Informazioni che faticano a trovare spazio

Migranti “affondati” nell’Egeo dalla Guardia Costiera greca. Dodici afgani affogati a Farmakonisi. L’accusa dell’Unhcr raccolta da Melting Pot

Grecia – Naufragio Farmakonisi. La Guardia Costiera ha ucciso 12 migranti
Secondo l’Unhcr i testimoni accusano la Guardia Costiera greca di aver affogato alcuni migranti vicino l’isola di Famakonisi
Melting Pot Europa, 24-01-2014
Si ringrazia Atenecalling.org per la segnalazione e la traduzione da x-pressed
Secondo l’annuncio dell’UNHCR: “i testimoni sopravvissuti raccontano che la nave della Guardia Costiera stava trainando una barca piena di migranti a grande velocità verso le coste della Turchia, quando è accaduto il tragico incidente in mezzo al mare agitato. Gli stessi testimoni hanno detto che la gente gridava chiedendo aiuto, visto che nella barca c’erano molti bambini”.
Le organizzazioni internazionali hanno condannato diverse volte la pratica delle autorità greche per obbligare i migranti a tornare in Turchia.
L’UNHCR ha chiesto spiegazioni alle autorità greche sulla “sparizione” misteriosa di decine di migranti per colpa della polizia greca, su casi che hanno causato proteste internazionali contro il governo greco. In altri casi, i residenti delle isole periferiche hanno riferito che i migranti che dovevano essere trasferiti nei centri di accoglienza dei porti non sono mai arrivati.
Il comunicato dell’UNHCR
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) è costernato per il naufragio di un’imbarcazione a largo delle coste greche nelle prime ore di ieri, che è costato la vita ad una donna e a un bambino. Sono ancora 10 le persone scomparse, tra loro bambini e ragazzi.
In base alle informazioni ricevute da alcuni dei 16 sopravvissuti e dalla Guardia Costiera Greca, l’imbarcazione aveva a bordo 26 afghani e 2 siriani ed è stata intercettata nel Mar Egeo del sud poco dopo mezzanotte a seguito di un guasto meccanico, apparentemente diretta dalla Turchia alla Grecia. La barca, con tutte le 28 persone ancora a bordo, si è capovolta mentre veniva scortata da un vessillo della Guardia Costiera. I sopravvissuti, che ora si trovano nell’isola di Leros, hanno riferito all’UNHCR che al momento del naufragio, l’imbarcazione era scortata verso la Turchia.
“L’UNHCR esorta le autorità a indagare su questo incidente e sul motivo per cui queste vite siano state perse su un’imbarcazione che già era a rimorchio”, ha dichiarato Laurens Jolles, Delegato UNHCR per il Sud Europa. “Inoltre i sopravvissuti devono essere rapidamente trasferiti in altre località, così da poter rispondere in maniera più adeguata alle loro necessità.”
Quello di martedì è il primo incidente di questo genere nel 2014, e l’ultimo di una lunga serie di tragedie nel Mediterraneo, che coinvolgono persone in fuga via mare verso l’Europa. Il 3 ottobre 2013, in Italia, più di 360 persone sono morte in un naufragio a largo dell’isola di Lampedusa. A questo sono seguiti diversi altri incidenti mortali nelle settimane successive.
Le traversate irregolari del mar Mediterraneo generalmente coinvolgono flussi migratori misti di migranti e richiedenti asilo, tuttavia, a causa dei conflitti in Siria e nel Corno d’Africa è stato registrato un aumento delle morti di persone in fuga da guerre e dalle persecuzioni.
Nel 2013, circa 40.000 persone sono arrivate irregolarmente in Italia, Malta e Grecia via mare. Nel 2011, durante la crisi in Libia, gli arrivi erano stati più di 60.000. Le traversate irregolari del Mediterraneo si verificano in genere tra marzo e ottobre, nei mesi primaverili ed estivi, ma quest’anno stanno proseguendo anche durante l’inverno, nonostante condizioni meteorologiche estreme. Finora, solo in Italia, sono arrivate via mare oltre 1.700 persone.
L’UNHCR ha esortato l’Unione Europea e ad altri governi a collaborare per ridurre il numero di morti di persone che intraprendenono queste pericolose traversate nel Mediterraneo e nelle altre principali frontiere marine del mondo, continuando a rafforzare le operazioni di ricerca e soccorso ma anche attraverso la creazione di canali di migrazione legale alternativi a questi pericolosi movimenti irregolari.


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