I veleni sotterrati in Sicilia
martedì, 14 Gennaio, 2014Dal blog Cadoinpiedi queste notizie sui rifiuti pericolosi in Sicilia. Ecco:
SICILIA, LA MAPPA DEI VELENI
Rifiuti radioattivi sepolti in vecchie cave. Il presidente della commissione speciale per le miniere dismesse siciliane, Giuseppe Regalbuto, ha presentato un dossier alla procura di Caltanissetta.
Di rifiuti radioattivi in Sicilia si parla fin dal 1992, quando il pentito Leonardo Messina raccontò a Paolo Borsellino che nelle cave di Pasquasia, dove lui lavorava, si celavano rifiuti atomici provenienti dall’Est Europa. Ora, secondo il presidente della commissione speciale per le miniere dismesse siciliane, Giuseppe Regalbuto, quegli stessi scarti tossici stanno uccidendo decine di persone, e per questo ha presentato alla procura di Caltanissetta un dossier in cui è presente una mappa delle aree più a rischio della Sicilia. Così è partita un’indagine per traffico illecito di rifiuti e disastro ambientale. Ecco tutti i siti.
LE SCORIE RADIOATTIVE DELLA MINIERA DI PASQUASIA. Dal 1959 al 27 luglio 1992 la miniera di Pasquasia, in provincia di Enna, ha sfornato sali alcalini misti, in particolare Kainite per la produzione di solfato di potassio. Senza preavviso, ha cessato l’attività estrattiva per ospitare nel suo complesso rifiuti nucleari. Sono molteplici i report che certificano la presenza di scorie radioattive all’interno delle cave. Nel 1997 la procura di Caltanissetta dispose un’ispezione su una galleria profonda 50 metri, costruita all’interno della miniera dall’Enea, e rilevò la presenza di alcune centraline di rilevamento. Non si riuscì mai a chiarire che cosa esattamente dovessero monitorare. Numerose sono state le interrogazioni parlamentari che non hanno avuto mai risposta, nel frattempo la Regione Siciliana, ha avviato la bonifica superficiale della zona, dissequestrando la miniera. L’ex consegnatario della miniera, Pasquale La Rosa, imputato per disastro ambientale per non aver smaltito quegli scarti d’amianto, è stato assolto da ogni accusa. Così, a seguito delle operazioni di bonifica, potrebbero persino riprendere le attività estrattive: la prima ditta a essersi dichiarata interessata è la Italkali, che la possedeva già negli Anni 80, quando tutto ebbe inizio.
LA CAVA DEI VELENI DELLA MINIERA DI SAN GIUSEPPE. Secondo la denuncia presentata da Regalmuto, per anni sono stati depositati rifiuti tossici di derivazione industriale: i campionamenti effettuati hanno accertato la presenza di un’ingente quantità di pirite di ferro, sottoprodotto della lavorazione dell’acido solforico, smaltita negli Anni 70. Quando ancora non era entrata in vigore la legge che disciplina lo smaltimento dei rifiuti speciali, nocivi e pericolosi.
LE SCORIE DELLE CAVE DI MUSSOMELI. La storia delle cave di salgemma di Mussomeli è stata dimenticata da chiunque. Il luogo, come altri in Sicilia, sarebbe stato destinato a ricevere cumuli di scorie radioattive e rifiuti tossici da un lungo quanto silente peregrinare di camion.Molti cittadini di Mussomeli sostengono che i camion che giungevano nella miniera sparivano misteriosamente. Inoltre, attraverso le falde acquifere la miniera starebbe lentamente restituendo ciò che nasconde.
L’AMIANTO NELLA MINIERA DI ZOLFO DI CIAVALOTTA. La provincia di Agrigento, un tempo, era nota per la presenza di un notevole numero di siti minerari. La “Ciavolotta” a pochissimi chilometri da Favara è rimasta attiva fino ai primi Anni 70. L’associazione Legambiente, a seguito delle numerose denunce nel corso degli anni, ha voluto effettuare un sopralluogo: le ricerche hanno portato alla luce diverse discariche di amianto, sfabbricidi, materie plastiche e altri rifiuti non identificabili perché incendiati.
II MOSTRO DI SALE DI BOSCO GRANDE E LAGO SOPRANO. Sono 21 i morti nel 2013, 12 per neoplasie. Secondo le denunce, negli abissi del Lago Soprano si trovano alcuni residui di Cesio 137, isotopo altamente radioattivo. A sei chilometri dal paese nisseno c’è poi il cosiddetto “mostro di sale”. Ex miniera di zolfo sino a quando non si scoprì la kainite, ora si verificherà se nella montagna creatasi con il materiale di scarto della lavorazione della kainite siano presenti radionuclidi naturali riconcentrati, come il Potassio 40. La zona, secondo le denunce contaminata da rifiuti tossici e ospedalieri, è una riserva naturale.
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