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La deportazione dei carabinieri e il loro ruolo dopo l’8 settembre

Si deve alla ricerca di Anna Maria Casavola la rimessa a fuoco del ruolo dei carabinieri tra Resistenza e deportazioni, con epicentro il 7 ottobre del 1943 quando i tedeschi deportarono da Roma tra i 2000 e i 2500 allievi carabinieri e li spedirono in Germania. La deportazione del 7 ottobre precede quella degli ebrei del 16 ottobre e sempre più si è radicata la convinzione che servì a togliere di mezzo, alla vigilia della razzia ebraica, una scomoda presenza perché ritenuta ostile alla Rsi e al nazifascismo.

Una verità che a lungo è stata tenuta sottotraccia e che nel 2008 è stata riesumata dalla ricerca della Casavola “7 ottobre 1943. La deportazione dei carabinieri romani nei Lager nazisti”. Di quel lavoro ora viene pubblicata una nuova edizione ampliata e corretta “Carabinieri tra Resistenza e deportazioni. 7 ottobre 1943-4 agosto 1944” (Studium edizioni)

Antonio Parisella presentandolo si chiede come questa storia antifascista dei carabinieri sia stata poi rimossa a vantaggio di una frattura intervenuta negli anni ’60 quando le cariche a Porta san Paolo ai danni degli antifascisti che manifestavano contro il governo Tambroni avrebbero  contribuito a creare una profonda frattura tra il mondo della Resistenza e l’Arma. Uno strappo confermato in seguito dalle note vicende di De Lorenzo e che per essere superato avrebbe dovuto attendere oltre un quindicennio.

Sta di fatto che le vicende antifasciste vissute dall’Arma a cavallo dell’8 settembre del 1943 sarebbero state destinate ad essere poco indagate, nonostante contributi come quello del generale Arnaldo Ferrara, fino al lavoro di scavo effettuato da Anna Maria Casavola, che anche in questa nuova edizione ripercorre le pagine della deportazione dei carabinieri , occasione per mettere meglio a fuoco il rapporto tra l’Arma e la Rsi di Mussolini.

Anni fa cercando notizie su un episodio dell’8 settembre del 1943 a cavallo tra Garbatella e Porta San Paolo – il salvataggio avventuroso attraverso anche cunicoli sotterranei di soldati “ricoverati” dai giovani garbatellari in un lotto del quartiere nella parte dedicata ai lavatoi pubblici – ho interrogato l’Archivio dell’Arma dei carabinieri e mi sono imbattuto in un panorama per me inedito relativo al comportamento delle varie caserme dei carabinieri a Roma nei confronti della Rsi e dei tedeschi, un quadro di diffusa resistenza armata. Nel 2013 ho fato notizia di questo inedito panomana sui carabinieri a Roma dopo l’8 settembre con un articolo pubblicato sul giornale dell’Anppia “L’antifascista”.

La scoperta che riporto qui di seguito e che segnalo a mia volta ad Anna Maria Casovola è stata quella di un diffuso comportamento antifascista dei carabinieri, da parte di singoli e molto spesso collettivo, manifestatosi con numerosi scontri militari e un bilancio di qualche morto.

Ecco per i carabinieri a Roma dopo l’8 settembre:

 “Salvo D’Acquisto  si è immolato il 23 settembre 1943 a Torre di Palidoro per impedire una strage di civili da parte tedesca. E’ noto. Meno noto è il contesto in cui operava il vicebrigadiere D’Acquisto, cioè la stazione dei carabinieri di Torrimpietra, che è un esempio del contributo dato dai carabinieri alla “battaglia di Roma” e alla resistenza contro i nazifascisti.

Il 9 settembre del 1943, pochi giorni prima del sacrificio di D’Acquisto, la stazione di Torrimpietra infatti aveva dato il meglio di sé a Ponte Statua con un posto di blocco che aveva originato un forte scontro armato con una colonna tedesca che stava dirigendosi verso il nord.

Il posto di blocco che innesca lo scontro è inizialmente composto dal vicebrigadiere Russo e dai carabinieri Mario Conti, Pietro Spricico, Luigi Pettinari e Pietro De Luca. Li ha messi lì, a controllo della strada, il comandante della stazione maresciallo Monteforte, in aiuto ai soldati del battaglione Costero.

