Sicilia, dopo Di Matteo minacciato ora il Pm Francesco Del Bene: capimafia lo vogliono morto. Tra i suoi impegni anche il processo in corso per l’omicidio Rostagno
giovedì, 11 Aprile, 2013Minacciato il Pm Francesco Del Bene della Dda di Palermo (nella foto durante una conferenza stampa). Intercettati capimafia che lo vogliono morto. Le voci sono di Palermo. Ed affiorano nel momento in cui non solo a Palermo ma anche nella contigua Trapani – quartier generale del capo di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro – le indagini toccano gangli importanti come i recenti sequestri di beni legati alla famiglia Morici, un’inchiesta che nelle sue intercettazioni fa affiorare più volte asche il nome del potente Antonio D’Alì, di nuovo senatore Pdl, già sottosegretario all’Interno ma soprattutto “padrone” dei terreni su cui ha vissuto e operato da campiere il vecchio boss Francesco Messina Denaro, quel don Ciccio padre di Matteo.
Del Bene è sotto il tiro perché come ricorda Palazzolo di repubblica qui di seguito, con la notizia appena pubblicata online, ha gestito importanti inchieste a Palermo come l’ultima tra Partinico e San Giuseppe Jato che ha prodotto 37 arresti. Del Bene ha portato in carcere i Lo Piccolo e Raccuglia, si occupa anche lui della trattativa Stato-Mafia con Di Matteo oggetto pochi giorni fa di un’altra concreta minaccia. Del Bene non agisce solo su Palermo, a Trapani segue alternandosi col Pm Paci il processo per l’omicidio di Mauro Rostagno.
Dietro la voce dei due capomafia intercettati c’è allora qualcosa di più, che non solo la reazione rabbiosa a una singola inchiesta.
E a questo punto non piace affatto lo spirito di ritorsione che si legge oggettivamente dietro le decisioni del Csm nei confronti di Antonio Ingroia, esiliato in Val d’Aosta. Ingroia avrà pur fatto un buco nell’acqua con la sua iniziativa politica ma francamente l’opposizione messa contro la sua richiesta avanzata di poter affiancare Rosario Crocetta nella riscossione dei tributi suona – un questo contesto – piuttosto male. In un’isola in cui i tributi hanno avuto come raccoglitori i fratelli Salvo andreottiani di ferro perché mai impedire al magistrato Antonio Ingroia di fare qualcosa di utile per il paese?
Ma intanto è allarme per Del Bene oltre che per Di Matteo.
Ecco qui di seguito la notizia di Palazzolo-repubblica:
“Quel magistrato antimafia deve morire”
Minacce dal carcere al pm Del Bene
Intercettati due dialoghi di boss in carcere, sono capimafia della Noce e dello Zen. Allerta al palazzo di giustizia. Rafforzata la vigilanza attorno al magistrato che lunedì ha firmato l’ultimo blitz della Dda
di SALVO PALAZZOLO
Al palazzo di giustizia di Palermo l’allerta è al massimo livello, come non accadeva da anni. A preoccupare non è solo l’ultima lettera anonima che nei giorni scorsi ha annunciato un attentato contro il pm Nino Di Matteo. Ci sono anche due intercettazioni in carcere, effettuate dalla squadra mobile, a rendere incadescente il clima attorno ai magistrati del pool antimafia: sono dialoghi fra i boss e i loro familiari, che svelano senza mezzi termini la collera di Cosa nostra contro uno dei protagonisti dell’ultima stagione di arresti. E’ il sostituto procuratore Francesco Del Bene.
A febbraio, un capomafia della Noce, intercettato, si è sfogato con un familiare: “Quel Del Bene è troppo zelante, deve buttare il sangue, deve morire”. Un mese dopo, anche un boss dello Zen ha affidato un altro messaggio inquietante a un parente: “Quel pm è sempre presente in aula, sta rompendo…”. Così, attraverso familiari e parenti, gli sfoghi degli ultimi padrini finiti in cella sono arrivati fuori. Ecco perché al palazzo di giustizia c’è preoccupazione. Le due intercettazioni sono state oggetto di una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza presieduta dal prefetto. E la sorveglianza attorno a Francesco Del Bene, affidata ai carabinieri, è stata intensificata.
Del Bene, 44 anni, napoletano, è uno degli “anziani” della Dda di Palermo. Nel 2007, con i colleghi Nico Gozzo e Gaetano Paci, coordinò l’indagine che portò alla cattura dei superlatitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo. Due anni dopo, c’era ancora Del Bene dietro l’arresto di un altro pezzo da novanta di Cosa nostra, Mimmo Raccuglia. In questi ultimi anni, Francesco Del Bene ha firmato centinaia di richieste di arresto nei confronti di capimafia. L’ultima sua indagine, con i carabinieri e i colleghi Sergio Demontis e Daniele Paci, ha portato ai 37 arresti di lunedì scorso fra San Giuseppe Jato e Partinico. Infine, da mesi, il magistrato segue anche le indagini sulla trattativa mafia-Stato, accanto a Nino Di Matteo, Lia Sava e Roberto Tartaglia.
Le minacce più pesanti restano quelle pronunciate dal boss della Noce: in centro città, il blitz della polizia era scattato a ottobre. Poi, a marzo, Del Bene e il suo procuratore aggiunto, Vittorio Teresi, hanno chiesto al gip altri arresti nel mandamento. Ecco allora spiegato il motivo di tanto odio nei confronti della magistratura. È un momento davvero particolare per la lotta alla mafia. Gli arresti sembrano aver fiaccato Cosa nostra, ma intanto i boss sono tornati a sparare: l’omicidio di Francesco Nangano a Brancaccio viene letto dagli inquirenti come “un segnale preoccupante”.
A Nino Di Matteo e a Francesco Del Bene arriva la solidarietà di tutti i magistrati della Procura di Palermo, che hanno sottoscritto un documento. Anche Addiopizzo si mobilita: “E’ fondamentale mantenere alta l’attenzione sull’ennesima minaccia, dopo quella di qualche giorno fa al dottor Nino Di Matteo, da non sottovalutare soprattutto perché avanzata nei confronti di magistrati impegnati in delicate indagini contro la mafia”. Il senatore Giuseppe Lumia, ex presidente della commissione parlamentare antimafia, dice: “Da tempo Cosa nostra ha deciso di alzare il tiro per colpire chi è in prima linea nella lotta alla mafia. Ecco perché è importante che la magistratura e le forze dell’ordine non siano lasciate sole”.
(11 aprile 2013)
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