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Las “Locas”…Breve storia delle Abuelas de la Plaza de Mayo e di Estela Carlotto

Las locas. Le pazze. Così i militari chiamavano queste poche donne col pañuelo in testa che sul finire degli anni ’70, in piena dittatura militare argentina, cominciarono a girare in tondo sulla grande Plaza de Mayo a Buenos Aires. Era il 30 aprile del 1977.

Chiedevano dei loro figli “desaparecidos”, in un mondo così distratto da partecipare – sarebbe successo di lì a poco, nel 1978 – ai “mondiali” di calcio in Argentina come se nulla fosse. Che vergogna. Anche per l’Italia di allora.

Estela Carlotto era una di quelle donne, oggi è Presidente dell’associazione. Chiedeva di sua figlia Laura, scoprì poco dopo che era  mano dei militari. Uccisa barbaramente, il volto sfigurato, una pallottola in pancia. E il figlio di Chiquito, il compagno di Laura anche lui assassinato, il piccolo che Laura teneva in grembo?

La proposta di ritrovarsi a Plaza de Mayo era stata fatta da Azucena Villaflor, in seguito desaparecida e assassinata. Il 30 aprile 1977 queste poche donne cominciarono a marciare ogni giovedì intorno alla Piramide de Mayo, nella piazza con lo stesso nome, situata di fronte al palazzo del Governatore. Inizialmente si riconoscevano tra loro per un piccolo chiodo; in seguito le donne decisero di coprirsi la testa con un fazzoletto di tessuto bianco, il pañuelo. Gli uomini, i mariti, sostavano ai lati della piazza. Non partecipavano alle sfilate, sarebbero stati presi subito dai militari. Così toccava alle “locas”.

Il gruppo ricevette rapidamente il nome di Madri di Plaza de Mayo e per la loro sola presenza cominciò a esercitarsi una pressione nazionale e internazionale sul destino delle persone scomparse in Argentina. Il loro motto: identidad, famiglia, libertad. Il gruppo si formò ufficialmente il 22 ottobre 1977. Tra le prime abuelas ricordiamo Mirta Acuña de Baravalle, Beatriz H. C. Aicardi de Neuhaus, María Eugenia Casinelli de García Irureta Goyena, Eva Márquez de Castillo Barrios, María Isabel Chorobik de Mariani, Celia Giovanola de Califano, Clara Jurado, Leontina Puebla de Pérez, Raquel Radio de Marizcurrena, Vilma Delinda Sesarego de Gutiérrez, Haydee Vallino de Lemos, Alicia Zubasnabar de De la Cuadra.

Cominciarono  a riunirsi in chiese e caffetterie tradizionali di Buenos Aires, come la “Richmond, la “London”, “Las Violetas” o il “Tortoni” fingendo di essere donne anziane che prendevano il caffè o che festeggiavano il compleanno di qualcuna. Mantennero anche alcuni incontri alla fermata “El Palenque” del Parco Pereyra Iraola, sulla strada da Buenos Aires verso La Plata, simulando pic-nic, in un luogo di svago popolare di massa. Nell’aprile del 1978, le Nonne presero l’abitudine di radunarsi nella località di San Miguel, nel cono urbano di Buenos Aires. Nell’agosto del 1978, inoltre, le Nonne uscirono per la prima volta dall’Argentina, approfittando del viaggio in Italia per motivi familiari di Chicha Mariani. Poiché Mariani aveva a Roma un piccolo appartamento vuoto, anche le Madri di Plaza de Mayo, ne approffittaronno, per dirigersi a Roma, rimanendo tutte insieme. Lì ebbero un colloquio con il deputato socialista Sandro Pertini che poi come Presidente le aiutò pubblicamente.

Ma fin dall’inizio queste coraggiose donne avevano avviato anche la battaglia per i loro piccoli nipoti, i “nietos” nati nei carceri militari e poi strappati alle loro madri che via via venivano assassinate.

Il 15 maggio del 1977, Maria Eugenia Casinelli (consuocera del poeta uruguayano Juan Gelman) e altre undici nonne avevano già firmato una richiesta collettiva di habeas corpus sotto forma di lettera, diretta al tribunale di Morón, in cui facevano conoscere l’esistenza dei neonati desaparecidos e sollecitavano la sospensione di tutte le adozioni. Iniziava così la battaglia per il riconoscimento dei bambini rubati dai militari che non contrenti di aver ucciso le loro madri avevano cominciato a dare in adozione questi piccoli, molto spesso a famiglie vicino ai militari. Un modo atroce per negare l’identità dei “desaparecidos” due volte, una uccidendoli, la seconda negando il diritto alla verità per i loro figli. Si calcola che siano oltre 500 questi giovani oggi sui 35 anni, 114 sono quelli che attraverso il dna hanno scoperto di chi sono veramente figli.

Il  19 marzo 1980, quando ancora vigeva la dittatura, le Nonne localizzarono le prime due nipoti a essere recuperate direttamente da loro, Tatiana Ruarte Britos e sua sorella Laura Jotar Britos, che erano state abbandonate in una piazza di Gran Buenos Aires in seguito al sequestro- scomparsa della madre e finirono con l’essere adottate legittimamente dalla coppia Sfiligoy, i quali giocarono un ruolo importante nel recupero dell’identità delle bambine, un atteggiamento non abituale nella maggioranza dei casi. Da allora questa ricerca non si è più interrotta, oggi i nietos ritrovati sono 114, alcuni di loro siedono nel Parlamento argentino.

Per questi “nietos” in Argentina è stato formato un organismo legato al ministero della giustizia, il Conadi, che si occupa delle pratiche di riconoscimento. Lo dirige Claudia Carlotto, l’altra figlia di Estela e sorella di Laura.

Nel 2008 le Abuelas ed Estela Carlotto sono state candidate al Nobel per la pace.

Estela Carlotto ha chiesto a Papa Francesco un aiuto per ritrovare i “nietos”. E Bergoglio ha di recente ricevuto una delegazione di familiari di “desaparecidos” di vari paesi latinoamericani.

Estela Carlotto all’età di 83 anni ha finalmente ritrovato il suo nipote Guido. E nella sede di Virrey Cevallos è stata festa.

Abuelas de Plaza de Mayo
Virrey Cevallos 592 PB
Ciudad Autonoma de Buenos Aires
Tel: (011) 4384-0983
abuelas@abuelas.org.ar

(nella foto dei primi anni ’80 Estela Carlotto con Perez Esquivel, premio Nobel per la pace)

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