Informazioni che faticano a trovare spazio

Mi scrive un medico: “Pierluigi Bersani ce la farà. Non sono più i tempi delle sanguisughe e dei salassi, come quelli con cui nel ’37 si tentò invano di evitare la morte di Antonio Gramsci…”. Il racconto di Tatiana Schucht

Alessandro Smerilli su Facebook mi scrive che Pierluigi Bersani ce la farà e ricorda la differenza con i tempi in cui invece le cure erano diverse, come per l’emorragia di Antonio Gramsci. E questo è il resoconto che Smerilli cita, è una lettera di Tatiana Schucht del maggio del 1937. Scrive Smerilli: “Sono certo che Pier Luigi Bersani ce la farà. Per via degli enormi progressi che la scienza medica ha compiuto negli ultimi decenni grazie al sudore, alle lacrime e al sangue di scienziati, medici e malati. Hanno fatto la differenza con le sanguisughe, i clisteri e i salassi utilizzati nella preistoria della medicina, così descritta all’epoca della emorragia cerebrale che uccise Antonio Gramsci nella lettera che Tatiana Schucht scrisse da Roma il 12 maggio 1937 (Gramsci era morto alle ore 4,10 del 27 aprile) a Piero Sraffa, King’s College-Cambridge. Il giorno 25 di aprile come al solito si era recata a trovare Gramsci nella clinica Quisisana. Dovette in seguito occuparsi delle incombenze assai poco cristiane della cremazione del corpo di Antonio Gramsci.

«….come sempre sono ritornata in clinica nel pomeriggio verso le 5½. Come al solito abbiamo parlato degli avvenimenti del giorno e come mi dovevo preparare a una lezione di litteratura francese….Egli non ha voluto che gli leggessi del Corneille. Poi abbiamo conversato fino all’ora di cena…Ha cenato, come al solito, ha mangiato la minestrina in brodo, un po’ di frutta cotta e un pezzetto di pan di spagna. E’ uscito per andare al gabinetto, e fu riportato sopra con una sedia portato da più persone. Nella ritirata aveva perduto il lato sinistro, completamente, parlava benissimo, ha raccontato a più riprese che essendosi accasciato ma non battuta la testa, si è trascinato fino alla porta e chiamava aiuto….Venne per primo il dott.Marino, non ha permesso fare alcuna iniezione eccittante dicendo che questa non poteva che peggiorare le condizioni, mentre Nino con molto impeto chiedeva l’iniezione, voleva un cordiale, anzi, diceva di fare dose doppia, in una parola Nino era perfettamente in sé, con ogni sorta di particolari raccontò anche al dottore ciò che gli era accaduto. Il prof.Puccinelli era atteso da un momento all’altro…circa verso le 9 egli venne, accompagnato dall’assistente constatò la perfetta immobilità del lato sinistro, braccio e gamba, ordinò il ghiaccio in testa e niente borsa calda ai piedi, un clistere di sale, e Nino disse che non lo voleva ed ha raccontato anche a Puccinelli ciò che si era sentito nel gabinetto. Ha precisato che non ha affatto perduto i sensi ma solo la sensibilità e la mobilità del lato sinistro…Ha ordinato che fosse fatto il sallasso. .. Disgraziatamente sono venuti a fargli il sallasso solo dopo un’ora e più, in questo tempo egli ha vomitato più volte … Il sallasso non ha dato il risultato desiderato e il Dr. Belock fece capire alla suora che le condizioni del malato erano disperate. Venne il prete, altre suore, ho dovuto protestare nel modo più vehemente perché lasciassero tranquillo Antonio, mentre questi hanno voluto proseguire nel rivolgersi a Nino per chiedergli se voleva questo, quest’altro ecc.. Il prete mi disse perfino che non potevo comandare ecc.. La mattina seguente, verso le 10, venne Frugone ( il prof. Cesare Frugoni n.d.r.). Tutta la notte è passata senza che le condizioni si siano minimamente modificate. A la mia domanda rivolta a Frugone per sapere quali erano le vere condizioni del malato egli disse che era gravissimo e che non poteva dirmi nulla, come non può dare alcun parere un architetto allorché una casa è crollata. Ha ordinato però di mettere delle sanguisughe sulle mastoidi e certe iniezioni. Pareva che nel pomeriggio Nino respirasse un po’ meglio. Ma dopo 24 ore dall’attacco gli sono ritornati gli sforzi di vomito e un respiro eccessivamente penoso. L’ho sempre vegliato facendo ciò che sapevo, bagnandogli le labbra, cercando di fargli ripristinare artificialmente il respiro allorché questo pareva volersi fermare; ma poi venne un ultimo respiro rumoroso e sopravvenne il silenzio senza rimedio.»

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