Immaginiamoceli questi cinque carabinieri che insieme ai soldati aprono il fuoco contro un convoglio tedesco composto da trenta automezzi. Ai primi colpi accorrono in loro sostegno gli altri carabinieri della stazione, probabilmente con loro c’era anche Salvo D’Acquisto.

Lo scontro è molto forte, cinque tedeschi rimangono sul terreno, altri 35 vengono catturati e fatti prigionieri, tra loro anche il comandante della colonna, un colonnello. L’azione comporta anche il sequestro di materiale bellico, mitra, mitragliatrici, bombe.

E’ un episodio poco noto della resistenza a Roma nei giorni dell’armistizio. Insieme alla battaglia della Magliana, molto più conosciuta, e soprattutto insieme a una molteplicità di episodi in apparenza minori  che vede impegnati altri carabinieri contro i tedeschi rappresenta la punta di un iceberg che riemerge dalle carte che siamo andato a consultare all’archivio storico dei carabinieri in viale Giulio Cesare a Roma.

Nei faldoni 1437, numeri 30, 31 e 32, è conservata una preziosa documentazione delle informative date dalle stazioni dei carabinieri a Roma su cosa è successo dopo l’8 settembre e durante i mesi dell’occupazione nazista della città.

Le veline, redatte a macchina da scrivere spesso con uso del colore rosso oltre a quello nero per le firme ma anche per particolari segnalazioni, sono state redatte dai comandanti di stazione in risposta a una richiesta venuta dal comando generale.

Lette nell’insieme mostrano una partecipazione diffusa, di oltre la metà delle stazioni, alla resistenza di fatto ai tedeschi, un comportamento quasi di getto che poi in seguito porterà uomini e mezzi alle formazioni della resistenza a partire dalla celebre Banda Caruso (dal nome del generale) in cui sarebbero confluiti oltre 500 carabinieri.

Questo quadro spiega così anche le ragioni della deportazione in Germania di oltre duemila carabinieri scattata il 7 ottobre: l’inaffidabilità per i tedeschi dei carabinieri era stata motivata da qualcosa di più di un semplice sospetto. I numerosi caduti nelle giornate dell’8 settembre stavano lì a dimostrarlo, così come i successivi deportati e internati in Germania.

I caduti tra i carabinieri ci sono fin dalle prime ore della battaglia di Roma, come si scopre dalla relazione della stazione Garbatella che già alle 10 del 10 settembre aveva registrato la morte per mitragliamento del carabiniere Giuseppe Crocco. Ucciso anche Venerando Leonardi. I due vengono seppelliti sul posto.  Nel pomeriggio di quel giorno altri tre carabinieri, Tommaso Troilo, Giuseppe Caringi  e Vincenzo Barone, vengono fucilati dai tedeschi al Porto Fluviale. Il maresciallo Calogero Arnone guida i suoi cento uomini nella battaglia di Porta San Paolo, il 7 ottobre confluiscono nella Banda Caruso.

Lo stesso fanno i 70 carabinieri di Montesacro.

Quel 10 settembre, dall’altra parte della città, a Forte Antenne venti carabinieri guidati dal maresciallo Romolo Cola impediscono a 80 tedeschi di occupare la caserma: la stessa situazione si ripresenta poco dopo, il 7 ottobre, e costringe i carabinieri a rifugiarsi nelle grotte di Monte Antenne dove restano a lungo.

Più tardi alcuni di loro, una dozzina, impiegati come tagliaboschi nell’impresa che si occupava del verde di Villa Savoia sarebbero stati arrestati e poi trasferiti ad Anzio da dove – spiega la  relazione della stazione Ponte Salario – sarebbero poi fuggiti.

Torniamo alle giornate di settembre. A Ponte Milvio vengono arrestati il brigadiere Mario Spaducci, il vicebrigadiere Antonino Talamo e altri cinque carabinieri (la relazione fa i nomi solo di Curella e Maccaferri). Il carabiniere Ettore Bovesecco viene condannato a morte.

