘ 93 il governo approvò il decreto che depenalizzava l’ illecito finanziamento dei partiti, c’ era un dibattito su tangentopoli nel quale, «anche da parte di magistrati di Milano, era stato detto che il Parlamento avrebbe dovuto dare una soluzione politica». L’ allora aggiunto D’ Ambrosio commentò così quel decreto: «La classe politica ha deciso di assolvere se stessa». L’ allora ministro Giovanni Conso, ricorda Borrelli, «ribattè che non era un colpo di spugna» e aggiunse che a lamentarsi erano gli stessi giudici che avevano chiesto per anni la depenalizzazione dei reati minori. I pm erano convinti che così venivano disarmati perché si partiva da quel reato per «scoprire cosa c’ era dietro» e, il 7 marzo, fecero questa dichiarazione: «Governo e Parlamento sono sovrani, ma ci auguriamo che ciascuno si assuma davanti al popolo le responsabilità politiche e morali delle proprie scelte. Senza farsi scudo del nostro operato o delle nostre opinioni», peraltro diverse. Il cui «senso era di evitare che venisse attribuito a noi un suggerimento», spiega Borrelli, conclude che è «assurdo pensare» che il presidente Scalfaro, che non controfirmò il decreto, «si sia lasciato intimidire dalle parole di un gruppetto di magistrati». * * * L’ accusa: dalla Procura veto riprovevole Giuliano Amato (nella foto), intervistato lunedì dal «Corriere», ha detto: «Il presidente Scalfaro non firmò il decreto Conso dopo il pronunciamento della Procura di Milano. Il veto di un gruppo di magistrati a una disposizione legislativa fu un episodio riprovevole»

Guastella Giuseppe

Pagina 15
(4 giugno 2008) – Corriere della Sera

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