La stazione di Porta Cavalleggeri registra la deportazione del maresciallo capo Sante Natali, mentre il maresciallo Giuseppe Ventrella col tenente Mario Filippi e altri 65 carabinieri confluisce nella banda del generale Caruso.

Stazione di Trastevere: il 9 settembre viene ucciso in battaglia Amerino Gizzi, ferito Querico Conti, successivamente sono deportati il maresciallo capo Antonio Calandra e altri cinque catturati nello spolettificio.

Stazione di  Torre Gaia: il 9 settembre il maresciallo Veri Dino  disarma con i suoi uomini cento tedeschi. Lo stesso giorno il tenente Rodriguez Pereira si dà alla macchia con altri carabinieri e finisce  nelle grotte di Prato Verde. Sarà arrestato poi il 4 gennaio e verrà poi ucciso alle Fosse Ardeatine. Con lui vengono arrestati e torturati il vicebrigadiere Terrazza e il carabinieri Federico Mattuzzi che con Rodriguez erano confluiti nella Banda Caruso.

Il 1 novembre era stati arrestati il vicebrigadiere Deiro Peroglio, i carabinieri Pietro Rossini e Giuseppe Papini.

A Cinecittà tutta la stazione (38 carabinieri) col maresciallo Vito Di Levo in testa entra nella Banda Caruso.

A Centocelle il 18 marzo del ’44  muore per le ferite subite in uno scontro Amedeo Casadei.

Nella Compagnia Esterna il 7 ottobre viene deportato Fernando Fidotto.

Nella stazione di San Giovanni il 9 settembre viene ferito negli scontri il carabiniere Edoardo Polidori. Il maresciallo Di Jorio passa alla Banda Caruso e redige poi un resoconto molto ampio sulle azioni della formazione che – spiega Di Jorio – riunisce 572 uomini divisi in 12 squadre. Florido Tori va con i partigiani. Sono della stazione i fucilati Augusto Ronzini (24 febbraio del ’44), Francesco Lipartiti (7 marzo) e il brigadiere Carlo Macchia. Quattordici carabinieri di San Giovanni risultano arrestati dai tedeschi.

Stazione di piazza Venezia: viene deportato il maresciallo Agostino Spinato.

Stazione di via Milano: viene deportato Saverio Bentivegna.

Al Palatino sono venti i carabinieri deportati.

A Tor Sapienza il maresciallo Estevane Carosi tra l’8 e l’11 ottobre porta a termine il sabotaggio di 40 carri armati tedeschi e porta via sette mitragliatori e mille caricatori.

Abbiamo iniziato questo quadro da Torrimpietra, un secondo ampio scontro si registra alla Magliana dove l’8 settembre sono duecento i carabinieri che per due giorni contrastano i movimenti tedeschi, alla fine della battaglia sono quindici i prigionieri fatti. Negli scontri muore il capitano Orlando De Tommaso. Il maresciallo Mario Cacopardo si metterà in luce per tutto il periodo successivo per l’aiuto costante fornito alla popolazione.

Appartengono alla stazione della Magliana il vicebrigadiere Antonio Pozzi e il carabiniere Raffaele Pinto, arrestati poi dalla banda fascista Pollastrini il 23 ottobre, portati a Palazzo Braschi, torturati e infine fucilati il 31 dicembre a Bravetta.

Questo quadro d’insieme si ricava alle carte conservate nell’Archivio storico dei carabinieri. L’Arma non era dunque a caso ritenuta inaffidabile e pericolosa dai nazifascisti, i numerosi episodi riferiti dimostrano una diffusa partecipazione alla resistenza.

La deportazione in massa il 7 ottobre di carabinieri e l’occupazione successiva delle stazioni da parte dei militari fascisti della Pai si spiegano dunque in questo contesto rimasto finora poco noto, un quadro che solo in anni recenti è tornato ad essere ricostruito dalla ricerca di Anna Maria  Casavola, “Sette ottobre 1943” dedicato alla deportazione di oltre duemila carabinieri pochi giorni prima della deportazione degli ebrei dal Ghetto di Roma. Con queste note cerchiamo ora di arricchire ulteriormente il quadro della partecipazione dei carabinieri alla battaglia di Roma nel ‘43”.

Paolo Brogi

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